giovedì 27 luglio 2017

"AVVOCATO NON TI PAGO !" E LA CASSAZIONE GLI DA' RAGIONE



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Ieri al circolo due amici, uno medico e l'altro bancario, si lamentavano della ormai pluriennale persecuzione da parte dei pazienti-clienti nei loro confronti, contestandomi anche la leggerezza con la quale noi avvocati, pur di procurarci un mandato, assecondiamo ogni pretesa velleitaria delle persone.
A prescindere che non accomunerei la posizione di Ospedali e Banche, ho provato a consolarli dicendo che presto l'ondata di cause di risarcimento per prestazioni professionali non adeguate avrebbe travolto anche noi.
Qualcosa già s'intravede.
DI seguito riporto la recentissima ordinanza della Cassazione, prontamente riportata dal sito dello Studio Cataldi, cui consiglio i colleghi di iscriversi, che pare aver confermato una pronuncia di una Corte d'Appello che avrebbe accolto la contestazione di un cliente che, pur avendo alla fine ottenuto il risarcimento dovuto, avrebbe perso del tempo a causa di scelte processuali non del tutto accorte del difensore, e per questo aveva deciso di non pagarlo.
Francamente, in questi termini, la decisione mi sembra assurda. Se grazie comunque al mio patrocinio hai ottenuto quanto ti spettava, perché non pagarmi del tutto ancorché una qualche mia omissione ti ha causato un ritardo ?
Potrei comprendere una riduzione del compenso a titolo di indennizzo risarcitorio, ma l'esclusione tout court ?
Questa professione è già un inferno così, presto diventerà il girone più vicino a Belzebù.
Ma io, con un po' di fortuna, ne sarà uscito prima.
In bocca al lupo a chi resta.




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Addio compenso per l'avvocato poco accorto


La responsabilità professionale del legale può scaturire anche da una scelta processuale di per sé non sbagliata ma che ritarda la realizzazione di quanto voluto dal cliente

uomo arrabbiato strappa un foglio di carta

di Marina Crisafi - Addio al compenso per l'avvocato che pecca di diligenza. Anche se non compie scelte processuali sbagliate o controproducenti, è responsabile professionalmente se ritarda la realizzazione di quanto voluto dal cliente. Lo ha affermato la Cassazione, nella recentissima ordinanza n. 18239/2017 depositata il 24 luglio e qui sotto allegata.

La vicenda


Nella vicenda, il tribunale, in primo grado, ingiungeva al cliente intimato di pagare all'avvocato le somme richieste a titolo di compensi per l'attività professionale svolta nel suo interesse.

L'uomo proponeva appello, sostenendo la violazione dei doveri di diligenza del legale con la conseguente insussistenza del diritto al compenso per l'attività prestata e la Corte d'appello gli dava ragione, accogliendo l'opposizione proposta avverso il decreto del tribunale.

A nulla valgono i tentativi dell'avvocato di fronte al Palazzaccio di ottenere il proprio compenso, sostenendo l'errore della corte territoriale nel ritenere sussistente un difetto di diligenza nell'adempimento delle proprie obbligazioni avendo egli conseguito tutti i risultati per i quali aveva ricevuto mandato dall'assistito.

Avvocati, niente compenso anche per le scelte processuali poco opportune


La Cassazione, infatti, rilevando preliminarmente la manifesta infondatezza delle doglianze del legale, ribadisce l'insegnamento della giurisprudenza, secondo il quale "la responsabilità professionale dell'avvocato può scaturire anche da una scelta processuale che, pur di per sé non erronea o controproducente, nondimeno ritardi la realizzazione dell'interesse del cliente (cfr. Cass. n. 17506/2010).

Nel caso di specie, la corte territoriale, nel ritenere che l'erroneo mancato coinvolgimento, nel corso del giudizio di primo grado, dell'impresa indicata per il Fondo di garanzia per le vittime della strada, avesse ingiustificatamente ritardato la realizzazione degli interessi dell'avente diritto per l'inescusabile colpa grave del professionista, ha coerentemente accertato la responsabilità dell'avvocato.

Con una decisione, da ritenersi pertanto adottata sulla base di una valutazione congruamente motivata, il giudice d'appello, ha concluso piazza Cavour, si è correttamente allineato al principio statuito nella giurisprudenza di legittimità, ai sensi del quale, "non potendo il professionista garantire l'esito comunque favorevole auspicato dal cliente, il danno derivante da eventuali sue omissioni, in tanto è ravvisabile, in quanto, sulla base di criteri necessariamente probabilistici, si accerti che, senza quell'omissione, il risultato sarebbe stato conseguito, secondo un'indagine istituzionalmente riservata al giudice di merito, non censurabile in sede di legittimità se adeguatamente motivata ed immune da vizi logici e giuridici".

Da qui il rigetto del ricorso.

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