martedì 17 novembre 2015

HOLLANDE CHIEDE L'AIUTO DELL'EUROPA. BASTA CHE NON TRATTENGA IL RESPIRO...

Risultati immagini per l'occidente disunito

Obama dice che l'IS, a dispetto del nome, Islamic State, non è uno stato, e quindi non può essere svolta contro di esso una guerra tradizionale, con l'invio di truppe di terra.
Bene, se Dio vuole, manca un anno all'uscita di questo signore dalla Casa Bianca, l'uomo più pavido e inetto in politica estera dopo Jimmy Carter, e quindi c'è speranza che chiunque vinca a novembre 2016 negli Stati Uniti sarà meno imbelle di costui.
Nel frattempo, capisco le crescenti simpatie in Europa per un leader come Putin che non si perde in chiacchiere, e quello che ritiene di dover fare, per la propria nazione, lo fa.
Chi me l'avesse mai detto che sarebbe arrivato un tempo in cui avrei preferito un leader russo ad uno americano !
Hollande dice che la Francia è in guerra e chiede l'aiuto dell'Europa. Sta fresco.
In Italia è stato fatto un sondaggio dal quale risulta che solo un terzo degli italiani sarebbe disposta a combattere per difendere il PROPRIO territorio nazionale. Figuriamoci la Francia !
Ah, tra i giovani questa percentuale di eroi manco per caso aumenta...
Tutti pacifisti convinti..., o forse, molti i vigliacchi.
Mentre in occidente funziona così, nel Kurdistan turco i giovani  curdi a centinaia si mobilitavano per andare a soccorrere i fratelli   iracheni, assediati nella città di Kobane ( con i turchi a bloccarli alle frontiere...).
Angelo Panebianco lo scrive ormai da mesi : noialtri occidentali diamo per scontato tutte le belle cose che ci ritroviamo..democrazia, libertà individuali, anche benessere.
70 anni di pace preponderante ci fanno pensare che la guerra sia solo nei film e nei video giochi, a dispetto del fatto che in tutto il resto del mondo la si combatte, e ora abbiamo qualcuno che ce ne porta qualche cadeaux a casa...
Incredibile : le più grandi potenze della terra si riuniscono a Vienna, il fronte anti ISIS conterebbe, sulla carta, l'adesione di non so quanti stati  sulla carta decisi a eliminare il Califfato, eppure quelli resistono, grazie alle indecisioni, le paure ma anche le convenienze opposte delle parti in campo.
Allons Enfents amici francesi, ma marcerete da soli...
Intanto però un prezzo lo pagheremo, e sarà quello di una diminuzione delle nostre libertà, sia per provare ad aumentare prevenzione e sicurezza, sia sempre per vigliaccheria, per cui verranno censurate tutte le manifestazioni contrarie al cedimento culturale denunciato ormai da tanti, tra cui Galli della Loggia proprio l'altro giorno nell'editoriale citato anche da Panebianco : http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2015/11/belpietro-e-libero-sulla-graticola-per.html





 L’Occidente Disunito

di Angelo Panebianco

Risultati immagini per hollande parla a versailles

Due domande ritornano in molti commenti angosciati dopo la strage di Parigi. La prima riguarda il futuro delle libertà nell’Europa aggredita.Ci diciamo che sono proprio le nostre libertà, levatrici di un modo di vivere che dal loro punto di vista è corrotto e blasfemo, che i terroristi islamici vogliono distruggere, e anche per questo dobbiamo difenderle. È giusto ma, purtroppo, ciò che è vero in linea di principio fatica ad esserlo anche in pratica. Nessuno sa come conciliare libertà e sicurezza nel momento in cui la sicurezza subisca un vulnus così pesante. Nelle guerre convenzionali del passato anche le democrazie erano costrette a ridurre l’area delle libertà (censura, controllo degli spostamenti e della corrispondenza, coprifuoco). Solo quando la guerra finiva si poteva invertire la tendenza.


