lunedì 2 febbraio 2015

OPPORTUNO CHE UN GIUDICE COSTITUZIONALE SALGA AL COLLE ? FORSE NO

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Approfitto dell' opinione di Michele Ainis, un costituzionalista e da tempo ospite come commentatore sulle pagine del Corriere, sull'elezione di Mattarella quale nuovo Capo dello Stato, per proporre un'obiezione che il professore di Diritto Pubblico all'Università di Roma non fa, ancorché evidenzi il caso eccezionale ed inedito che si è realizzato, e che invece trovo pertinente.
E' il mio collega e amico Mauro Anetrini a proporla osservando come ci sia una incompatibilità di fondo ( attenzione, non giuridica ma di opportunità politica istituzionale)  tra l'aver rivestito l'incarico di giudice costituzionale e poi essere eletto Presidente della Repubblica.
Propongo i passi salienti del suo intervento :

" La Corte, così come è stata disegnata dai padri costituenti, rappresenta il punto di raccordo tra i poteri della Repubblica e l’organo di controllo a presidio della legalità costituzionale. 
...
I Giudici della Corte, a differenza di chiunque altro, non sono rieleggibili.
Ci siamo mai chiesti perché? Perché la funzione che svolgono è così delicata da dovere essere e non solo apparire svincolata anche dal minimo sospetto di strumentalizzazione politica.
D’altra parte, alla Corte è assegnato il compito di giudicare il Presidente della Repubblica, nel caso si renda responsabile di alto tradimento o di attentato alla Costituzione. Quella Costituzione che la Corte protegge quando dirime i conflitti di attribuzione o giudica la legittimità delle norme.

Bene. Può un Giudice costituzionale essere eletto Presidente della Repubblica? Certo che sì: gode diritti di chiunque altro.
 E’ opportuno che si elegga Presidente un Giudice costituzionale? Io dico di no. No, perché, prima di tutto, si rende impossibile il giudizio a suo carico (solo la Corte può giudicarlo; non esiste un sistema analogo a quello previsto per i reati dei magistrati). No, perché – questioni tecniche a parte – la Corte viene trascinata in un terreno che non è quello voluto dai padri costituenti. La sua immagine ne potrebbe risentire.  Da noi, le cose vanno così. Io non critico Renzi: non sa nulla, il ragazzo, e quindi possiamo perdonargli tutto. E, d’altra parte, mica è stato lui a cominciare con questo andazzo (ricordate Berlusconi e un ex Presidente della Corte?), ma il vero padre politico.
Io ce l’ho (id est:sono incavolato) con la Costituzione, che è fallita e deve essere cambiata, vista la sua inadeguatezza ai tempi nuovi.
Quando batterete le mani al nuovo Presidente, ricordatevi che è stato eletto con uno dei più insidiosi strappi costituzionali mai visti: quelli che nessuno vuole vedere."

