La Stampa ne fa un breve ritratto, tramite le parole dei suoi amici e cari, descrivendo gli ultimi momenti di una brevissima vita, nella quale però la giovane ragazza di Venezia, a Parigi con una borsa di studio, ha fatto in tempo a mostrarsi brava e generosa.
Che la terra ti sia lieve, Valeria.
La volontaria che rimpiangeva la “sua” Italia: chi era Valeria Solesin, tra i morti del Bataclan
Gli amici: si era conquista ogni millimetro della sua vita. La madre: era una cittadina meravigliosa
ANSA
Valeria Solesin col fratello Dario che ieri ha postato la foto su Facebook
inviato a parigi
Certe ragazze non escono con la borsa. È un impiccio. Valeria Solesin era così. Aveva 28 anni. «Un’amica stupenda. Libera. Piena di idee e di forza. La migliore studentessa del mio corso alla Sorbona. Era molto impegnata nel sociale, non solo con Emergency. Avevamo parlato a lungo della questione del terrorismo, soprattutto dopo l’attentato a Charlie Hebdo. Era contraria a qualsiasi guerra, a qualsiasi intervento militare».
La notizia ufficiale è arrivata ieri all’ora di pranzo. È stato il padre a spazzare via gli ultimi dubbi. «Nostra figlia è morta», ha detto Alberto Solesin. Quando venerdì sera, insieme al fidanzato Andrea e due amici arrivati apposta dall’Italia, erano entrati al Bataclan per il concerto, lei aveva chiesto all’amica di tenerle il portafogli con i documenti. Era senza borsa. Ecco perché è stata difficile l’identificazione. Ecco perché si era sperato che fosse in ospedale.
L’amica si chiama Chiara Ravegnani, è la sorella di Andrea: «Siamo stati noi ad insistere per quel concerto. Io e il mio ragazzo siamo andati sotto il palco, Valeria e Andrea sono rimasti dietro». I primi accertamenti raccontano che Valeria Solesin è stata colpita alle spalle da una raffica di mitra. Nel panico di quei minuti tremendi si sono persi. Chiara Ravegnani ricorda: «All’inizio ho scambiato gli spari per un effetto scenico, come se facessero parte del concerto. Ma poi mi sono ritrovata gli occhiali sporchi di sangue». Andrea è sotto choc: «Non so dire come siano andate esattamente le cose. Valeria era accanto a me, poi non l’ho più vista». Vivevano insieme a Parigi, rimpiangendo l’Italia.
Si erano conosciuti a Trento durante l’università. Da pochi mesi lui aveva seguito lei, perché lei aveva una strada davanti. «Valeria si era conquista ogni millimetro della sua vita», ricordano gli amici. «Era tosta. Aveva studiato tantissimo. Era ricercatrice all’Ined della Sorbona, la sua era una borsa di studio molto prestigiosa. Studiava le comparazioni fra le famiglie italiane e francesi, cioè lavorava studiando anche un po’ il suo caso». Aveva rimpianti? «Abitava a Parigi da quattro anni e stava vivendo il suo sogno. Ma certo, le sarebbe piaciuto molto poter avere la stesse possibilità in Italia».
«Era una cittadina meravigliosa» ha detto la madre Luciana Miliani. Forse la madre pensava a tutto l’impegno profuso da Valeria Solesin in questi anni. Non solo per se stessa. Gino Strada, fondatore di Emergency, l’ha voluta ricordare su Facebook: «Ciao Valeria, grazie».
A Parigi c’è un’amica in lacrime che si chiama Ann Kiragu: «Ci siamo visti proprio venerdì 13, il giorno del massacro. Valeria è venuta ad aiutarmi per discutere la mia tesi di dottorato. Era bravissima, pensava sempre anche agli altri. Ogni volta che discutevamo di questioni politiche si appassionava. Diceva che l’unico modo per rispondere alla guerra era la pace. Questa era la sua visione del mondo. Pace, soltanto pace».
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