martedì 8 settembre 2015

LE MOTIVAZIONE DELL'ASSOLUZIONE DI AMANDA E RAFFAELE : INVESTIGATORI SOMARI, INQUIRENTI PURE

 

Ogni tanto succede. Cosa ? Che la Corte di Cassazione usi lo stesso atteggiamento ruvido, e peggio, nei confronti dei colleghi, segnatamente quelli della procura ma di riflesso anche di quelli, giudicanti, che dai primi si sono fatti abbindolare, in genere riservato ad altri soggetti del processo, imputati in primis.
Ai primi. i pm,  viene rimproverato di non aver svolto il loro dovere di controllo scrupoloso dello svolgimento delle indagini, facendosi prendere dall'ansia di un risultato veloce rispetto a quello di giungere alla verità, obbedendo all'ansia forcaiola di quelli che, siccome la vittima non è morta di freddo, gli indagati, e poi imputati, DEVONO essere per forza i colpevoli. Ai secondi (i giudici), come detto, di non aver rilevato le evidenti, palesi lacune del lavoro dei colleghi.
Ricordo le parole al vetriolo della Suprema contro procura e periti del caso Rignano Flaminio (veramente gli tolsero la pelle..., chi vuole può documentarsi : http://ultimocamerlengo.blogspot.it/2014/05/assolti-anche-in-appello-i-mostri-di.html) e in qualche misura la cosa si ripete con la bocciatura feroce della procura di Perugia e gli investigatori che si sono occupati dell'omicidio di Meredith Kerker.
Il Presidente della prima corte d' appello, che aveva ribaltato la sentenza di condanna del primo grado, prendendosi gli insulti veri del popolo bue assiepato fuori dall'edificio di giustizia e dei media schierati sul fronte colpevolista (quasi tutti), si prende la rivincita osservando che loro, nel muovere le stesse critiche agli inquirenti erano stati assai più diplomatici...
La lettura del sunto del Corriere della Sera è una boccata d'ossigeno (chi volesse, può anche leggere il post pubblicato il giorno dell'assoluzione, che ebbe un discreto successo...http://ultimocamerlengo.blogspot.it/2015/03/lassoluzione-di-amanda-e-raffaele-il.html ).
Chissà perché il servizio non è curato dagli "esperti" di giudiziaria del giornalone, Ferrarella e Sarzanini.... 


Il Corriere della Sera - Digital Edition


Meredith e l’inchiesta degli errori clamorosi
di Fabrizio Caccia e Flavio Haver

Nell’indagine sul delitto di Meredith Kercher ci sono state «clamorose défaillances investigative». 

Lo scrive la Cassazione nelle motivazioni della sentenza con cui ha assolto Amanda Knox e Raffaele Sollecito
 


ROMA La storia del processo per l’omicidio di Meredith Kercher ha avuto «un iter obiettivamente ondivago le cui oscillazioni sono, però, la risultante anche di clamorose defaillance o “amnesie” investigative e di colpevoli omissioni di attività d’indagine che, ove poste in essere, avrebbero con ogni probabilità consentito, sin da subito, di delineare un quadro — se non di certezza quantomeno di tranquillante affidabilità — nella prospettiva vuoi della colpevolezza vuoi dell’estraneità» di Raffaele Sollecito e Amanda Knox, condannata comunque a scontare tre anni di reclusione per aver calunniato Patrick Lumumba. È il passaggio più significativo delle durissime motivazioni con le quali la Cassazione ha definitivamente assolto i due ex fidanzati per l’assassinio della studentessa inglese a Perugia, la sera del 1 novembre del 2007.
Una bocciatura dei metodi d’indagine che non salva nessuno dei protagonisti di quei frenetici giorni. Né i magistrati (a cui spettava il compito di coordinare l’inchiesta), né tantomeno gli investigatori

 «I giudici della Cassazione sono stati più cattivi di noi parlando del modo in cui la polizia ha condotto le indagini sul delitto. In confronto noi siamo stati diplomatici...», ha detto Claudio Pratillo Hellmann, il presidente della Corte d’assise d’appello che nel 2011 aveva già assolto la coppia. La Suprema Corte ha puntato l’indice su molti aspetti dell’istruttoria: «L’inusitato clamore mediatico della vicenda, dovuto non solo alle drammatiche modalità della morte di una ventiduenne ma anche alle nazionalità delle persone coinvolte e, dunque, ai riflessi “internazionali” della vicenda, ha fatto sì che le indagini subissero un’improvvisa accelerazione che, nella spasmodica ricerca di uno o più colpevoli da consegnare all’opinione pubblica internazionale, non ha certamente giovato alla ricerca della verità che, in fattispecie omicidiarie come quella in esame, ha come ineludibile postulato non solo la tempistica, ma anche la compiutezza e correttezza dell’attività investigativa».
Il collegio presieduto da Gennaro Marasca ha elencato carenze ed errori. «Il movente sessuale ascritto a Guede (l’ivoriano condannato in via definitiva a 16 anni di carcere “per concorso” nell’omicidio di Meredith, ndr ) nel procedimento a suo carico non è estensibile tout court» alla Knox e a Sollecito. «L’ipotesi del gioco erotico non ha trovato riscontri di sorta, non è possibile ipotizzare per ciascun presunto concorrente un movente traslato o combinato in virtù di condivisione di questa o quell’altra motivazione», hanno osservato i giudici. «Altro errore risiede nella ritenuta irrilevanza dell’accertamento dell’ora esatta della morte della Kercher. Orbene, anche sul punto è dato registrare un deprecabile pressapochismo nelle fase delle indagini preliminari. Basti considerare che i rilievi della polizia giudiziaria avevano proposto una banale media aritmetica tra un possibile termine iniziale e un possibile termine finale (dalle 18,50 circa del 1 novembre alle 4,50 del giorno successivo), giungendo a fissare, in tal guisa, l’ora della morte alle 23-23.30 circa». Ancora: «Le indagini genetiche sono state acquisite in violazione delle regole consacrate dai protocolli internazionali». Non basta: «Il coltello da cucina rinvenuto in casa di Sollecito e ritenuto l’arma del delitto è stato repertato e poi custodito in una comune scatola di cartone». Di più: «Il gancetto del reggiseno della vittima, notato nel corso del primo sopralluogo della polizia scientifica, è stato trascurato e lasciato lì, sul pavimento, per 46 giorni...». Conclude la Suprema Corte: «Un dato processuale di incontrovertibile valenza è l’assoluta mancanza — nella stanza dell’omicidio o sul corpo della vittima — di tracce biologiche con certezza riferibili ai due imputati laddove, invece, sono state rinvenute copiose tracce imputabili a Guede».
Flavio Haver

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