Quando vedo i numeri dei lettori della vicenda dei nostri Marò mi avvilisco sempre un po'. Non sono tanti quelli interessati. Non è che la gente li creda colpevoli. A suo tempo un sondaggio, in merito a questo, indicò che solo il 10% dei nostri connazionali erano persuasi che i due fucilieri di marina fossero due assassini. Per la maggioranza sono innocenti, per un'altra parte possono aver colpito i due indiani per errore sparando per intimidire. No, il problema è che proprio non è una vicenda che scalda i cuori. Stavano sulla Lexie per difendere una nave italiana ? erano in missione antipirateria come da accordi internazionali ? Affari loro, hanno beccato il cigno nero e se lo tengono.
E quindi pazienza se dopo quasi tre anni (scatteranno a febbraio prossimo) ancora in India non hanno finito l'inchiesta (???!!!), se devono ancora decidere sui capi di imputazione, se quella degli indiani è quasi sicuramente una prepotenza sul piano del diritto internazionale.
Per quei non molti che seguono il caso, la vicenda è mortificante dal punto di vista della nostra autorevolezza, ma anche competenza, in campo estero. La cosa non è esattamente una novità, però ogni volta che succede uno un po' male ci resta.
Il Corriere dedica due commenti al nuovo "fattaccio", il rigetto da parte della Corte Indiana (nonostante che la Procura avesse dato il proprio parere favorevole ! ) dell'istanza di protrarre la permanenza di Latorre in Italia per motivi di salute e, al contempo, un permesso di 3 mesi per Girone di tornare per stare un po' di tempo con la sua famiglia, comprese le festività di Natale. Nel primo caso viene giustamente messo in risalto non solo l'irritazione del Quirinale, ma anche la SORPRESA dei due ministri di Esteri e Difesa : Gentiloni e Pinotti. Troppo ottimisti e faciloni ? Oppure avevano avuto rassicurazioni su un esito positivo ? In questo caso, da chi ?
Come giustamente rileva Danilo Taino nel commento che segue, da quando è arrivato Renzino si è cambiata rotta, e gli esiti attuali non mostrano che la nuova sia produttiva di effetti positivi.
Precedentemente, dopo una serie imbarazzante di errori, passi falsi, esitazioni, si era arrivati finalmente alla determinazione di richiedere un arbitrato internazionale, non riconoscendo la giurisdizione indiana, e si confidava che questa strategia giuridica, accompagnata da un silenzioso lavoro di diplomazia che rendesse digeribile la soluzione agli indiani, potesse essere la strada giusta.
Renzi invece sembra aver pensato di giocarsela tutta "in politica", dimenticando forse che ottenere la segreta disponibilità del nuovo governo (come si potrebbe evincere dal parere favorevole della procura alle istanze italiane) non significava avere in tasca i giudici.
Un vizio temo antropologico...
Certo, ora il casino, che era già grande, è peggiorato, e non si può non concordare con Taino quando rileva come, in un panorama di precedenti pur non brillanti in materia di politica estera, questa storia dei Marò ha raggiunto livelli di imperizia inusitati.
Imperizia nel caso marò:
ora è crisi con l’india
La strategia del governo sui due marò giace in macerie. E la vicenda si avvia ad assumere aspetti drammatici nelle prossime ore e giorni, in uno scontro molto probabile tra Italia e India. Ieri sera, il ministro della Difesa Roberta Pinotti ha alzato i toni come mai in precedenza. Pinotti ha fatto sapere che Massimiliano Latorre, in Italia per convalescenza, non rientrerà a New Delhi anche se in mattinata la Corte suprema indiana gli aveva negato una proroga della licenza. E anche se in India rimane il suo commilitone, Salvatore Girone, in stato di pseudo-libertà. Si tratta di un salto di qualità nel contenzioso tra Roma e Delhi: è la reazione al rifiuto inaspettato dei giudici indiani alla mossa del governo italiano, il quale, oltre alla proroga per Latorre, aveva chiesto che anche Girone rientrasse per tre mesi. Un rifiuto che ieri ha palesemente scioccato l’esecutivo, convinto fino a quel momento che la vicenda stesse per prendere una strada di soluzione positiva, sulla base di rassicurazioni che, evidentemente, erano arrivavano dall’India.
Pochi mesi dopo che la presidenza del Consiglio ha avocato a sé la gestione della vicenda, togliendola di fatto ai ministeri degli Esteri e della Difesa, si torna insomma alla casella di partenza; passando per la prigione. Dopo continui richiami alla «diplomazia del silenzio», cioè alla necessità di negoziare con l’India in via riservata, Matteo Renzi dice ora che l’esecutivo è disposto a riferire (oggi) al Parlamento. Il dato di fatto è che l’idea di affidarsi alle rassicurazioni in arrivo da New Delhi, e solo a esse, era fallita in passato, era stata rinnegata con la decisione di ricorrere a un arbitrato internazionale ma è stata rivalutata negli ultimi mesi; ed è di nuovo fallita. A questo punto, il «caso marò» ha tutte le caratteristiche per diventare un braccio di ferro tra i due governi.
È un guaio serio per Girone e Latorre; un fallimento per il governo Renzi che ha preso in mano la situazione ed è sembrato credere nella magia di scorciatoie e improvvisazioni; un colpo per le politica estera italiana che ne esce umiliata e ora si trova in una prima linea difficile da gestire. È evidente che in questo precipitare degli eventi l’India ha grandi responsabilità: quasi tre anni di rinvii, di mosse politiche e di poca giustizia. E di questo dovrà rispondere a livello internazionale. Ma ci sono alcune domande alle quali Roma deve rispondere.
Per quale ragione è stata messa da parte la strada dell’arbitrato internazionale? Perché ci si è illusi ancora una volta che tutto fosse risolvibile con un accordo con Delhi di tipo politico, se non con qualche commercio? Si è dimenticato che in India oggi la vicenda è del tutto giudiziaria e che il Paese è uno Stato di diritto, pieno di contraddizioni ma nel quale il governo, anche quello forte di Narendra Modi se lo volesse, non può spudoratamente dettare soluzioni al potere giudiziario. Non solo. Come mai si è creduto che la Corte suprema potesse accettare di allungare la licenza di convalescenza in Italia di Latorre e allo stesso tempo concederne una di tre mesi a Girone, concomitanza che agli occhi degli indiani avrebbe significato rinunciare a giudicarli? Erano state date garanzie? Erano speranze? Supposizioni con le quali si esauriva la «strategia» italiana? Il fatto è che ora è tutto più difficile. Si tratta di vedere come sarà condotto il caso nei prossimi giorni, dalle due parti. A metà gennaio, Latorre dovrebbe rientrare a Delhi: il governo indiano darà credito sufficiente al possibile intervento al cuore che il marò potrebbe dovere subire oppure sceglierà di respingere l’emergenza di salute e ritenere l’orientamento italiano una provocazione?
Soprattutto: l’Italia è pronta a sostenere uno scontro con l’India? A questo punto, la questione marò è diventata, a tutto tondo, una questione nazionale. Non sempre l’Italia ha brillato sulla scena del mondo; ma raramente con tanta imperizia .
Danilo Taino
Secondo me, l'Italia come Nazione non esiste più (ammesso sia mai esistita). E mi dispiace.
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