Non potevano esserci dubbi che un fiero liberale come Ostellino avesse in uggia le tasse, che invece piacciono - specie se sono gli altri a pagarle - a certa sinistra.
Quindi nessuna sorpresa nel leggere l'articolo che sull'argomento pubblica sul quotidiano Il Giornale, dove i concetti espressi, peraltro, sono quasi banali nella loro triste, conosciuta verità.
Magari però potrà far piacere ai pochi valorosi che si battono contro il tassificio dello stato italiano l'esplicito endorsement di un uomo di valore intellettuale generalmente riconosciuto qual è senza dubbio Ostellino.
Buona Lettura
L'unica rivoluzione da fare è quella sulle tasse
Uno Stato che massacra la società civile di tasse ne impedisce lo sviluppo e la crescita e fa un danno anche a se stesso (perché, dalla mancata crescita, incasserà meno tasse)
Uno Stato che massacra la società civile di tasse ne impedisce lo sviluppo e la crescita e fa un danno anche a se stesso (perché, dalla mancata crescita, incasserà meno tasse)
È un gran brutto sintomo che lo Stato faccia pagare due euro e cinquanta a ogni viaggiatore che si imbarca su un aereo in partenza dall'Italia.
È doppiamente brutto perché è una tassa suppletiva per far fronte a una nuova voce di spesa che lo Stato non riesce ad affrontare tenendo i suoi conti in ordine con la fiscalità ordinaria, oltre tutto la più alta e vessatoria d'Europa. Uno Stato che si rispetti, e che non sperperi le tasse che fa pagare ai suoi cittadini, dovrebbe essere in grado di avere i conti in ordine unicamente con le tasse ordinarie e straordinarie che incassa. Dove vanno a finire tutti i soldi incassati dalla fiscalità ordinaria e straordinaria? Che fine fanno?
Certo, se - soprattutto al Sud - il pubblico impiego è una forma di occupazione per far fronte alla mancanza di lavoro senza obbligo di lavorare, perché il Paese non si sviluppa e non cresce, è inevitabile che i conti non tornino e che, per ogni spesa, lo Stato, non avendo i soldi per affrontarla, vada a caccia di una «copertura finanziaria» (leggi nuove tasse). Con la sconfitta del fascismo, abbiamo ereditato lo Stato fascista con una spruzzatina di sovietismo costituzionale. Risultato. Uno Stato che massacra la società civile di tasse ne impedisce lo sviluppo e la crescita e fa un danno anche a se stesso (perché, dalla mancata crescita, incasserà meno tasse).
A questo punto, dovrebbe provvedere il governo - che pure aveva promesso di ridurre le dimensioni della Pubblica amministrazione, e non l'ha fatto - se fosse davvero intenzionato e capace di farlo e non raccontasse solo balle. Ma non pare che sia il nostro caso.
Così, come ha scritto questo giornale - il solo a farlo - aumenta la fiscalità suppletiva che si aggiunge a quella ordinaria, facendo dell'Italia un Paese invivibile e incapace di crescere. Se non fosse soffocata dalle tasse, la società civile sarebbe probabilmente in grado di provvedere a se stessa e, con la fiscalità ordinaria e straordinaria, al bilancio dello Stato. Ma lo Stato moderno è diventato l'erede, in nome del popolo, del monarca assoluto, che comminava tasse a propria discrezione. L'illuminismo ha cancellato le monarchie assolute e fondato lo Stato moderno. Ma il cittadino è rimasto nelle stesse condizioni di prima. Sotto le monarchie, rispondeva, con la fiscalità, al monarca, che imponeva le tasse a propria discrezione; in democrazia, risponde al popolo, che del monarca ha preso semplicemente il posto sotto il profilo fiscale attraverso suoi rappresentanti. Nel nome del popolo, e della sua libertà, quanti crimini vengono commessi al giorno d'oggi...
Gli Stati Uniti sono nati da una rivolta fiscale contro il fiscalismo del colonialismo inglese. Forse (forse) è venuto il momento che anche gli italiani imparino a rivoltarsi a un Stato che li massacra di tasse.
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