mercoledì 14 dicembre 2016

GLI SPERGIURI DEL PD CHE AVEVANO PROMESSO DI RITIRARSI

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Il governo Gentiloni esordisce e francamente gli articoli di questi giorni, rappresentanti il tristissimo quadro della classe politica seduta in parlamento, favoriscono una certa nausea, il che non è bene in vista del Natale, dove lo stomaco dovrebbe arrivare in buone condizioni in previsione di piacevoli stress luculliani.
In un'ipotetica hit parade del peggio, è facile assegnare il primo posto : Maria Elena Boschi. 
Come il premier - del resto ne è sempre stata fedele ventriloqua, salvo recentemente dove si è scoperto che una personalità propria ce l'ha, quella utile a conservare una poltrona - la madonnina infilzata aveva giurato di abbandonare la politica in caso di bocciatura del referendum.
Certo, non è stata la sola, e meritoriamente l' Huffington Post italico pubblica un articolo (andate sulla pagina : trovate tutti i video che riportano gli spergiuri al momento della solenne promessa ! ) dove elenca i tanti che avevano annunciato la loro "diversità" dall'antropologia politica tradizionale (dove si fa politica, per lo più di basso livello, fino alla morte o all'alzheimer) e quindi il loro ritiro o dimissioni in caso di vittoria del NO.
Di Renzi si sa - e almeno lui si è dimesso, senza accettare reincarichi, ancorché venga accusato di aver mandato un avatar a Palazzo Chigi...- , della Boschi si è detto, ma l'articolo cita anche quella sorta di giuda democristiano che è Franceschini (chiedere a Letta) e i meno noti Carbone e Valenti (addirittura assurta a Ministra !!).
Ieri parlando con un mio caso amico dell'assemblea nazionale pd, l'ho sentito dire che alla fine c'è poco da fare : la gente è poi quella che vota Brexit, Trump e ora NO.  Ho contato fino a 1000, mi sono ricordato che il Natale è vicino  e che lui è e resta un amico caro e anche intelligente. Pazienza se qualche volta se ne esce come i dolori.
Però se la gente è così, i suoi amici di partito, quelli appena citati, sono molto, ma molto, e aiutatemi a dire molto, PEGGIO.
Buona Lettura

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Tutti quelli che: "Se vince il No lascio la politica" e che sono ancora lì: Matteo Renzi, Maria Elena Boschi, Ernesto Carbone e...

L'Huffington Post  |  Di Claudio Paudice

 

       VINCE NO

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Il "cambia verso" , questa volta, vale la poltrona. Durante i mesi che hanno preceduto il referendum costituzionale del 4 dicembre, in tanti hanno promesso che avrebbero lasciato la politica se la riforma fosse stata bocciata dai cittadini. Sono volati annunci eclatanti e frasi ad effetto come "ci metto la faccia", "si chiude bottega", "ce ne assumiamo la responsabilità", "non campo di politica". E ora che quasi 20 milioni di elettori hanno bocciato senza appello il testo di riforma che porta la firma Boschi, sono ancora tutti lì. Maria Elena Boschi in primis: l'ex ministra del Governo Renzi, "madrina" delle riforme (sia quella costituzionale già cassata dai cittadini, sia la legge elettorale che potrebbe uscire dalla Corte Costituzionale rimaneggiata) è uscita da Palazzo Chigi dalla porta laterale dopo che Matteo Renzi ha rassegnato le sue dimissioni. Salvo poi rientrarci da quella principale, in qualità di sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio.

Eppure fu lei, intervistata a In mezz'ora da Lucia Annunziata, a non lasciare spazio a dubbi. "Anche io lascio se Renzi se ne va: ci assumiamo insieme la responsabilità. Abbiamo creduto e lavorato insieme ad uno stesso progetto politico". Alla cerimonia di giuramento al Quirinale della nuova (si fa per dire) squadra del governo guidato da Paolo Gentiloni, lei c'era.

