domenica 13 settembre 2015

PERCHE' L'ITALICUM E' INCOSTITUZIONALE, SPIEGATO DA UN GIUDICE DELLA CONSULTA

Risultati immagini per io l'avevo detto
Ammettiamolo : è bello sentirsi dare ragione da un (ex) giudice della Corte Costituzionale, specie se il concetto espresso non lo avevi finora letto da nessuna parte ( sicuramente qualcuno lo aveva scritto, ma non lo avevi letto, e quindi è farina del tuo sacco...). Magari qualche lettore con più memoria del Camerlengo ricorda i post in cui abbiamo criticato il premio di maggioranza, strumento che da rafforzamento della governabilità attraverso un "irrobustimento" parlamentare di una comunque rappresentativa vittoria nelle urne è diventato la magia (imbrogio ?) per trasformare minoranze un po' meno sparute in soggetti governanti. E' accaduto a Roma, dove, grazie alla logica del vincitore a tutti i costi, ancorché senza numeri, Ignazio MArino è diventato sindaco con il voto di un romano su cinque...
Ecco, questo disastro (non)democratico lo si vuole replicare in salsa nazionale con l'Italicum.
A suo tempo scrivemmo che una soglia del 40% per far scattare il premio, con un bonus di ben 15 punti, mi sembrava eccessivo ma poteva anche farmelo andar bene, a patto che l'astensione rientrasse dai numeri emorragici che si vanno registrando nelle ultime tornate elettorali. Insomma, il 40% che diventa 55 a fronte di uno schieramento politico che rappresenti ALMENO un elettore su 3, lo digerisco male ma insomma, ce la posso fa.  Ma oltre no.
Il già giudice costituzionale Paolo Napolitano scrive sul Corriere di venerdì scorso le stesse identiche cose, spostando la lente d'ingrandimento sul ballotaggio, ventilando seri dubbi di costituzionalità.
Ebbè un po' di soddisfazione la comprenderete no ?
Ho qualche faticoso amico che aderisce convintamente alla predilezione - recente, perché in passato non è sempre stato così ... - del PD, già DS e PDS, ad un sistema elettivo che privilegi la governabilità alla rappresentanza. Ovvio che la virtù sta ne mezzo. Ma la cosa indigesta, per l'evidente ipocrisia sottesa, è che questa fulminazione sulla via di Damasco è relativamente recente, praticamente dal 2012, con il declino evidente della stella berlusconiana e la probabilità di vincere senza però avere i voti necessari per una maggioranza assoluta. Da quel momento il malefico porcellum, con il suo maledetto premio di maggioranza, divenne animale protetto dal WWF per Bersani prima e Renzi poi.
Nonostante sponsor così illustri, il povero animale cadde sotto la mannaia della Consulta. Renzino prova a riesumarlo, con qualche ritocco, partorendo l'Italicum.
Ma i vizi rimangono, come ben potete leggere nell'articolo che segue, senza contare che la ruota gira...
Piacerà ugualmente un cotal premio quando saranno altri i favoriti a tagliare il traguardo della minoranza più numerosa ?




