venerdì 12 agosto 2016

QUANDO LEGGO QUELLI DEL SI, MI CONVINCO SEMPRE PIù DEL NO.

Risultati immagini per referendum costituzionale

Roger Abravanel è un alfiere della Meritocrazia, e per questo lo leggo sempre con interesse, per lo più trovandomi a condividere il suo pensiero.
Stavolta non è accaduto. Non sono d'accordo praticamente in nulla del suo endorsement sperticato per  Renzi e la sua riforma costituzionale, addirittura descritta come la madre di tutte le riforme.
Come se, approvata quella, i veri cancri dell'Italia, vale a dire Burocrazia e Statalismo invadenti e velenosi, guarissero , o comunque potrebbero veramente essere avviati a guarigione.
Siccome ormai mi ritengo un esperto di Italicum, rimango piuttosto basito nel vedere l'analista tranquillamente riportare, e quindi riconoscere (oddio, sarebbe difficile altrimenti) come si tratti di una legge elettorale che può tranquillamente dare la maggioranza assoluta ad una forza politica che rappresenta solo il 20% dell'elettorato (da noi non è cosa solo possibile,  è ancor più che probabile !)  , con il pregio di avere un governo finalmente solidissimo e decisionista.  Chi scrive ha da sempre preferito il presidenzialismo al parlamentarismo, quindi l'idea di un esecutivo solido non è vista come una iattura, piuttosto il contrario.
Però questo esecutivo deve avere un livello di consenso decente, per poter parlare di democrazia. E il 20% NON lo è.
Semplice no ?
Leggere poi uno come Abravanel parlare di inciuci, ricorrendo allo stolido argomento di gente come boschi, serracchiani, guerini ( tutti minuscolo) , i più conosciuti ventriloqui di renzino, fa cadere le braccia.  SE una forza politica NON HA un consenso decente per governare da sola, può mai una legge elettorale supplire ad un deficit così serio ? Dovrà, esattamente come accade in Germania, ieri in GB, domani in Spagna, trovare e fare alleanze di governo.
Si chiama democrazia Abravanel, non inciucio.

Sul resto, non condivido nemmeno la bocciatura del federalismo. E' assolutamente vero che la riforma del Titolo V fatta da Prodi e compagni non ha funzionato, anzi è stata un disastro ed è bene tornare sui passi sciaguratamente compiuti, però l'idea federale, che maggiormente responsabilizzi i cittadini e le istituzioni locali, non è sbagliata di per sé, e Luca Ricolfi ne ha ampiamente e vanamente scritto.
Può capitare di pensarla diversamente, ma a volte le diverse posizioni sono rappresentate in maniera così rozza e/o faziosa, che si rimane sorpresi e delusi se accade con persone precedentemente stimate.



Riforma costituzionale, un sì che va spiegato meglio

di Roger Abravanel

 Risultati immagini per referendum costituzionale

Si è inasprita la campagna per il No al referendum costituzionale di molti politici dell’opposizione e costituzionalisti che denunciano il rischio di una «deriva autoritaria» di Matteo Renzi. Dopo l’Italicum, che consente una maggioranza parlamentare con il 20 percento dei voti, si propone di eliminare il bicameralismo «perfetto» che, secondo loro, è oggi una garanzia per avere i giusti «pesi e contrappesi». Il premier viene poi accusato di «ricattare» il Paese, perché minaccia di fare cadere il governo, qualora il referendum non fosse approvato.

Il governo e i suoi più diretti sostenitori hanno risposto evidenziando i meriti «pratici» della riforma come quello di accorciare l’iter delle leggi e ridurre il costo della politica. Ma non sono le vere ragioni per il Sì. Chi scrive non è un politologo né un costituzionalista, ma un osservatore delle economie e democrazie mondiali che ritiene che siamo entrati in un’era in cui la politica conta più della economia; ne è prova il fatto che, nonostante le banche centrali abbiano da tempo azzerato i tassi di interesse, gli investimenti privati non ripartono, dimostrando una crisi politica di fiducia nelle istituzioni. Per questo, il vero valore del referendum è l’opportunità di riformare la democrazia rappresentativa, risultato di una serie di mezze riforme abortite che hanno portato a parlamenti con pochissima credibilità. L’Italicum permette a chi vince le elezioni di governare senza «inciuci» ed essere responsabile verso gli elettori.

