giovedì 4 febbraio 2016

UNIONI CIVILE : PANEBIANCO SI PREOCCUPA PER RENZINO, MALE MINORE

Neanche l’Istat riesce a scoprire quante sono le coppie gay in Italia

Nell'editoriale di oggi Angelo Panebianco esprime il suo timore (punti di vista, per altri si tratterebbe di un auspicio...) che la spinosa questione delle Unioni Civili, che un tempo si fingeva di spacciare come l'assicurazione dei diritti (doveri ? la domanda la poneva Galli della Loggia qualche giorno orsono...) delle coppie di fatto in generale, laddove pare evidente che il problema riguarda soprattutto quelle omosessuali, possa essere una buccia di banana velenosa per il premier. Renzino, sempre molto sensibile agli umori popolari, nonostante il carattere malmostoso lo spingerebbe a dire "me ne frego", come un suo per qualche verso imitato predecessore, ha cercato di smarcarsi un po', ma non gli sta riuscendo bene.
Chissà che effetto gli ha fatto, lui così ansiogeno nel compitare i sondaggi ogni 6 ore, l'urlo della piazza del Circo Massimo "Ce ne ricorderemo !".
Che poi, mi sto chiedendo questi giorni, nei quali non c'è prima pagina di giornale, stampato, on line o video, che non dedichi spazio all'ennesimo derby degli italici, quanti sono effettivamente gli omosessuali in Italia ?
Non si sa, perché, a dispetto di quelli rumorosi che partecipano ai gay pride, l'orgoglio in questo campo non è ancora così diffuso, e molti continuano a starsene quieti e celati.
Anche l'Istat si arrende, dichiarando che l'ultimo rilevamento in materia, risalente al 2014, quindi recente, non è attendibile per difetto.
Troppo poche le 7.513 coppie uscite allo scoperto, di cui appena 386 nelle Isole... Certo è che alzare una simil camizza, coi social e la Rete tramutati in trincee nelle quali si combatte a suon di insulti reciproci, per un problema che investirebbe 15.000 persone...
Renzi ne avrebbe fatto volentieri a meno, ma doveva dare un contentino a quelli di sinistra-sinistra del popolo PD, frustrati da provvedimenti come il Jobs Act, con neutralizzazione del mitico articolo 18, la legge elettorale ad personam (da oggi il "Ronzinum" ) , riforme costituzionali avvertite come autoritarie, senza parlare delle incestuose alleanze di voto con i veramente impresentabili verdiniani ( non pensavo che avrei incontrato soggetti politici peggiori di Sbardella, ma con Verdini mi sono ricreduto).  Stavolta però, osserva Panebianco, il rapporto costi benefici potrebbe essere assolutamente negativo.
Ultima notazione. La chiosa dell'articolo, a commento dell'ipotesi di un indebolimento del governo - " Il giorno in cui emergessero plausibili alternative a Renzi, la cosa risulterebbe meno preoccupante di come appare oggi " - fa ben capire la natura del sempre più moderato e sfilacciato favore del bravo politologo nei confronti del premier.
DI fatto, un male minore.





Le piazze rivali che frenano Renzi
e il Partito della nazione

di Angelo Panebianco



E se le unioni civili fossero il sassolino che frena l’ingranaggio, la banana su cui scivola il Partito della Nazione? Checché ne dicessero i fan di Renzi per incensarlo e i nemici per denunciarne il disegno autoritario, il Partito della Nazione è sempre stato solo una metafora, utile per evocare il tentativo del premier di collocarsi stabilmente al centro del sistema politico, indebolendo le ali (di destra e di sinistra), attirando consensi, e facendoli convergere sulla sua persona, da una direzione e dall’altra. Si trattava e si tratta di mostrare al Paese l’indispensabilità politica di Renzi: o lui o il diluvio. Un disegno lucido che però ha bisogno, per arrivare a coronamento, di un trionfo del premier nelle prossime elezioni politiche.
Fino ad oggi, il disegno è stato perseguito da Renzi giocando su quattro tavoli.
C’è il tavolo dell’economia, del mercato del lavoro, della riforma della pubblica amministrazione, della riduzione mirata delle tasse (finanziate con più debito o con ridistribuzioni del carico fiscale), della contrattazione con l’Europa. Qui il governo gioca la partita del rilancio economico del Paese. Con possibili benefici per tutti, ovviamente. Ma con in più il vantaggio che se gli sforzi del governo funzioneranno al meglio, il premier dovrebbe poter contare sui consensi di una vasta area di elettori che, un tempo, mai avrebbero votato a sinistra.

