domenica 1 marzo 2015

ALESINA - GIAVAZZI E IL RENZI POCO CORAGGIOSO...MA L'ABBAGLIO FORSE E' IL LORO STAVOLTA

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Perché noi liberali non possiamo essere contenti di Renzi, lo spiegano molto bene gli opinionisti appunto di formazione liberale che denunciano la vocazione statalista della politica economica del governo attuale. Del resto, da un post democristiano cosa ci si potrebbe aspettare ?  Peraltro, è un'idea di società legittima quella dove lo Stato è la guida di tutte le cose, comprese quelle economiche. 
Ma non è l'idea liberale. Dopodiché si può guardare con approvazione quei provvedimenti che quantomeno cercano di renderlo più efficiente (meno inefficinete mi pare più realistico) questo Stato, ma anche qui, se l'intento sbandierato è questo, risultati finora pochini. 
Alesina e Giavazzi plaudono al Jobs Act, e vedremo nel proseguio se hanno ragione.
Bocciano invece il Premier in materia di liberalizzazioni. E si torna da capo, cioè alla considerazione che Renzi NON è un liberale, e non vuole politiche liberali. 
Quindi perché mai noi dovremmo votare lui o il suo partito ?




Lo scarso coraggio di renzi
di Alberto Alesina e Francesco Giavazzi
 

Le norme sulla concorrenza sono fondamentali per far crescere un’economia. Senza mercati concorrenziali le imprese obsolete sopravvivono a scapito di imprese più efficienti. Uno dei motivi per cui la nostra economia è ferma da anni. Molte aziende pubbliche inefficienti, controllate dalla politica (ad esempio nella gestione dei rifiuti urbani) sopravvivono in mercati protetti. Non è consentito mettere all’asta quei servizi, affidandoli a privati con tariffe più basse. In molte regioni i treni locali sono fatiscenti, ma non si permette che siano imprenditori privati, spinti e motivati dalla concorrenza, a gestirli.
Le barriere alla concorrenza danneggiano soprattutto i giovani, che non riescono a entrare in mercati protetti a favore di chi vi è già dentro. Ma diversamente dal Jobs act, che Matteo Renzi ha portato in porto magistralmente, sulla concorrenza il presidente del Consiglio si sta scontrando con la politica. O forse, speriamo di no, è lui stesso a dubitare dei benefici del mercato, cedendo ai vizi dello statalismo, come sembra voler fare nelle vicende di Rai Way e di Telecom.
Un esempio è il disegno di legge (ddl) sulla concorrenza approvato il 21 febbraio dal Consiglio dei ministri. Il ddl introduce più concorrenza in molti settori, ma «dimentica» i servizi pubblici. Un caso emblematico è quello delle Autorità portuali, enti saldamente nelle mani dei politici locali (ne abbiamo 23, un po’ troppe anche per una penisola). 

 Il ministero per lo Sviluppo economico (Mise) aveva chiesto che venisse vietato a questi enti di essere al tempo stesso regolatori dei servizi offerti al porto e fornitori degli stessi servizi: infatti nessun privato farà concorrenza a un’azienda che è posseduta da chi fissa le regole (a Venezia ad esempio l’Autorità partecipa a una società che gestisce le banchine e altri servizi portuali). Ma questa norma è stata cancellata dal Consiglio dei ministri.
Non è il solo caso in cui Renzi ha ceduto. Nel campo della sanità il testo originario del Mise prevedeva l’obbligo di effettuare round periodici di accreditamento delle strutture sanitarie private (spesso vicine alla politica, come si è visto in Lombardia) in modo tale da evitare il consolidarsi di monopoli di fatto. Anche questa norma è stata stralciata. Lo stesso è accaduto per i medicinali di fascia C la cui vendita veniva liberalizzata dal testo del Mise, e che il ministro Beatrice Lorenzin (Ncd) ha bloccato.
Stessa sorte è accaduta alle proposte che rimuovevano la «territorialità» delle licenze Ncc (noleggio con conducente), una regola che contrasta con la normativa europea e impedisce l’entrata di nuovi soggetti nel settore. Bocciata (dal ministro Maurizio Lupi, Ncd, un partito di centrodestra che in questa occasione per due volte ha bloccato norme favorevoli al mercato) anche la rimozione dell’obbligo per gli autisti Ncc di ritornare in rimessa tra una chiamata e l’altra, una norma, anche questa proposta dal Mise, che avrebbe aperto il mercato a servizi quali Uber.
Ora il ddl concorrenza inizierà il suo percorso parlamentare. Sarebbe l’occasione per recuperare i provvedimenti cancellati all’ultimo momento e inserirne altri che erano stati «dimenticati». In realtà il rischio è che il Parlamento cancelli anche ciò che c’è di buono (e ce ne è molto) nel ddl, come accadde all’analogo provvedimento del governo Monti che partì anche meglio di questo, ma alla fine portò a casa solo l’obbligo per l’Eni di separarsi dalle attività legate al gas.
Un avvertimento è venuto in questi giorni dai notai. Il disegno di legge interviene su di loro con mano leggera, consentendo anche agli avvocati di redigere atti di compravendite di immobili non abitativi di valore inferiore ai 100.000 euro. Prevede anche che sia possibile costituire una srl semplificata attraverso una semplice scrittura privata — e non necessariamente con atto notarile. I notai sono insorti, accusando il governo di spalancare le porte a mafia, camorra, corruzione, e chissà che altro... mancano solo le cavallette.

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