mercoledì 9 agosto 2017

LUCA RICOLFI : RISULTATI DI RENZI ? PENOSI

Ogni tanto vado alla ricerca di scritti e/o esternazioni di Luca Ricolfi, uno dei miei analisti preferiti (forse il primo da un po' in qua). Purtroppo, da quello che posso dedurre, sono cessate le varie collaborazioni "fisse" - prima era a La Stampa, poi su il Sole 24 Ore, passando per Panorama - e così la "produzione" si è alquanto ridotta.
Ho trovato questa intervista, nemmeno recentissima, sul sito "CAPIRE LA CRISI", dove comunque qualche commento puntuto e interessante ancora riferibile all'attualità lo si trova.
E così gli interventi "penosi" di Renzi, comunque preferibili allo "statalismo" di Monti, e la mancata seduzione per il fenomeno Macron, leader favorito da circostanze politiche particolari e difficilmente ripetibili, con una Le Pen che nonostante lo schieramento di tutto l'establishment nazionale ed internazionale, ha ottenuto un voto popolare da non sottovalutare se si vuole capire l'aria che perdura nel Continente.
Buona Lettura

Luca Ricolfi a Capiredavverolacrisi: “Renzi ha promesso di tutto ma i risultati sono penosi”

Luca Ricolfi a Capiredavverolacrisi: “Renzi ha promesso di tutto ma i risultati sono penosi”

Luca Ricolfi, sociologo e docente di Analisi dei dati all’Università degli Studi di Torino, è una delle voci più ascoltate ed influenti del dibattito pubblico italiano. Dopo aver concentrato le proprie ricerche, fra l’altro, sul tema dei populismi e delle politiche economiche bollate con questo nome, concede un’intervista al nostro sito.
Il professor Ricolfi ha più volte sostenuto e dimostrato che i governi che hanno esteso il perimetro dell’intervento pubblico in economia hanno peggiorato la situazione che avevano trovato all’inizio del mandato, mentre dall’estero abbiamo molti esempi di Stati che hanno tenuto una linea di condotta opposta, ottenendo ottimi risultati. Purtroppo l’esecutivo di Matteo Renzi e quindi quello guidato da Paolo Gentiloni fanno parte della prima categoria.
Professore, lei sostiene che il populismo per come lo intendiamo oggi sia nato almeno negli anni 80. Guarda caso proprio il decennio in cui in Italia inizia a lievitare il debito: che connessione c’è, se ve ne è una, fra i due fenomeni?
“Non mi sembra vi sia un legame causale, anche se non ho molti dubbi sul fatto che un’eventuale vittoria delle forze populiste tenderà ad aggravare i problemi del debito pubblico.”
Quali i fattori della nascita del populismo? E che responsabilità porta la sinistra?
“L’incapacità della sinistra di rappresentare il popolo, in Italia inizia a metà degli anni ’70, ma il populismo italiano nasce solo 20-25 anni dopo, con la Lega, Berlusconi, la Rete, l’Italia dei valori. Sono le due grandi crisi, quella del 1992-1995 e quella del 2007-2014, le vere levatrici del fenomeno populista in Italia.”
Dopo un decennio in cui la sinistra europea si è innamorata del neoliberismo e ha contribuito a delimitare l’intervento pubblico in economia, l’aumento di spesa è tornato ad essere una bandiera: com’è possibile?
“La sinistra, almeno in Italia, ha sempre contribuito ad aumentare la spesa pubblica, fin dai tempi di Prodi-D’Alema-Amato. Negli anni ’90 fingeva di non farlo, mentre ora lo fa a carte scoperte, con la scusa della crisi e della necessità di “rilanciare la crescita”, “sostenere le domanda interna”, mettere in atto “politiche espansive”.”
Renzi rivendica il taglio delle tasse come risultato del proprio governo, ma l’intervento pubblico in economia non accenna a diminuire, così come le imposte
Sotto Renzi tasse e spesa pubblica non sono né aumentate né diminuite in modo sostanziale in rapporto al Pil, mentre il rapporto debito/Pil è un po’ aumentato, perché il reddito ristagna e il deficit resta prossimo al 3%. Un risultato penoso, rispetto alle magnifiche imprese promesse e sbandierate, ma tutto sommato meno peggio rispetto ai risultati dei predecessori, soprattutto Monti, sotto il quale l’interposizione pubblica è molto aumentata.”
Quali gli interventi più dissennati?
“Il bonus da 80 euro (con esclusione dei cosiddetti incapienti, ovvero le persone che non guadagnano abbastanza da poter beneficiare di uno sgravio fiscale); la decontribuzione generalizzata, ovvero estesa anche verso le imprese che diminuiscono l’occupazione; i vari bonus e mance elettorali, come i 500 euro ai diciottenni. Gentiloni, non si discosta molto dal suo predecessore, salvo su un punto: sull’immigrazione, grazie al ministro Minniti, questo governo è leggermente meno propenso a nascondere la testa sotto la sabbia.”
In Francia ha vinto Macron nonostante il fronte opposto continuasse ad accusarlo di voler smantellare lo stato sociale: che segnale è?
“Macron è stato abile a non essere troppo preciso su quel che farà una volta eletto. Ma soprattutto ha beneficiato di alcune circostanze favorevoli e difficilmente replicabili: un partito socialista alla frutta grazie alla modestia del presidente uscente Hollande; un partito repubblicano votato al suicidio grazie a un candidato travolto dagli scandali come Fillon; una storia d’amore da copertina grazie alla simpatica moglie Brigitte.
Il segnale che esce dalle urne francesi, a mio parere, non è che la Francia vuole smantellare lo Stato sociale, ma che – come era prevedibilissimo – di fronte alla “cattiva” Le Pen ha preferito affidarsi al più rassicurante Macron. Si è ripetuto quel che era successo nel 2002, quando la santa alleanza dei benpensanti, di destra e di sinistra, aveva fermato il padre della Le Pen.
Per me la vera notizia non è che il gettonatissimo e appoggiatissimo Macron abbia vinto, ma il fatto che – nonostante avesse quasi tutto l’establishment contro – Marine Le Pen abbia raccolto più di 1/3 dei voti dei francesi.”

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