Maria Elena Boschi non è l'unica a essersi rimangiata la parola. Il renziano super attivo su twitter Ernesto Carbone, a precisa domanda di Myrta Merlino, conduttrice di L'Aria che tira su La7, risponde "Sì, lascio la politica. Non si tratta di personalizzare il referendum, si tratta di essere seri. Per vent'anni abbiamo sentito quelli che 'io avrei voluto...' e alla fine nessuno ha mai fatto nulla. Quando tre anni fa iniziò la legislatura, il presidente Napolitano chiese tre cose: riformare la costituzione, cambiare la legge elettorale e gestire la crisi economica. Nasce questo governo con questo impegno". E quindi, se non fosse riuscito a cambiare la Carta costituzionale "è certo che vado a casa, perché vuol dire che ho fallito: grazie a Dio non campo di politica, nella vita ho un lavoro". A 10 giorni dall'esito del referendum, ancora non è giunta notizia di dimissioni di Carbone da deputato.

Il ministro ai Beni Culturali Dario Franceschini in un'intervista a Repubblica dichiarò che, in caso di vittoria del No, "si chiude bottega". Finisce l'esperienza del Governo e finisce anche la Legislatura, in sintesi. E invece l'ex ministro alla Cultura con Renzi è l'attuale ministro alla Cultura con Gentiloni. Non ha dovuto neanche cambiare ufficio. "Non è una minaccia, non è una personalizzazione. A me sembra una con-sta-ta-zio-ne", sillabava a Repubblica. "Questo governo, ed è agli atti, nasce per fare le riforme. Se le riforme non si fanno chiude bottega il governo e chiude anche la legislatura, mi pare ovvio. Anche perché non stiamo scegliendo tra due riforme diverse, che è il tema più surreale usato da alcuni costituzionalisti. Stiamo scegliendo tra la riforma e niente".

È poi il turno di Valeria Fedeli, allora vicepresidente del Senato, che sempre a L'Aria che tira, parlando di una ipotetica vittoria del No, affermò di "non essere attaccata alla poltrona". E in effetti l'ha cambiata: è diventata ministro per l'Istruzione del Governo Gentiloni.

Infine, il premier Matteo Renzi che ha lasciato sì Palazzo Chigi ma resta ben saldo alla guida della segreteria del Pd e punta a ricandidarsi al prossimo congresso. Per tutti i mesi che hanno preceduto il referendum le dichiarazioni sul suo addio alla politica si sprecano: "Ripeto qui: se perdessi il referendum considererei conclusa la mia esperienza perché credo profondamente nel valore della dignità della cosa pubblica", disse il 20 gennaio davanti ai senatori nell'aula di Palazzo Madama. Il 12 marzo, ai giovani aspiranti politici assetati di insegnamenti del rottamatore, Renzi si lascia andare: "Se perdiamo il referendum è doveroso trarne conseguenze, è sacrosanto non solo che il governo vada a casa ma che io consideri terminata la mia esperienza politica".

Quando parla ai giovani, l'ex premier dà il meglio di sè: "Io ho già la mia clessidra girata. Se mi va come spero, finisco tra meno di 7 anni. Se mi va male, se perdo la sfida della credibilità o il referendum del 2016, vado via subito e non mi vedete più. Ci hanno detto che siamo attaccati alle poltrone, ma noi siamo attaccati alle idee: non c’è un leader che resta per sempre", disse il 20 marzo al congresso dei Giovani Democratici. Ospite da Fabio Fazio l'8 maggio scorso, il segretario del Pd rincara la dose: "Se io perdo, con che faccia rimango. Ma non è che vado a casa, smetto di fare politica", chiosava. "Non è personalizzazione ma serietà. Lo so che si aggrappano alla poltrona ma non posso fare finta di niente", disse il rottamatore. Se ne deduce che non si ricandiderà al prossimo congresso. O no?

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