venerdì 10 giugno 2016

RENZI : "CE L'HANNO TUTTI CON ME". LO STRANO PIANTO DI CHI HA SEMINATO TEMPESTA



Bè, è una giornata in cui non trovo argomenti originali da proporre. Sul Corriere della Sera c'è una lunga intervista al premier che definire noiosa è essere buoni.
In un altro articolo, si osserva come l'uomo, renzino, soffra forse di un eccesso di esposizione mediatica, e siccome la stessa non è gestita con grande simpatia - che all'interessato manca, con il gusto toscano per la battuta sempre declinato al sarcasmo cattivo - ecco che da più parti la sensazione che la stagione renziana possa essere più breve del preventivato inizia a crescere.
Certo, se il PD renziano soffre, gli altri stanno tutt'altro che bene, e anche i grillini, che gridano al trionfo per i risultati di Roma - dove vinceranno - e Torino, dove clamorosamente potrebbero farlo, non è che complessivamente mietano tutto questo risultatone.
Come scrivevo nei giorni scorsi, quello che più colpisce è come Matteo Renzi sia riuscito ad alienarsi ben più della mezza Italia che, ai tempi, odiava Berlusconi.
Sicuramente il putto toscano non suscita sentimenti livorosi, addirittura patologici, come invece accadeva al Cavaliere ( e meno male). Lì però la spaccatura era al 50% : berlusconiani e anti, con una folta minoranza di allibiti (di cui facevo parte) per la deriva globale della politica in Italia.
Oggi Renzi ha dalla sua sì e no la maggioranza del PD, quindi, a voler essere buoni, un 20% dell'elettorato italiano complessivo (astenuti compresi).  Quel 20% poi può tornare utile per vincere le varie competizioni elettorali, perché gli altri, lo abbiamo detto, stanno pure peggio, ma il consenso per l'attuale premier è veramente minimo, in questo momento.
Lui punta molto sul referendum costituzionale, e anche lì la partita si è complicata. Prima sembrava dovesse essere un passaggio trionfale, un po' come al Giro d'Italia l'ultima tappa con l'arrivo a Milano : mera passarella.
Oggi non più. Il NO risale nei sondaggi e l'astensionismo, che pure non invaliderà il risultato referendario, qualunque esso sia, si aggiungerebbe, se elevato, a rendere di Pirro l'eventuale vittoria dei SI'.   Ve la immaginate una riforma costituzionale approvata da un italiano su 5 ? Non proprio un successone, politicamente parlando.
E comunque i ballottaggi del 19 giugno potrebbero confermare quello che ormai si va scrivendo da più parti : l'Italicum, la legge elettorale cucita su misura da Cattaneo per il premier dopo l'exploit illusorio delle europee 2014, FA DIFETTO...
Le alleanze contro, anche incestuose, perché tra gente che ha poco o nulla in comune, potrebbero essere nefaste al partito che ha la "migliore minoranza", per ricordare le infelici espressioni di un Sabino Cassese o di un Angelo Panebianco. 
A mio avviso il test più significativo sarà Milano, e non solo per l'importanza della città, la "capitale morale".   Se i grillini favoriranno Parisi, esattamente come quelli di destra, probabilmente, premieranno più Raggi e Appendino, a Roma e Torino, allora la (poco) santa alleanza contro renzi sarà un fatto, e in un Italia tripolare, se due poli si saldano contro il terzo, non mi pare ci possano essere dubbi sul risultato finale.
La cosa non mi rallegra. Non ho alcuna simpatia per Renzi, è risaputo, e credo che le sue riforme, per lo più - eccezioni ce ne sono - siano compromessi al ribasso, con più errori che cose buone.
Però i grillini, proprio come programma, hanno soluzione per me inaccettabili in vari campi cruciali, quali la giustizia ( spalmati sui magistrati sceriffi ) e l'economia ( il reddito di cittadinanza, per dirne una, ma anche in campo fiscale) e quindi alla Santa Alleanza non mi iscrivo.
Ma potrei astenermi, se la spocchia renziana e dei suoi mi esasperasse ulteriormente (siamo già a livelli di guardia) e se altri facessero come me, tra i cd. "moderati" e "liberali", il cd. partito della Nazione morirebbe in culla, e l'Italia conoscerebbe veramente i grillini al potere, grazie proprio a quell'Italicum, parto di una mente poco saggia (o troppo furba) che consegnerebbe l'intero potere legislativo ed esecutivo ad un partito, vincitore al ballottaggio, che magari avrà avuto il consenso del 15% dei cittadini aventi diritto al voto.
Sul tutti contro Renzi, propongo la riflessione di Carlo Fusi, del Dubbio


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di Carlo Fusi 

Da Renzi contro tutti a tutti contro Renzi

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Una frase, una sola, per capire? Eccola: il primo turno delle amministrative ha clamorosamente trasformato lo scenario politico italiano, con il risultato che lo schema “Renzi contro tutti” si è rovesciato nel suo contrario: “Tutti contro Renzi”. E’ questo il titolo del film che da adesso in poi verrà proiettato sul palcoscenico del potere, e che resterà in locandina fino all’inizio dell’autunno, quando si svolgerà il referendum costituzionale. Cosa significa? Semplice.