L’eliminazione del bicameralismo paritario «perfetto» (il termine esiste solo da noi) prevista dalla riforma non rende solo la macchina legislativa più efficace, ma soprattutto evita il rischio di cui l’accusano i suoi detrattori, ovvero l’ulteriore indebolimento della democrazia parlamentare. Una sola Camera con una maggioranza parlamentare «forte» (grazie all’Italicum) rappresenta un «contrappeso» molto più forte di due Camere con maggioranze ottenute con «inciuci» e 20 assemblee regionali. È vero che sarebbe composta da parlamentari dello stesso partito del premier ma nel Regno Unito dove c’è una sola vera Camera perché i Lord contano pochissimo, la maggioranza conservatrice ha sostituito i conservatori Thatcher e Cameron.

C’è dell’altro. La proposta di modifica dell’articolo V che toglie alle Regioni responsabilità come il lavoro e l’ambiente riconosce che il federalismo da noi non ha senso, non siamo né gli Stati Uniti né la Svizzera dove lo Stato federale è nato dopo gli Stati e i Cantoni, dei quali il Senato rappresenta gli interessi. Da noi, la tradizione storica e amministrativa hanno sempre avuto come campioni i Comuni, non le Regioni. Noi siamo più simili alla Francia e al Regno Unito, dove lo Stato è molto più accentrato e quindi il Senato e la Camera dei Lord contano poco o niente. La vera critica alla riforma è che lascia ancora troppo ruolo alle Regioni in aree essenziali per i cittadini come la sanità dove molte di loro hanno clamorosamente fallito.

La riforma, nonostante le sue imperfezioni, potrebbe veramente essere la «madre di tutte le riforme», dato che tenta di fare funzionare per la prima volta dopo anni la democrazia parlamentare. Riformarla è l’unico modo per salvarla, permettendo alla politica di affrontare finalmente quelle riforme impopolari che i leader politici hanno sempre evitato (lotta all’evasione fiscale, meritocrazia nella Pubblica amministrazione, riforma della sanità). L’alternativa sarebbe la continuazione della stagnazione economica e dell’ineguaglianza che porterebbero a una vera «deriva autoritaria» nazionalista e anti-Europa o alla utopia di una democrazia diretta che Brexit ha dimostrato non funzionare. E chi conosce l’economia sa benissimo che Mps non si salva con meccanismi di mercato chiedendo ai cittadini via Internet come farlo.

Fa quindi benissimo il premier a dire che si dimetterà se la riforma non viene votata, esattamente come ha fatto Cameron dopo Brexit. Purtroppo esiste oggi anche da noi il rischio che gli elettori votino contro i loro interessi come hanno fatto gli inglesi perché stiamo assistendo anche da noi alla contrapposizione tra chi è dentro il «sistema» e chi è fuori. E Matteo Renzi è percepito come parte del «sistema» anche se non ha nessuna colpa dei disastri combinati dalle classi dirigenti passate. Così nasce il paradosso. Renzi vuole rafforzare la democrazia restituendo legittimazione al Parlamento e non indebolirla, ma molti elettori pensano invece che punti nella direzione opposta.

Si tratta di un paradosso essenzialmente comunicazionale. Oggi anche chi intende votare Sì, lo fa in gran parte per paura della crisi economica conseguente a una possibile crisi di governo. Raramente comprende il dibattito tra i costituzionalisti del Sì e quelli del No. Non capisce i vantaggi di eliminare il «ping pong elettorale». La «riduzione dei costi della politica» non entusiasma, perché gli stipendi di un centinaio di senatori contano poco sul deficit complessivo del bilancio; si rischia di relegare così la «madre di tutte le riforme» a un paragrafo della Spending review. Qualche giorno fa ho spiegato su questo quotidiano come la eccessiva semplificazione della comunicazione su una giustissima riforma come gli 80 euro la abbia ridotta a una «mancia» agli occhi di molti cittadini.Il rischio che questo si ripeta anche nel caso della riforma costituzionale è altissimo. Senza una decisa svolta comunicazionale, la «Renxit» è oggi una quasi certezza.

1 commento:

  1. E se non fossi il solo a pensare di votare "SI" ? E se invece fossi in buona compagnia ?

    Partendo dal presupposto che i lavori inerenti a questa riforma vanno avanti da tempo e senza mai "stringere" io penso, e magari sbaglio, che sia ora di iniziare a cambiare sto paese. Troppo poco ? Rabberciato ? Ci vorrebbe di più (il solito famoso-fumoso "benaltrismo) e andrebbe fatta a larga maggioranza (aspetta e spera).

    Percepisco soltanto tanta ipocrisia e convenienza politica spiccola.......levantina.

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