mercoledì 13 maggio 2015

PANEBIANCO : FORZA ITALIA COME LA LIBIA DOPO GHEDDAFI . L'IDEA DELLA FLAT TAX

Silvio Berlusconi (2010).jpg

Suggestivo il paragone fatto da Angelo Panebianco nell'editoriale odierno del Corsera : Forza Italia è come la Libia post Gheddafi , cioè una guerra tra bande. 
Nel caso africano è deflagrata dopo la scomparsa del Rais, in quello italiano, l'elemento scatenante per fortuna è meno sanguinoso, ed è il tramonto politico di Berlusconi, che al di là delle disavventure giudiziarie, che lo hanno favorito, sarebbe comunque avvenuto per logiche ragioni temporali. Dal 1994 sono passati 21 anni, e l'uomo ne compirà 79 il prossimo settembre.  Oltretutto le sue chance le ha avute, per provare a modificare qualcosa in Italia, senza esiti. Qualunque siano le ragioni di questo risultato negativo ("me lo hanno impedito", la sua versione, non convincente), è ragionevole che, dopo due decenni, la mano debba passare ad altri.
Ma a chi ?
Questo è il problema enorme del centro destra che non presenta leader carismatici ma nemmeno credibili. Cameron, per dire, carismatico certo non lo è, però è credibile. Naturalmente in GB è dirimente il fatto che lì il premier è leader di un partito storico, vero, qui c'è Forza Italia, un partito la cui storia è indissolubilmente legata al suo fondatore (e padrone). Io francamente non capisco Fitto che vuole intestarsi questo partito. Se ne faccia uno suo e veda quanti voti vale. 
Ad ogni modo le cose stanno così, e il disastro nel Trentino, con FI al 4% sta lì a testimoniarlo.
Allo stesso tempo, il PD, che vince, non aumenta i voti e nemmeno le percentuali. Questo dimostra, ancora una volta, che ben poca parte dell'elettorato di centrodestra è abbagliato da Renzi. Un po' sì, e serve a coprire le perdite a sinistra, con gente della ex ditta che nemmeno sotto tortura voterebbe per il "profanatore". 
Al momento, tanto basta : nella sua minoranza però sufficientemente coesa ( la vittoria ha questo magico effetto), Renzi al momento non ha concorrenti.
Ma, come suggerisce Panebianco, se una formazione di centro destra, nuova o antica che fosse, proponesse con coraggio un'idea di rottura, centrale, attorno alla quale cercare di recuperare i delusi che si astengono o votano gli "strilloni", magari le cose muterebbero.
In Italia gli statalisti sono forti, ma non è detto che siano invincibili.
 


Il destino bloccato di un partito

 

Il buon risultato del Partito democratico nel Trentino e, insieme, la débâcle di Berlusconi e i successi dei 5 Stelle e della Lega, sono musica soave per le orecchie di Matteo Renzi. Confermano ciò che già si sapeva, ossia che, in assenza di un’opposizione credibile, egli è attualmente, e lo sarà probabilmente, per molto tempo, imbattibile, inaffondabile.
Il punto decisivo, naturalmente, è lo stato comatoso di Forza Italia.

 Si tratta di un partito in cui il declino del carisma del fondatore ha aperto la strada a una miriade di conflitti fra i notabili che si disputano pezzi di eredità, che litigano per assicurarsi porzioni di territorio dell’antico regno: un partito che anche per questo (ma non solo per questo) non è più in grado di attrarre gli elettori di centrodestra. Ai partiti carismatici nei quali il carisma del leader si indebolisce o evapora, accade più o meno ciò che accade agli «Stati falliti» (come la Libia): i signori della guerra cominciano a scannarsi fra loro e ciò continua fin quando non arriva qualcuno, più potente o abile, a sottometterli con la forza.
Forza Italia è, al momento, un partito «bloccato», non può vivere né con né senza Berlusconi. Da un lato, non può farne a meno perché lui è il fondatore e solo lui può decidere se e quando tirarsi fuori. E anche perché, pur essendo la stella di Berlusconi offuscata, egli resta comunque l’unico leader che possa ancora fare presa su settori dell’elettorato conservatore: qualcuno che riesca a prenderne il posto non è ancora emerso. 

 D all’altro lato, è ormai nella consapevolezza generale che il vecchio leader non sia più in grado di calamitare i consensi di un tempo. In questo modo, però, molti italiani si trovano privi di riferimento politico. Sono costretti a dividersi fra chi sceglie (provvisoriamente?) Renzi, chi sceglie l’astensione, e chi si fa ammaliare da coloro che urlano più forte, Grillo e Salvini.
Ma poiché Berlusconi resta, nonostante tutto, molte spanne al di sopra degli altri politici di centrodestra, sembra anche il solo ancora capace di intuizioni giuste: tale potrebbe essere l’idea di dare vita a un Partito repubblicano (ispirato ai conservatori americani). Solo che non basta creare un contenitore nuovo. Occorre anche rinnovare la leadership . E la leadership , a sua volta, non può essere rinnovata senza un rinnovamento delle idee. Il Foglio rilevava correttamente ieri quanto sia ottuso, ad esempio, da parte di esponenti di Forza Italia, l’accodarsi (col solo scopo di dar fastidio al governo Renzi) alla sentenza della Corte costituzionale sulle pensioni. Non è ottuso solo perché quella sentenza calpesta una legge del governo Monti a suo tempo votata da Forza Italia. Lo è anche perché impedisce a Forza Italia (o al Partito repubblicano in fieri ) di adottare una piattaforma politica coerente. Non puoi, ad esempio, puntare, come un Partito repubblicano degno del nome dovrebbe fare, alla riduzione drastica delle tasse e, contemporaneamente, applaudire una sentenza che colpisce i conti pubblici, rischia di far lievitate le tasse, o comunque di bloccarne la riduzione, e può piacere, pertanto, solo agli statalisti, non a dei liberali anti tasse (ammesso che siano tali davvero e non per finta). Ha ragione probabilmente Antonio Martino, economista liberale e uno dei fondatori di Forza Italia, quando ritiene che il rilancio potrebbe avvenire solo intorno a una piattaforma politica centrata sull’idea del superamento della tassazione progressiva e dell’introduzione della flat tax (non importa quanto guadagni: tolta la fascia dei più poveri, esentati dalle tasse, il prelievo fiscale dovrebbe essere una percentuale x uguale per tutti). Se diventasse qualcosa di diverso da uno slogan ma un progetto politico coerente, fattibile, e pertanto credibile nel giudizio degli elettori, avrebbe anche, probabilmente, effetti dirompenti, avrebbe la capacità di calamitare i consensi di mezzo Paese. Se fosse poi davvero adottata, la flat tax accentuerebbe le disuguaglianze (per questa ragione può essere proposta solo da destra, non da sinistra) ma avrebbe anche, assai plausibilmente, la capacità di innescare una crescita economica vigorosa, forse anche, nel tempo, spettacolare. Poiché, a quanto si è letto, anche Salvini sembrerebbe orientato ad adottare una simile proposta, questo potrebbe diventare un motivo di convergenza fra una Forza Italia rinnovata e la Lega.
C’è un ampio elettorato di centrodestra che al momento si sente politicamente orfano, non rappresentato. Ma può essere riconquistato se gli si presentano nuovi leader e nuove idee. Se ciò accadesse, Renzi troverebbe subito pane per i suoi denti e, per vincere, dovrebbe faticare molto di più di quanto non fatichi oggi. 

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