Premi di maggioranza :
il possibile rischio di incostituzionalità

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 Caro direttore, mentre nelle altre grandi democrazie occidentali i sistemi elettorali costituiscono un dato quasi immodificabile, in Italia, in poco più di venti anni, ve ne sono stati ben tre che hanno regolato lo svolgimento delle elezioni politiche. Ad essi se ne è aggiunto da poco un quarto. Nel 1992 si è infatti votato con il sistema proporzionale, nelle elezioni del 1994, del 1996 e del 2001 con un maggioritario uninominale «ammorbidito» da un 25% di seggi attribuiti col proporzionale e nelle elezioni del 2006, del 2008 e del 2013 con un maggioritario di lista travestito da proporzionale. Dopo che la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità di quest’ultimo, nel 2015 è stato approvato un quarto sistema elettorale, che nelle future elezioni, se si svolgeranno dopo il 1° luglio del 2016, si applicherà solo alla Camera dei deputati.
Il punto più problematico della futura normativa è rappresentato dall’attribuzione del premio di maggioranza alla lista che prevalga nel ballottaggio. È infatti previsto che se la lista non abbia ottenuto al primo turno la percentuale richiesta per l’attribuzione del premio di maggioranza (cioè il 40%) si proceda al ballottaggio tra i due schieramenti che hanno ottenuto il maggior numero di voti e si attribuisca a quello che prevale un premio (pari a 340 deputati) che assicuri la maggioranza assoluta alla Camera.
Anche se si è da più parti affermato che il modello di riferimento è stato quello spagnolo, le caratteristiche che la nuova normativa presenta inducono a ritenere che il Parlamento si sia ispirato al sistema previsto per le elezioni del Sindaco e dei Consigli nei Comuni con più di 15.000 abitanti. Ma vi è una fondamentale differenza tra enti, come i circa 750 Comuni d’Italia cui si applica detta normativa, e quella che verrebbe ad essere l’unica Assemblea legislativa. Il primo passaggio operato dalla legge è stato quello di configurare l’Italia come un unico collegio elettorale. Anche se la legge ripartisce il territorio nazionale in 20 circoscrizioni e in 100 collegi elettorali, occorre tenere presente che quelli sono criteri interni per individuare i candidati che saranno proclamati deputati. Il criterio di ripartizione esterno è, invece, quello del conseguimento della maggioranza relativa. Si prevedono, poi, le due ipotesi che determinano la modificazione genetica della maggioranza relativa in maggioranza assoluta. Se già la prima ipotesi può far sorgere qualche dubbio, in quanto prevedere, per assicurare la governabilità, un premio di maggioranza che può arrivare al 15% dei seggi potrebbe sembrare ai confini delle regole democratiche, dubbi di ben più ampie proporzioni suscita la seconda ipotesi, che l’attuale frammentazione del quadro politico rende probabile che si realizzi. Se al ballottaggio tra due forze che hanno ottenuto al primo turno tra il 20 ed il 25% dei suffragi si recasse alle urne meno della metà del corpo elettorale potrebbe prevalere una formazione politica che ottenga, in cifra assoluta, più o meno lo stesso numero di suffragi conseguiti precedentemente. Si può ritenere una corretta applicazione delle regole democratiche l’attribuzione a questa formazione di un premio di maggioranza superiore al 30% dei seggi? Il ballottaggio non può essere ritenuto uno strumento di per sé legittimante, a prescindere dai voti che ottenga la formazione che in esso prevale.
Già può immaginarsi l’obiezione di chi affermerà che proprio nelle grandi democrazie innanzi citate vi sono leggi elettorali che prevedono sistemi maggioritari in cui viene eletto il candidato che, al primo turno o al turno di ballottaggio, ottiene la maggioranza relativa. Ma vi sono due fondamentali differenze. La prima è che in Italia si è previsto un collegio unico nazionale in cui chi prende al ballottaggio un voto in più ha la maggioranza assoluta. Nel Regno Unito o negli Stati Uniti in ciascun collegio viene eletto chi ottiene più voti, ma i collegi elettorali sono, rispettivamente, 650 per la Camera dei Comuni inglese, 435 per la Camera e 50 per il Senato degli Usa. In Francia, in cui è previsto, nel caso in cui nessuno ottenga il 50% dei voti, un ballottaggio tra chi ottiene almeno il 12,5% dei voti, i collegi per l’Assemblea nazionale sono 577. La differenza è fondamentale, dato che è inevitabile che forze politiche con un limitato seguito bilancino l’eventuale vittoria in un collegio con la sconfitta in un altro.  

La seconda differenza è che mentre nelle democrazie che adottano il maggioritario la circostanza che un partito ottenga la maggioranza assoluta dei seggi è un evento favorito ed auspicato, ma non reso obbligatorio dalla legge, da noi è un risultato che si viene ad imporre forzatamente a prescindere dalla consistenza della forza politica. 
Non si vede, quindi, come si possa sfuggire a ciò che la Corte costituzionale ha già affermato nella sentenza n.1 del 2014, quando ha dichiarato l’illegittimità del premio di maggioranza previsto nella precedente legge elettorale, in quanto si tratta di disposizioni che «producono una eccessiva divaricazione tra la composizione dell’organo della rappresentanza politica ... e la volontà dei cittadini espressa attraverso il voto».
Appare, quindi, necessario, se non si vuole incorrere nel probabile rischio che la nuova legge elettorale sia dichiarata incostituzionale, che la si integri prevedendo che per il conseguimento del premio di maggioranza nel ballottaggio debba almeno essere raggiunta una apprezzabile percentuale di voti validi rispetto a quelli complessivamente espressi al primo turno. Se non scattassero le condizioni per l’attribuzione del premio di maggioranza, non potrebbe che derivarne, stante l’impianto dell’«Italicum», la ripartizione proporzionale dei seggi . 


Paolo M. Napolitano 

Ex giudice della Corte costituzionale

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