Il secondo tavolo serve per tenere buono il tradizionale elettorato del Partito democratico (o la sua parte più ideologizzata), per impedirgli di abbandonare Renzi a vantaggio di proposte più radicali. Renzi ha innaffiato, per lo più accortamente, il suo orto tradizionale, lo ha coccolato e blandito su una vasta gamma di temi che vanno dai cosiddetti «diritti civili» (espressione passepartout ormai inflazionata) all’immigrazione, alla politica della sicurezza (è stata anche inventata la guerra politicamente corretta, che è tale non solo se è autorizzata dall’Onu ma anche se è chiamata con qualunque nome tranne il suo).
 
Il terzo tavolo è quello della distribuzione di benefici nella parte inferiore della piramide sociale, là dove si concentrano i redditi più bassi: gli ottanta euro, le assunzioni di precari nella scuola, il contributo — povertà, forse anche il bonus cultura. Con gli ottanta euro (elezioni europee del 2014) l’operazione si rivelò, politicamente parlando, un successo. Vedremo quale sarà l’effetto degli altri provvedimenti.
 
Il quarto tavolo è quello che investe l’indebolimento dei poteri di veto (tradizionalmente fortissimi in Italia): le riforme della Costituzione e del sistema elettorale ma anche un’energica politica di concentrazione a Palazzo Chigi dei poteri di nomina nei gangli vitali della comunicazione (riforma Rai) e dell’economia pubblica. È quest’opera di indebolimento dei poteri di veto che suscita l’accusa a Renzi di autoritarismo da parte degli avversari.
Il disegno è ben costruito, all’altezza di un Paese complesso come il nostro. Però ha antagonizzato due antichi alleati del Partito democratico: la Cgil e la magistratura. Ma se la Cgil è troppo debole per rappresentare un vero problema, la magistratura è altra cosa: il potere politico della corporazione è fin qui dipeso dalla debolezza dei governi. Se si afferma un governo più forte, quel potere politico si ridimensiona.
Nonostante la presenza di tanti nemici, alcuni assai temibili, Renzi, fino ad oggi, non ha fatto troppi passi falsi. Forse l’errore più grande è stato la rottura del patto del Nazareno, con Berlusconi. Dopo di che, egli non ha più potuto giocare su due maggioranze contemporaneamente. E ci sono state ricadute negative su un settore dell’opinione pubblica. Nel complesso, comunque, i risultati, per il premier, sono stati, fino ad oggi, abbastanza buoni. A parte il pericolo (condiviso però con i governi di tutte le democrazie) che la ripresa economica venga bloccata da eventi internazionali imprevisti, e quello rappresentato da un eccesso di conflittualità con l’Unione Europea (ma bisognerà aspettare gli esiti del confronto per formulare un giudizio), i principali fattori di rischio del Paese, e quindi anche del governo, hanno a che fare con il Mediterraneo e il Medio Oriente: il controllo sui flussi migratori da un lato, la difesa dal terrorismo dall’altro.
Ma forse ora, all’ultimo minuto, si è aggiunto, per Renzi, un altro rischio. Ha a che fare con la polarizzazione sulla questione delle adozioni nelle unioni civili. Forse perché ha inizialmente sottovaluto il pericolo, Renzi non è riuscito a impedire la mobilitazione delle piazze contrapposte. E quando le piazze si mobilitano, la radicalizzazione è inevitabile, lo spazio per mediazioni razionali si riduce drasticamente.
A causa della polarizzazione politica in atto, Renzi corre il rischio di lasciare dietro di sé una scia di rancori duraturi. Se cercherà mediazioni in grado di accontentare i cattolici e garantire la costituzionalità della legge (a fronte del presidente della Repubblica e della Corte), Renzi antagonizzerà in modo permanente quella parte della sinistra che è pronta ad accusarlo di tradimento. Se non farà mediazioni, perderà invece la possibilità di catturare il consenso di elettori tradizionalmente non di sinistra.
È persino possibile che la vicenda finisca per alienargli simpatie e sostegni da una parte e dall’altra.
Il conflitto sulle unioni civili può davvero rappresentare il sasso che va a frenare l’ingranaggio. Quanto meno, può indebolire seriamente il governo. Il giorno in cui emergessero plausibili alternative a Renzi, la cosa risulterebbe meno preoccupante di come appare oggi.

Nessun commento:

Posta un commento