lunedì 25 maggio 2015

CELLULARE IN CLASSE ? VOTI PIU' BASSI E UNA SETTIMANA DI LEZIONE PERSA.

 

Il cellulare è uno strumento indispensabile per noi italiani. Anche quelli, come me, che hanno cercato di resistere al virus, prima o poi si sono arresi.
Certo, ci sono i drogati, che non si scollegano mai (ho una parente così..., un caso penoso, oltre che clinico) e altri che ne fanno un uso più intelligente, sfruttando le effettive utilità e comodità che il mezzo offre.
Categoria a sé sono i genitori, che prendono il cellulare come sorta di braccialetto elettronico, quello che si mette ai soggetti imputati o condannati di qualche reato, per tenerli sotto controllo se non detenuti. Peraltro, essendo l'oggetto un totem assoluto anche per i teen agers ( ne vorrebbero uno fin dai 5 anni, ma in genere devono aspettare i 10, porelli...), è una delle poche cose in cui il compromesso tra genitori e figli si realizza con facilità, grazie alla compatibilità di diversi interessi.
La tendenza paranoide ha nella scuola uno dei campi di maggiore espressione, con padri e madri pronti a ricorrere al giudice per sequestro e abuso di potere contro i professori che osano togliere i cellulari all'amata prole in classe. 
Non sanno evidentemente questi beoti procreatori che in Italia il divieto di portare i telefonini in classe è norma, prescritta da una direttiva dle Ministero dell'Istruzione del 2007. 
Ignoranza peraltro giustificata dalla disapplicazione della normativa in questione, come spesso del resto accade nella patria del florilegio (dettare milioni di regole, finisce inevitabilmente per condurre alla disapplicazione delle stesse in una marea di casi, molte volte anche per mera inconsapevolezza).
Uno studio inglese rivela - tu guarda !! - che l'uso smodato dello smartphone è nocivo per l'attenzione e lo studio, e, non so come, ha quantificato in una settimana di lezione in meno una delle conseguenze di tale cattivo impiego.
Una settimana...in fondo non sarebbe nemmeno molto.
Mi trovo pienamente d'accordo con la conclusione del professore Federico Bianchi di Castelbianco, psicoterapeuta dell'età evolutiva, che ha ironicamente -e argutamente - osservato : "una settimana? stima al ribasso, e comunque il tempo buttato dietro i cellulari è molto di più". 
Vangelo.


Il Corriere della Sera - Digital Edition


In classe con il telefonino? 
È come perdere ogni anno una settimana di lezione
 
di Antonella De Gregorio
La ricerca britannica: i voti sono migliori dove è vietato
Cellulare a scuola, sì o no? Alcuni genitori non ci dormono la notte, mettono paletti, trattano con i figli le regole da seguire. Adesso una risposta arriva dagli economisti: se volete che i vostri ragazzi abbiano risultati scolastici migliori, lo smartphone deve rimanere a casa. Bandire il cellulare dalle aule ha un effetto che un centro di ricerca inglese ha misurato: vale quanto una settimana in più di lezione. Lo sostengono Louis-Philippe Beland and Richard Murphy, in un lavoro pubblicato dal «centro per le performance economiche» della London School of Economics, di cui dà conto il Guardian . Lo studio conclude che «nelle scuole in cui il telefonino è bandito, i voti sono più alti». Un fenomeno ancora più marcato per gli studenti più poveri o con voti più bassi.
I ricercatori hanno esaminato le performance di 91 scuole superiori di quattro città inglesi, confrontando i registri degli esami e le politiche sui cellulari tra il 2001 e il 2013. In generale i voti nelle classi in cui smartphone e gadget digitali erano banditi, i punteggi dei test miglioravano del 6,41% in media: un valore equivalente a «un aumento della probabilità di passare gli esami finali del 2%», scrivono gli autori. «È lo stesso effetto — spiega uno di loro, Richard Murphy — che si avrebbe con un’ora in più a settimana, o con una settimana in più all’anno scolastico».
Per gli studenti con voti più bassi, scrivono gli autori, l’aumento dei punteggi e della probabilità di successo agli esami è doppio rispetto alla media, ed è ancora maggiore per gli studenti con bisogni educativi speciali e per quelli più poveri, mentre tende ad annullarsi per i più bravi. Tecnologie che «fanno tante cose diverse», sostengono i ricercatori, hanno un effetto negativo sulla produttività degli studenti. Il multitasking distrae.
La ricerca non arriva a sostenere che i cellulari siano dannosi. E non nega che, se correttamente utilizzati, possano essere un efficace aiuto per lo studio. Ma in Paesi come la Gran Bretagna, dove oltre il 90% degli adolescenti possiede uno smartphone, il dibattito si è acceso e sono sempre più numerosi i dirigenti scolastici che obbligano i ragazzi a consegnare il telefonino, a inizio giornata o durante le verifiche.
In Italia? La regola c’è: l’uso del cellulare a scuola è vietato. Lo ha disposto il ministro dell’Istruzione con una direttiva (15 marzo 2007), che impegna tutte le scuole a regolamentarne l’uso, con esplicito divieto durante le lezioni. Ma norme e regole possono essere di difficile applicazione. Anche i prof, d’altronde, spesso «dimenticano» di spegnere il cellulare in classe: il divieto (e da ben prima, scritto in una circolare del ‘98), vale anche per loro.
Ma adesso che, nonostante i divieti, l’uso improprio del telefonino nelle aule è diventato consuetudine, come fare marcia indietro? «Difficile, fa ormai parte della vita emotiva e affettiva dei ragazzi — dice Federico Bianchi di Castelbianco, psicoterapeuta dell’età evolutiva, che con gli studenti ha un canale di ascolto privilegiato —. Ha sostituito il vecchio bigliettino usato da noi che oggi siamo adulti per comunicare in classe».
È importante, dice, «scendere a patti con i ragazzi, stabilire le finestre in cui possono usarlo e i momenti in cui assolutamente no. Se non stanno alle regole va bene tutto: la nota sul registro, il sequestro. E poi non nascondiamoci dietro a un dito: siamo noi genitori che abbiamo aderito al fatto che i ragazzi portino il cellulare in classe, fin dalle elementari, per poter parlare con loro quando vogliamo. Ma quando sono a scuola, la responsabilità passa ad altri e se voglio parlare con mio figlio mi rivolgo a chi in quel momento lo ha nel suo controllo». «C’è stata confusione — continua lo psicologo — tra l’uso del mondo di Internet per essere più informati e l’attaccarsi al web per “staccarsi dalle lezioni”. Lasciamo fare, magari per una forma reverenziale nei confronti dei giovani che sanno usare le tecnologie meglio di noi, e loro crescono senza neppure essere consapevoli che è maleducazione».
La conseguenza, certo, è che distrazione e mancata partecipazione sono sempre in agguato. «I ricercatori hanno fatto il conto in una settimana di scuola “persa”? Hanno stimato al ribasso — dice — il tempo buttato è sicuramente molto di più».

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