domenica 16 agosto 2015

TRA BRUNO CONTRADA E FERRARELLA, MEGLIO IL "MAFIOSO".

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Grazie alla sorveglianza indefessa, senza concessioni all'estate e al ferragosto, del Maestro Domenico Battista, ho potuto leggere l'interessante intervista che Bruno Contrada ha concesso al Tempo dopo l'intemerata del solito, noioso Luigi Ferrarella che sul Corsera aveva lamentato errori della CEDU nel valutare il caso proprio di Contrada, biasimando la condanna dell'Italia per avere giudicato l'imputato sulla base di norme non esistenti al momento della commissione del fatto. Si tratta del principio cardine di civiltà giuridica della irretroattività della legge penale. Ferrarella, che si affeziona ai suoi colpevoli - nel senso che se LUI li giudica tali (vale a dire molto spesso) poi devono rimanere, e i giudici che li assolvono sbagliano senz'altro -  proprio non gli va giù questa cosa che Bruno Contrada NON sia un mafioso, sia pure in forma di partecipazione esterna (notoriamente INESISTENTE come norma legislativa ed affermatisi attraverso una turtuosa e controversa attività giurisprudenziale).
Come osserva l'avvocato e amico DOmenico, le repliche del "mafioso" convincono più delle tesi del "forcaiolo in guanti bianchi", come io definisco Ferrarella, per distinguerlo dal sodale Travaglio. 
 


Giustizia: Bruno Contrada "nessun errore della corte Ue, quanto accanimento dei media"

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di Dimitri Buffa

Il Tempo, 15 agosto 2015

"Io ormai mi sono rassegnato alla ostilità della stampa nei miei confronti ma da un giurista come Luigi Ferrarella non me l'aspettavo questa cosa di confondere la non retroattività della legge penale con questioni inerenti alla natura giurisprudenziale ovvero legislativa del reato di concorso esterno in associazione mafiosa".
Parla forte e chiaro Bruno Contrada sull'ultima polemica, estiva, scaturita da un articolo del "Corriere della sera" dello scorso 12 agosto secondo cui la condanna europea contro l'Italia dell'anno passato sarebbe dovuta a errori sulla natura del reato di concorso esterno in associazione mafiosa.
Più precisamente Ferrarella scrive che il fatto di aver sottoscritto e concordato "tra le parti" una "premessa" nella quale proprio la rappresentanza italiana a Strasburgo dava per assodata "l'origine giurisprudenziale" (anziché normativa) del reato di concorso esterno in associazione mafiosa, preambolo da quel momento in poi vincolante per i successivi ragionamenti della Cedu, dove le parti devono sempre dare dimostrazione di tutto, anche delle leggi nazionali in discussione", sarebbe alla base della condanna del nostro paese.
A dimostrazione dell'assunto Ferrarella scrive: "preambolo che invece ora la Cassazione - nel processo di 'ndrangheta "Infinito" nel quale alcuni boss invocavano l'incostituzionalità della propria condanna sulla scia appunto della decisione di Strasburgo su Contrada - rimarca essere "un'affermazione giuridicamente inesatta", un autogol davanti alla Cedu."
"Peccato - racconta al "Tempo" Contrada - che nella sentenza Cedu l'Italia sia stata condannata semplicemente perché io non dovevo neanche essere processato e tantomeno condannato per un reato, il concorso esterno in associazione mafiosa, che al momento del presunto compimento dei reati a me imputati non esisteva neppure. E questo a prescindere dalla sua natura legislativa o giurisprudenziale".
Non solo: "Anche il 416 bis, cioè l'appartenenza a cosche mafiose o camorristiche o della 'ndrangheta esiste dal 1982, introdotto dalla legge Rognoni - La Torre, e i reati a me contestati, ammesso che si possa credere che io li abbia commessi, risalgono a un periodo tra il 1977 il 1980..quindi in teoria neppure per mafia potevano condannarmi...", prosegue Contrada.

Quello che lei dice fa pensare a un certo accanimento dei mass media contro di lei...
"Che ci vuole fare, io ormai mi sono rassegnato. Sono anziano e non so se riuscirò a vivere fino al momento che la verità sostanziale e non solo formale delle cose sarà ristabilita, attualmente esiste la possibilità di una revisione del processo dopo la sentenza europea, senonché tocca attendere i tempi della Cassazione che dovrà recepire la sentenza 113 del 2011 della Consulta, che ha dichiarato incostituzionale l'articolo 630 del codice di procedura penale laddove non prevede come causa di revisione di un processo penale il mancato rispetto della normativa europea e delle sentenze Cedu. Ma lei capisce quanto tempo se ne passerà...".

Sì, lo capisco, campa cavallo si potrebbe dire... e magari a qualcuno farà anche piacere che rimanga il dubbio sulla sua contiguità a Cosa Nostra.
"È il non detto che pensano un po' tutti. Anche a questo mi sono rassegnato. Chi mi conosce sa benissimo che io con i mafiosi gli unici rapporti che ho avuto sono quelli di intelligence, quelli per arrestare altri mafiosi, che non ho mai protetto nessuno, che anzi quelli che avrei protetto ho contribuito a seppellirli sotto anni di carcere e che chi mi accusa ha motivi di rivalsa in quanto si tratta di collaboratori che devono al sottoscritto l'assicurazione alle patrie galere...ma poi la cosa incredibile è che il mio reato di concorso esterno rimane, nel movente appeso al nulla...".

Che intende dire?
"Semplice, nelle motivazioni delle varie sentenze di condanne si esclude una mia corruttela. È come se io avessi favorito i boss per hobby, invece di giocare al tennis mi divertivo ad aiutare il boss Riccobono o altri".

Sarebbe sempre ipotizzabile la follia?
"Neanche quella, sennò avrebbero dovuto chiedere un esame delle mie capacità di intendere e volere. Ma loro sanno benissimo che il mio è stato un processo politico legato alla storia di Andreotti e al clima dell'epoca, ad Andreotti non sono riusciti a incastrarlo e quindi io sono stato il contentino dei teoremi di quella parte di magistratura che altrimenti rischiava di vedere sconfessato tutto il proprio lavoro. Un premio di consolazione che ha avuto come oggetto la mia stessa esistenza, la mia onorabilità. Ho dovuto prenderla con filosofia".

Oggi è tornato di moda parlare dei problemi della giustizia penale in Italia. Lei ha un'idea in proposito a prescindere dal suo caso?
"Beh salta agli occhi che mentre nel 1988 si è riformato il codice di procedura penale quello penale vero e proprio è rimasto grosso modo quello di Alfredo Rocco, al netto delle sentenze costituzionali che hanno abolito le leggi razziali, l'adulterio come reato eccetera. Questo ha provocato scompensi. Inoltre spero di non dire un'eresia se insisto come tanti sulla separazione delle carriere tra giudicanti e requirenti e qualche cosa si potrebbe fare a livello costituzionale anche a proposito dell'obbligatorietà dell'azione penale che è più teorica che pratica".

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