mercoledì 15 febbraio 2017

E' ACCADUTO DOMANI : LA TRISTA PRASSI DELLE SENTENZE SCRITTE A PRIORI

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Ricordo un  film in bianco e nero dove il protagonista aveva accesso ad un giornale che rappresentava le notizie del giorno DOPO. Una cosa vantaggiosissima per lui, che la sfruttava per puntare e vincere alle corse...
Un giorno legge però la notizia della sua morte... Il film prosegue con il suo affannarsi per evitare che, per quella volta, il giornale sbagli. Magari adesso vorrete sapere com'è andata a finire, e posso rassicurarvi sulla sorte del protagonista, però non chiedetemi come  ché la memoria non mi soccorre sui particolari...
Mi è rivenuto in mente leggendo il caustico trafiletto quotidiano di Mattia Feltri su La Stampa dove riporta la trista notizia di un Tribunale che decide a priori la sorte di un imputato, senza sentire le ragioni della difesa.
Più chiaramente, la decisione viene proprio scritta - E COMUNICATA ! - prima ancora dell'udienza.
Segue, in questi casi (non nel fatto di cronaca de quo, causa il disguido dell'avvenuta comunicazione al difensore),  teatrino con la parola all'accusa e al difensore, del tutto irrilevante avendo i giudici già stabilito a prescindere.
E' un malcostume - ma il termine non è assolutamente idoneo, trattandosi dello sfregio di un principio costituzionale e imprescindibile in una società civile, quale il diritto alla difesa - non nuovo, gli avvocati del penale lo conoscono benissimo e se ne lamentano pur non potendo denunciarlo ogni volta.
Capita però che la condotta illegale dei giudici trapeli in modo evidente, per errore evidentemente, e allora si manifesta il solito ipocrita imbarazzo, con contrizione tipica non del ladro che ha rubato ma che è stato scoperto.
Non so quanto durerà la gestione di Feltri della rubrica "Buongiorno", ereditata da Gramellini.
Se continua così, poco direi.
E sarà un peccato.




L’udienza si è tenuta domani  

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Il 28 novembre del 2016 un avvocato di Bologna sta cercando il modo di evitare la galera a un cliente. Il caso si discute l’indomani (29 novembre). L’uomo, un africano, secondo il pm deve andare in carcerazione preventiva, e il tribunale del riesame deve stabilire se ci andrà o no. In quel momento all’avvocato arriva una mail proprio dal tribunale. Avranno rinviato l’udienza, pensa. Apre il documento e macché, scopre che la decisione è presa: il cliente finirà in cella.  
 
L’avvocato si maledice, si dà dell’asino, della bestia: mi sarò appuntato male la data, ho saltato l’udienza, che disastro! Poi si accorge che la data della sentenza (in termine tecnico, dell’ordinanza) è quella giusta: 29 novembre.
Cioè, è il 28 novembre, l’udienza è il 29, ma la sentenza c’è già. E piena di dettagli, di scienza, nove pagine in punta di diritto.

Il giorno dopo l’avvocato va in udienza: «Che stiamo qua a fare? Avete deciso, e senza sentire le ragioni della difesa...». C’è un po’ di imbarazzo. I giudici decidono di astenersi perché, vedi mai, «si può ingenerare l’apparenza che si sia già assunta la decisione prima del contraddittorio».  
 
Eh, accidenti, magari sì, si è ingenerata, e però i giudici spiegano che è stato un errore materiale, non era una vera ordinanza, era una traccia, una bozza di lavoro, un bignamino per facilitare il lavoro. Si fa sempre. E cioè, signori miei: è la prassi.
E se è la prassi, forse questa storia non è un’eccezione, è la regola. In prigione per la sentenza che è stata emessa domani.  

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