Le leggi antiterrorismo approvate in Francia e quelle in via di approvazione in molti Paesi europei, ci dicono che andiamo verso restrizioni sensibili della libertà. Dopo Parigi, è difficile che questo processo possa essere bloccato: l’Europa dell’età del terrorismo sarà purtroppo meno libera di quella che abbiamo conosciuto.
Si spera almeno che alla limitazione delle libertà imposta dai governi non si affianchino anche movimenti «spontanei» nella stessa direzione. La paura fa brutti scherzi, spinge al conformismo. Dopo il dolore e lo sgomento dei primi momenti, c’è il rischio che mass media, intellettuali, educatori, scelgano di imporre il silenzio sui temi che più scottano: il contrario di quella battaglia culturale che, giustamente, Ernesto Galli della Loggia (sul Corriere di ieri) ritiene indispensabile per contrastare le menzogne dell’estremismo islamico. La Francia, d’altra parte, prima della strage, aveva già dato prove di disponibilità al conformismo (i processi per islamofobia ne sono un esempio). La combinazione di pensiero politicamente corretto e di paura è una miscela micidiale (non solo in Francia, in tutta Europa), può spingere verso l’imposizione di una censura più implacabile di quella che sarebbe in grado di attuare un governo: alimentata soprattutto dalla paura collettiva. La seconda domanda è collegata alla prima. Avremo la coesione necessaria per fronteggiare coloro che ci hanno dichiarato guerra? Di «guerra» ha parlato il presidente Hollande dopo la strage. Prima di allora (anche dopo l’attentato di Charlie Hebdo ) nessun leader europeo si era arrischiato a usare quella parola.
Guardiamo ai fatti. Ci si rallegra giustamente perché al vertice del G20 in Turchia, americani e russi sembrano avere trovato un accordo per contrastare lo Stato Islamico. E anche perché nei colloqui di Vienna fra le parti interessate sia iniziato un percorso — che tutti sanno comunque in salita — per trovare una soluzione diplomatica alla questione siriana.
In tempi di disperazione è giusto aggrapparsi a qualunque cosa. Ma non si possono nascondere le difficoltà. Sulla carta, la posizione di Obama è giusta: lo Stato Islamico (sunnita) deve essere sconfitto soprattutto dai sunniti. Se fossero le potenze occidentali più la Russia, più l’Iran sciita, a distruggerlo, sarebbe difficile non antagonizzare i sunniti, che sono maggioranza nel mondo islamico. In pratica, è però difficile, ad esempio, che l’Iran accetti di svolgere un ruolo secondario. Altrettanto difficile è che certi Stati sunniti (come la Turchia, nemica di quei curdi che, unici sul terreno, combattono il Califfato) si impegnino a fondo in questa guerra.
La coalizione militare è troppo ampia e troppo diversificati sono gli interessi. Forte resta anche, come sempre nelle coalizioni ampie, la tentazione dello «scaricabarile» (spostare su altri il peso della guerra). Senza contare che oggi lo Stato Islamico è, grazie a un’inerzia durata troppo a lungo, molto più forte di ieri. E la sua gramigna si è diffusa in molti luoghi.
Se la grande coalizione anti Stato Islamico resta più fragile di come la si vorrebbe, che dire poi di quel vaso di coccio che è l’Europa? Hollande, consapevole che Obama non è disposto a fare molto più di quello che sta facendo, con una mossa a sorpresa, anziché appellarsi all’articolo 5 della Nato (che impone ai membri dell’alleanza di soccorrere militarmente l’aggredito) ha richiamato per la prima volta una norma europea (l’articolo 42 del Trattato) chiedendo l’aiuto (militare) dei partner dell’Unione. È difficile pensare che ciò possa avere un seguito. Ad esempio, né la Germania né l’Italia, verosimilmente, sono pronte a un impegno di quella portata. Prima di pensare a una cosa del genere, occorrerebbe ottenere (ma è assai difficile) una maggiore coesione non solo fra gli Stati europei ma anche all’interno di ciascuno di essi.
È più probabile che l’Europa, in breve tempo, sia di nuovo pronta a dividersi fra due fronti ugualmente insensati; da un lato, il fronte di chi vuole fare di tutta l’erba un fascio, prendersela con tutti i musulmani (sarebbe un favore allo Stato Islamico, getterebbe fra le sue braccia anche gente che avrebbe fatto altro) e, dall’altro lato, il fronte di chi pretende di trattare l’estremismo terrorista come un fatto estraneo all’islam e comunque isolato. Come la prima, anche questa seconda posizione si risolve in un favore per gli estremisti: impedisce di mettere a nudo, e combattere, le affinità cultural-ideologiche fra la minoranza jihadista e settori più ampi del mondo musulmano. Se quelle affinità non ci fossero, ad esempio, non ci sarebbero stati (come osservava Giles Kepel sul Corriere di ieri), i tanti consensi registrati a suo tempo nel mondo islamico per l’azione contro Charlie Hebdo . Né certi giornali del mondo arabo avrebbero potuto permettersi in questi giorni di pubblicare vignette satiriche contro la Francia aggredita.
Dallo scontro fra due insensatezze non nasce nulla di sensato. L’Europa, se non vuole essere sconfitta, deve imparare ad essere più intelligente di così.




Nessun commento:

Posta un commento