sabato 16 settembre 2017

IL SALENTO UCCIDE, CARO GIOVANNI

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Giovanni De Francesco è molte cose : avvocato, scrittore, politico, contadino, intellettuale, salentino...potrei continuare.
Per me è soprattutto un Amico, caro.
L'ho conosciuto in Tribunale, come avversario in una causa di lavoro.
Coerentemente con le nostre identità politiche (per me in realtà fu un caso, difendo le aziende, ma mi è capitato varie volte di stare dalla parte dei dipendenti; per Giovanni no, lui difende i lavoratori e basta), io liberale, lui comunista (credo che questo termine, desueto e finalmente negativo, per i più, possa essere usato per Giovanni, ma eccezionalmente in un'accezione diversa : lui è veramente un uomo del popolo e dalla parte del popolo ), io difendevo un datore di lavoro e lui l'impiegato. 
Raggiungemmo, come spesso accade nelle cause di lavoro, un'intesa economica transattiva.
Giovanni non mi riuscì simpatico. Non per il suo essere comunista - non lo sapevo allora e poi non è che ci una una relazione diretta tra l'esserlo e risultare antipatici - ma perché introverso, poco sorridente, tono di voce basso, sempre serioso... 
Insomma, non scattò l'empatia. 
Poi ci incontrammo casualmente in un ristorante, e lui mi salutò in modo caloroso, scambiammo due chiacchiere e mi trovai di fronte un Giovanni del tutto diverso, affabile e sorridente.
Ci rincontrammo poi in Tribunale ed il ghiaccio ormai era rotto, con la nascita di una reciproca, sincera simpatia.
Giovanni è sempre stato con me disponibilissimo a darmi suggerimenti e consigli in materia di processo del lavoro (lui altamente specializzato, io credo di avere una competenza discreta ma non come la sua) , ma credo che l'amicizia si sia veramente creata con la lettura di un suo libro, di cui avevo già accennato : Il Salento Uccide.
Una raccolta di storie, più spesso serie, a volte drammatiche, ma con l'intermezzo di siparietti tratti dalla semplicità dell'interno delle case del Salento antico, non turisticizzato.
Molto bello.
Una di queste storie. parla di Luciana, una bambina di 8 anni, che cresce in una famiglia del Salento dove il padre è violento, la madre vittima e incapace di reagire, mentre lei, pur così piccola,  trova l'incredibile coraggio di prelevare dal portafoglio del padre qualche migliaio di lire per comprare degli oggetti scolastici di cui aveva bisogno e dei cioccolatini per i fratelli più piccoli che "mai ne avevano avuti". 
Il padre che fa ? Le dà fuoco. 
La bambina muore, il padre violento arrestato e condannato, quando ormai la violenza ha avuto la sua tragedia.
Tutto questo avveniva negli anni 70 del secolo scorso. A 50 anni di distanza, leggendo le cronache di un altro paese del Salento, dove Noemi, 16 anni, viene uccisa dal fidanzato (con la complicità del padre ? ) di 17, in un contesto di miseria sociale che sorprende. 
50 anni fa la violenza del padre/marito padrone era motivo di commenti sussurrati, di pettegolezzi di paese, nessuna solidarietà collettiva.
Oggi, ci sono le denunce disattese, il dito puntato contro lo "Stato" che non interviene, ma, ancora e sempre, nessuna solidarietà autentica della comunità.
Il Salento uccide.
Non solo il Salento. 

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