mercoledì 1 luglio 2015

IMMAGINANDO IL DRAMMA GRECO IN 5 ATTI

 

Magari non condivisibile (anzi, opterei decisamente per il no, nel merito) ma assolutamente originale e divertente il parallelismo promosso da Luciano Canfora sul Corriere tra Angela Merkel e Tissaferne, potente satrapo persiano che, all'epoca dell'antica Atene, cercò di minare la democrazia della città che la inventò a fronte della promessa di (tanti ) denari. 
Lo scrittore stende in canovaccio di un dramma (anche questo genere inventato dai greci) in 5 atti, creando una serie di accostamenti fantasiosi e, come detto, discutibili.
Però il tutto è curioso e suggestivo.
A me ha divertito, e per questo lo propongo ai lettori del camerlengo.






Merkel come Tissaferne,
il dramma ateniese in cinque atti
 

Atto I
Scena prima
Tissaferne, potente satrapo persiano, che da anni incombe sul conflitto tra Sparta e Atene, fa sapere che potrebbe decidersi ad aiutare Atene, cioè a risanarne le disastrate finanze, se Atene si deciderà a cambiare regime politico: a liquidare la democrazia, escludendo i poveri dal pieno diritto di cittadinanza e riducendo gli aventi diritto a sole 5 mila persone.
Scena seconda
Frau Merkel nel ruolo di Tissaferne
. Oltretutto Tissaferne ha alle spalle un potere ancora più grande, il Gran Re di Persia. Frau Merkel ha sulla testa Madame Lagarde.
Atto II
Scena prima
Alcibiade
, rampollo di una grande famiglia, nipote di Pericle, molto discusso anche sul piano privato, da anni allontanato dal potere, oltre che da Atene, e bazzicante la corte di Tissaferne, si fa avanti. Fa sapere agli ambienti ateniesi ostili al «governo del popolo» (democrazia) che, se si sbaracca la democrazia, davvero Tissaferne aprirà i cordoni della borsa. Lui garantisce.
Scena seconda
Papandreou è un perfetto Alcibiade, rampollo anche lui di una dinastia che ha comandato in Grecia da tempo immemorabile. «Socialista», perché tanto non fa paura a nessuno; buon servitore dell’Occidente. Per molto tempo capace di farsi accettare come leader di una sinistra adeguatamente parolaia, ma intimamente disinteressata ai problemi dei poveri. In separata sede, anche Alcibiade diceva della democrazia che è «una notoria pazzia».
Atto III
Scena prima
I circoli oligarchici ateniesi, che da sempre spiano l’occasione per dare una botta all’odiato demo, colgono al volo l’occasione e decidono di passare all’azione. Ma come fare e con quali uomini? Lo strumento ideale sono dei capi popolo che si siano fatti conoscere dalla massa popolare, ma segretamente passati al servizio delle società segrete oligarchiche. E ne trovano due: Pisandro e Frinico. A questo punto gli oligarchi non hanno più bisogno di Alcibiade/Papandreou e decidono di sbarazzarsene.
Scena seconda
Antonis Samaras, che negli anni 90 aveva fatto il demagogo nazionalista nella «questione macedone», è un ottimo Pisandro. Dapprima agitatore a buon mercato, alla fine si mette agli ordini della destra tradizionale di Karamanlis: ma in quanto «uomo nuovo» riesce a governare per oltre due anni. È lui che mette fuori gioco Papandreou.
Atto IV
I demagoghi prezzolati entrano in azione. Pisandro, che era nell’isola di Samo, dove veniva ordita la trama, si precipita ad Atene ed interviene instancabilmente nelle assemblee che si radunano a ripetizione, svolgendo il seguente argomento: «Dovete mollare, altrimenti i soldi di Tissaferne non arrivano». A lungo l’assemblea rilutta. Allora Pisandro abborda gli elettori uno per uno e cerca di catechizzarli individualmente, sempre con lo stesso argomento. L’atto IV corrisponde alla situazione attuale: la Grecia vorrebbe decidere del suo destino, ma chi può farle balenare una elemosina avvelenata esige che la smetta di volersi avvalere della propria sovranità.
Atto V (futurale)
Alla fine viene indetta un’assemblea che dovrà sciogliere il dilemma. Il clima che la precede è sempre più pesante. Contro i leader popolari si compiono violenze che restano impunite. Finalmente l’assemblea si raduna, ma non nella solita sede, bensì in un bosco fuori città. Sui discorsi di chi osa prendere la parola si esercita una occhiuta censura preventiva. A Pisandro tocca il compito più delicato: ottenere che la democrazia si suicidi con le sue stesse mani . Il giuoco gli riesce.
Primo tempo: preliminarmente l’assemblea approva la proposta di abrogare la clausola di garanzia che difendeva la costituzione. Secondo tempo: si comincia a dire che «bisogna eliminare il salario per qualunque funzione pubblica» (proposta di Pisandro).
La proposta passò. L’assemblea popolare liquidò se stessa e giunsero indisturbati al potere 400 oligarchi. Epilogo a sorpresa: I soldi di Tissaferne non arrivarono mai; dopo pochi mesi gli oligarchi furono cacciati.

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