Mi piacerebbe sapere cosa ne pensa Ainis


I paradossi di una buona scelta 
 
Con l’elezione di Mattarella, Matteo (Renzi) ha dato scacco matto. Ma il suo successo galleggia su cinque paradossi. Primo: i numeri. Inizialmente servivano i due terzi, ma la politica li ha (quasi) raggiunti quando non servivano, alla quarta votazione. Perché da subito c’era un candidato, ma c’era pure l’ordine di votare scheda bianca. Un trucco per eludere la maggioranza qualificata prescritta dalla Costituzione, che invece s’è presa una rivincita postuma sui posteri.
Secondo: le facce. Nel 1981, quando la Democrazia cristiana regnava con il 38% dei consensi, a Palazzo Chigi c’era un repubblicano (Spadolini), al Quirinale un socialista (Pertini). Nel 2015 la Dc risulta morta da un bel pezzo, ma in quei due palazzi ha lasciato un figlio e un nipotino. Terzo: la legge. Quella elettorale è stata annullata l’anno scorso da Mattarella e dagli altri suoi colleghi alla Consulta, eppure il Parlamento nullo ha eletto il proprio annullatore. Significa che è nulla pure l’elezione? No, è nulla l’obiezione: anche Napolitano (nel 2006 e nel 2013) fu scelto da un Parlamento formato con il medesimo sistema, mica possiamo salire sulla macchina del tempo.
Ma il paradosso più paradossale è il quarto, perché ha a che fare con il segno complessivo di quest’elezione presidenziale. Quale? Il riscatto della politica, del suo primato, della sua capacità decisionale. Due anni dopo, quel migliaio d’anime in pena precipitate nell’inferno dei franchi tiratori si sono svegliate in paradiso. Il voto su Mattarella esprime la scelta migliore per la successione al Colle, ed esprime al tempo stesso la politica migliore. Sennonché questa pienezza in realtà maschera un vuoto. Per riabilitarsi, la politica ha dovuto infatti uscire da se stessa, smentendo prassi fin qui sempre rispettate. Ne è prova il curriculum del nuovo presidente. Fra i suoi 11 predecessori, il solo Einaudi non era mai stato a capo del governo o di un’assemblea parlamentare; come Mattarella, lui fu soltanto vicepresidente del Consiglio, e magari l’analogia preannunzia una filosofia comune nell’interpretazione dei propri poteri. Ne è prova altresì l’incarico attualmente ricoperto da Sergio Mattarella: giudice costituzionale, come Giuliano Amato, l’altro principale candidato. Non era mai accaduto, giacché la politica non era mai stata costretta a chiedere soccorso a un’istituzione terza, per ritrovare la sua verginità perduta.
Da qui l’ultimo slalom fra logica e politica. Con Mattarella ci lasciamo alle spalle la stagione dell’eccezionalità costituzionale, aperta dalla rielezione del vecchio presidente. Un evento inedito, che la Carta del 1947 sconsiglia ma non vieta, disegnando per l’appunto una finestra per le situazioni d’emergenza. Ora la finestra è stata chiusa, l’eccezione si è conclusa. Tuttavia la regola non c’è, o meglio non c’è ancora. Dipenderà dalle riforme, che però questo voto per il Colle ha reso ben più impervie, come mostrano i segnali sinistri che s’odono da destra. Dove il merito (Mattarella) piace, il metodo (Renzi) dispiace. E senza Forza Italia sarà dura incassare la riforma del Senato, del Titolo V, del nuovo assetto dei poteri. Dunque la scelta del nuovo presidente favorisce il restauro della regola, ma al contempo l’allontana. Mentre noi restiamo immersi in un tempo di passaggio, senza una bussola per orientare il nostro passo.

5 commenti:

  1. ROBERTO TUTINO

    La prima e la seconda carica dello Stato...

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  2. RICCARDO CATTARINI

    Certo che per parlare male di Matteo nostro le studiate tutte. Non riesco davvero, al netto dell'incondizionata stima per Mauro, grande avvocato e caro amico, a neppure intravedere il problema ...

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    1. MAURO ANETRINI

      Riccardo, se il problema fosse personale, non avrei difficolta' a darti ragione. Matteo vostro esprime cio' che a noi liberali da l'orticaria. Tu sai quanto sia importante, in materia costituzionale, il rispetto del principio di opportunita'. Per certi versi, non puoi negarlo, il parametro di opportunita' ci consente di misurare la sensibilita' delle persone. Tu, caro Riccardo, il problema lo vedi benissimo (i Giudici come sebatoio della Repubblica), ma, per ragioni di opportunita' non ne vuoi parlare. Non mi scappi... Ne parleremo comunque.

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  3. DANIELE ZAMPIERI

    La forza di questo "dittatore democratico" da quattro soldi e pochissime idee (per lo più vecchie e pessime) non è la sua presunta abilità politico-comunicativa (di Politica ne capisce ben poco, fino ad ora ha campato di politichette efficaci come le chiacchere da bar. Al massimo è bravo soltanto nel gestire e aggirare trame, trabocchetti e tagliole nascoste nei corridoi dei palazzi del potere), ma è costituita dal popolo pecorone che lo segue

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  4. RICCARDO BALLOCCO

    Daniele. ...io credo che il popolo che lo segue sia una fantasia ....aspettiamo le elezioni politiche...( secondo me nn distanti) lascialo sulla graticola e il fuoco incrociato della sx dem e di Alfano per un anno e poi vediamo. Tieni anche conto che c'è un elettorato di centrodestra congelato. ...appena ritrova rappeesentanza vedrai. ...saranno dolori per renzi

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