Sull'Italicum abbiamo scritto veramente tanto...l'archivio del Blog è colmo. E' una prepotenza grave e importante dell'uomo forte del momento. Quando non lo sarà più, il vestito che si è cucito su misura, come lo ha espressamente accusato Panebianco - in genere un sostenitore del Premier, ancorché con dubbi crescenti - verrà disfatto dal successore, se non gli andrà bene. Altrimenti lo terrà, come fecero quelli di sinistra col Porcellum, che se non era per la Consulta, lo avrebbero conservato eccome, essendogli sufficiente eliminare il Senato.
Tra le critiche mosse, anche da osservatori ben più autorevoli del sottoscritto, ci sono, per sintetizzare :
1) creare un sistema presidenziale, senza avere il coraggio di una vera riforma costituzionale, e senza i contrappesi che quel modus comporta (e infatti presenti nelle democrazie, USA e Francia, che lo adottano)
2) un mix di proporzionale e maggioritario, creando un ibrido di dubbia valenza
3) la concreta possibilità che il potere assoluto vada ad una formazione politica che valga, in concreto, un quarto se non addirittura un quinto degli elettori aventi diritto.
Personalmente, da tempo sostengo che il premio di maggioranza è eccessivo, se sganciato completamente da un minimo di effettiva rappresentanza, e quindi dall'effettiva affluenza alle urne. Come per il referndum, che non è valido se almeno il 50% degli elettori non vanno a votare, così il premio di maggioranza non scatta se almeno il 70% (anche il 65%, di meno NO) dei cittadini non vanno a votare. A quel punto NON è che le elezioni siano invalide, ma semplicemente i voti sono distribuiti in misura proporzionale, al massimo concedendo un quid al primo partito, ma non regalando la maggioranza in parlamento.
Renzi, con questa storia, che negli altri paesi non presidenziali NON c'è, che alla sera si deve sapere chi governa (non avvenuto in GB, non in Germania, e in Spagna il centro destra governa grazie alle alleanze), vuole creare un sistema dove, nonostante l'indicazione espressa della Corte Costituzionale, un partito che non arriva al 25% dell'elettorato (il 41% con cui i piddini ci sfracellano i gioielli di famiglia è drogato da un'astensione superiore del 40% degli elettori !!) governi il paese senza opposizione...Non il massimo della democrazia, diciamocelo.
Ma il toscano, ormai mi pare assodato, non è un cultore appassionato della materia. Per fortuna, la globalizzazione, il far parte di un sistema come la UE, tra tanti disagi porta anche qualche vantaggio, tra cui la difficoltà obiettiva di creare un sistema seriamente autoritario.
Meno male.
Di seguito, le obiezioni di Antonio Polito
Buona Lettura
Un gigante
con tanti
cespugli
di
Antonio PolitoSe tutto resterà com’è, non c’è da andar tanto fieri della riforma elettorale che Montecitorio si appresta a varare. Innanzitutto per un problema di metodo. Le leggi elettorali sono le regole del gioco politico, e dovrebbero perciò essere considerate imparziali dal maggior numero possibile di giocatori. Altrimenti nascono zoppe, con maggioranze risicate, e hanno vita breve, come accadde prima al Mattarellum e poi al Porcellum. L’Italicum sembrava partito bene. Renzi chiarì che per evitare quel rischio bisognava cercare un compromesso tra le maggiori forze politiche. Per questo fece un accordo con Berlusconi, e a chiunque chiedesse modifiche replicò che non poteva tradire quell’accordo. Per questo ne offrì uno, a un certo punto sembrò anche seriamente, ai Cinquestelle. E invece in dirittura finale l’Italicum arriva con un sostegno politico molto ristretto, perfino inferiore alla stessa maggioranza di governo, a causa della fronda interna al Pd; addirittura inferiore al consenso con cui fu approvato il Porcellum, che per lo meno ebbe i voti di tutti i sostenitori del governo dell’epoca, e cioè Forza Italia, An, Lega Nord e Udc.
C’è dunque un’elevata probabilità che gran parte dello schieramento politico consideri ostile la legge che sta per essere approvata, e ne contesti aspramente la legittimità anche in futuro, fino magari a sostituirla per l’ennesima volta quando le maggioranze muteranno. Non sarebbe una novità: da vent’anni cambiamo sistema elettorale ogni dieci anni.
Ma se il risultato fosse eccellente, e cioè una legge elettorale di stampo europeo al di sopra di ogni sospetto, si potrebbe anche tollerare il modo in cui nasce. Purtroppo non è così. Di stampo europeo certamente non è, perché il premio di maggioranza non esiste in nessuna delle grandi democrazie europee con l’eccezione della Grecia (anche se il premier garantisce che correranno a copiarcela tutti). Al di sopra di ogni sospetto nemmeno, perché introduce di fatto l’elezione diretta del capo del governo senza dargliene i poteri e senza prevedere i contrappesi che esistono nei sistemi presidenziali. Produrrà dunque uno pseudo presidente in uno pseudo Parlamento, quest’ultimo essendo ulteriormente indebolito dal declassamento del Senato a vacanze romane dei consiglieri regionali e dalla selezione per nomina di un elevato numero di deputati. Per di più, non prevedendo la possibilità di apparentamenti al secondo turno come invece è nelle città italiane e nel Parlamento francese, assegna il 55% dei seggi a uno solo e il restante da dividere tra tutti gli altri, che a questo punto saranno molti visto che lo sbarramento è al 3%. Il risultato non sarà una forte e responsabile opposizione, bensì un coacervo di sigle frammentato e impotente, inevitabilmente portato al chiasso mediatico e alla protesta demagogica.
Un gigante e tanti cespugli: non è esattamente questa la democrazia rappresentativa in Europa. Non stiamo infatti per approvare una legge maggioritaria, che moltiplica i voti in seggi per dare una maggioranza; ma una legge proporzionale, cui alla fine si sommano i seggi del premio. Della stessa famiglia, dunque, delle tre più contestate della nostra storia: la legge Acerbo del 1923, la cosiddetta legge-truffa del 1953 (su entrambe il governo mise la fiducia) e la legge Calderoli del 2005.
I difetti dell’Italicum sono tanti. Il pregio è unico, ma non da poco: risponde a uno stato di necessità, e riempie il vuoto aperto dalla sentenza della Consulta. Qualsiasi legge elettorale è meglio di nessuna legge elettorale. Però in sedici mesi si doveva (e si può ancora) fare di meglio.
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