La strategia per recuperare nei ballottaggi, va bene. Gli input da dare ai candidati, d’accordo. La scossa al partito perchè smetta di autoaffondarsi, ok. Tutto giusto, tutto obbligato. Di più: necessitato. Però il bubbone che covava sottopelle e che le urne di domenica scorsa - con annessa «delusione» manifestata dal presidente del Consiglio nonché segretario del Pd - hanno portato in superficie riguarda la vera partita politica che è in atto e che tutti adesso vogliono giocare a carte scoperte, la partita dal cui risultato dipendono gli equilibri presenti e futuri e in definitiva il modo in cui l’Italia gestirà i prossimi anni. Una partita il cui bottino, perciò, ha un nome solo: Matteo Renzi e la sua poltrona a palazzo Chigi. E che ha uno spartiacque obbligato: lo scontro senza possibile pareggio tra il Sì e il No sulla riforma Boschi. È lì, infatti, che la Santa Alleanza dei “Tutti contro Renzi” aspetta al varco il premier per infliggergli una sconfitta simile a quella di Napoleone a Waterloo.Spedito frettolosamente in soffitta il refrain “bisogna eleggere i sindaci e non il governo”, ciò che il secondo turno tra due domeniche renderà palese è il rapporto di forza, il tipo e la potenza delle armi di distruzione di massa in mano ai due eserciti che si fronteggeranno tra una manciata di settimane, in autunno.
Come sia avvenuto che ciò che nei calcoli a tavolino doveva essere il trionfo annunciato di Renzi: il cambiamento delle istituzioni vanamente inseguito da decenni, vero e proprio supplizio di Tantalo di generazioni di leader politici, si sia trasformato in una battaglia incerta e per nulla scontata, è merito - o colpa dipende dai punti di vista - degli elettori che domenica scorsa hanno scosso dalle fondamenta i pilastri della narrazione renziana che da due anni e mezzo troneggiava praticamente in solitaria sul palcoscenico della politica italiana. Ebbene, se la posta in palio è chiara, resta da stabilire qual è il percorso che porta al successo. C’è chi addirittura profetizza, forse memore del D’Alema sbaragliato dal voto regionale del 2000, che se il 19 il Pd si ritrova sconfitto in tutte e tre le più importanti città, cioè Milano, Roma e Torino (Napoli è già andata), Renzi si presenterà dimissionario.

Fantapolitica. Le dimissioni però, non il risultato elettorale. Perché pur con tutte le cautele del caso, è innegabile che la rimonta di Giachetti a Roma abbisogna di assai più del “mezzo miracolo” reclamato dal premier. Che a Milano c’è un testa a testa che non consente ottimismi. E che a Torino il vantaggio di Fassino è certamente ampio, ma l’appeal della grillina Chiara Appendino minaccia di fare strage di consensi. Proprio la campagna elettorale del ballottaggio può diventare spia dei posizionamenti in atto, prova generale dell’Alleanza anti-refendaria: spuria, impropria e brancaleonesca quanto si vuole ma non per questo meno agguerrita e, agli occhi di palazzo Chigi, inquietante.

Il reticolo delle manovre di avvicinamento è visibile in controluce. I Cinquestelle, fedeli al loro costume e forti dello sfondamento a Roma, si inalberano se qualcuno insinua aiutini non programmati. Però è vero che proprio la Raggi, in teoria quella che ne avrebbe meno bisogno, ha specificato che chi accetta il programmma pentastellato «è libero di votarci». Sul fronte opposto, Matteo Salvini annuncia senza remore che voterà i candidati grillini, mentre la fida Meloni si limita a sorridere senza che sulle sue labbra compaia la parolina “mai”. Perfino Marchini traccheggia: nessun apparentamento, è la parola d’ordine. Però se giocoforza e ufficiosamente si deve intavolare una trattativa, visti gli undici punti di distacco tra Raggi e Giachetti, l’interrogativo con chi farlo diventa pleonastico. E Berlusconi? La posizione l’ha espressa direttamente l’ex Cav prima del ricovero: scheda bianca.
Tuttavia per chi proprio non ce la fa a tenere la matita elettorale a posto, lo stentoreo sussurro di Renato Brunetta: «Mai con la sinistra», può tornare utile.

I risultati, e le manovre che li precedono, conteranno. Ma in ogni caso le truppe sono mobilitate e la consultazione popolare sempre più assume i contorni di un’ordalia. Il merito della riforma è un pallido ricordo, i richiami dei tanti professori nell’una o nell’altra metà campo schierati sono destinati a rimanere inascoltati: troppo ghiotto è il boccone politico; troppo alta la possibile vincita.

Tutti contro Renzi è una sirena che canta in maniera così suadente che è impossibile resistergli. Renzi può ordinare ai suoi di tapparsi le orecchie, è vero. Ma così il rischio di restare sordo anche ai richiami dell’elettorato si fa altissimo.

1 commento:

  1. Mi domando, e non trovo la risposta, QUANTO sia "ragionata" l'avversione a Renzi e qunato invece sia invece quell'unirsi al coro generale per non sfigurare .

    Personalmente non sono tra gli entusiasti. Ci sono dei punti non indifferenti sui quali lo critico ma in tutta onestà non me la sento di condannarlo senza appello ne di auspicare che venga al più presto tirato giù "prima che faccia altri danni" per due motivi.

    Chi lo vuole tirare giù sta messo anche peggio
    di lui che pure i suoi problemi interni al partito li ha, e grossi. Poi perché stride con la logica che chi lo vuol buttare giù in passato ha tutt'altro che brillato.

    Insomma, buttarlo giù mi potrebbe star bene ma per favorire quello che non si palesa all'orizzonte, ovvero un'alternativa vera .

    Che tristezza

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