lunedì 5 marzo 2018

GRILLO, GRANDE ASSENTE AL GALA' DELLA VITTORIA 5 STELLE

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Nel 2013 il successo dei pentastellati aveva un un nome e cognome : Beppe Grillo.
Sconosciuti assoluti approdavano in copioso numero in Parlamento grazie alle ribellione anti politica lanciata dal comico genovese, che con i vaffa day aveva dato voce all'Italia sempre più arrabbiata per la perdita del benessere facile e dall'assistenzialismo sicuro. 
A distanza di 5 anni le cose sono molto cambiate. Intanto è morto il  filosofo della rivoluzione ortottera, il visionario Gianroberto Casaleggio, e col figlio Davide pare non ci sia assolutamente la stessa intesa. 
Poi c'è la visibilità autonoma acquisita da alcuni dei figliocci, a partire dal giovanissimo Di Maio, ma anche Di Battista (che sorprendentemente non si è ricandidato, mi domando sbalordito come mai), Fico, Lombardi, Bonafe...
Infine, la spaccatura tra le due Italie, con il nord in ripresa, sia pure moderata, e il sud ancora e sempre fermo, che ha contribuito a mantenere pieni i fienili della protesta, anche senza più la predicazione suggestiva del padre fondatore.
La cosa mi stupisce, lo confesso, però questo è.
Nonostante il leader si sia scostato, non sia più centrale, e a dispetto della assoluta pochezza dei risultati della Raggi a Roma, non compensati da altre realtà locali, come Torino e Livorno, dove le amministrazioni ortottere non brillano, i 5 Stelle fanno il pieno a sud.
Ma il 32%, per quanto risultato eccellente, e anche oltre le pur favorevole previsioni, non consente ovviamente ai 5 Stelle di immaginare un governo solitario.
Nel 2013, Bersani chiese loro una mano, e si beccò in diretta streaming il 2 di picche da due illustri sconosciuti, come erano al tempo i due "portavoce" spediti all'incontro con l'incaricato del Colle , Crimi e Lombardi. 
I puri non facevano "inciuci".
Oggi però la situazione è diversa. Il presidente in pectore potrebbe essere giggino, e l'aiuto serve ai pentastellati, che possono però recitare la parte del leone, in quanto primo partito in Parlamento.
L'occasione è ghiotta e Di Maio e i suoi non intendono farsela scappare.
Grillo, pare, guarda e si "perplime", temendo la normalizzazione della sua (ex) creatura. 
C'è chi ipotizza addirittura la scomunica da parte del fondatore in caso di compromesso non gradito, ma ormai i figli sembrano poter camminare con le loro gambe.
Sinceramente, non lo avrei creduto, vista la mediocrità grande della nomeklatura stellata, a partire proprio da giggino.
Ma magari anche questo piace a coloro che si sentono in credito - sempre e comunque - con i governanti : la "normalità" assoluta (pazienza se eccessiva), del potenziale nuovo premier.
E se Grillo non benedirà il governo di coalizione, Di Maio e soci se ne faranno una ragione. 

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M5S, i paletti di Beppe Grillo: «Non fare inciuci».  
L’idea: un referendum tra la base
Il fondatore è stato il grande assente al quartier generale del Movimento 5 stelle, a Roma. E guarda con apprensione al successo: teniamo duro, senza cambiare

di Alessandro Trocino
 
ROMA — È confuso Beppe Grillo, la confusione dell’euforia e della paura. Perché il voto di questa notte segna la fine di un’era, la fine dei vaffa e della scapigliatura, dell’avventurismo e dello spontaneismo. Arrivati alle soglie del Palazzo, Grillo non è il più il centro del Movimento, ha lasciato le redini ai «ragazzi», è il convitato di pietra del successo di Luigi Di Maio. Non vede l’ora di assistere alla «spallata finale», ma ha anche paura che la sua creatura si snaturi. Per questo guarda alle prime mosse di Di Maio con apprensione. Saranno fondamentali per capire cosa diventerà il suo Movimento. A chi lo ha chiamato, pochi, molti meno di cinque anni fa, ha dato il suo incoraggiamento, ma con una postilla: «Bravi ragazzi, ma non mi fate inciuci proprio ora. Teniamo duro, non facciamoci cambiare».

Al seggio dell’istituto agrario Marsano di Sant’Ilario, Grillo arriva con la Kia guidata dalla moglie Parvin. Occhiali verdi e il badge «L’Elevato», saluta il maresciallo, «Come va?». Si sofferma un attimo sul tabellone elettorale. Poi, dopo il voto, torna in macchina e fa partire a tutto volume Take walk on the wild side. Fatti un giro nel lato selvaggio, canta Lou Reed. Non è decisamente il lato scelto da Di Maio, che ieri sera ha organizzato una sala stampa lussuosa, con i drappeggi dell’Hotel Parco dei Principi di Roma, per incorniciare una scenografia sempre più studiata, sempre più glamour e autocelebrativa.


L’era geologica
Cinque anni per un Movimento come i 5 Stelle sono un’era geologica. Nel 2013 Grillo era al centro della rivoluzione. Tutto dipendeva da lui e da Gianroberto Casaleggio. Negli ultimi mesi, scomparso l’amico, non perfettamente in sintonia con il figlio Davide, si è messo volontariamente ai margini. Pochi giorni fa ha postato un video in cui annunciava la fine «dell’epoca dei vaffa». Ma non c’era nulla della gioia di una palingenesi rigeneratrice, dell’euforia per un mondo nuovo. Era un video malinconico, crepuscolare. E c’è da capirlo, perché l’epoca dei vaffa era il suo tempo, il tempo di un capopopolo arruffato e incontenibile alla testa di un manipolo di descamisados che cercava di insinuarsi nelle maglie dei partiti.


Il blog no logo
Finita un’epoca, ne arriva un’altra e Grillo sente di non farne più parte. Il suo balletto di passi indietro e di lato è diventato realtà con la nascita del nuovo blog, che segna la cesura anche semantica dal Movimento. Un blog no logo, senza M5S né Rousseau. I suoi interventi sono sempre più paradossali, ambigui, sconcertanti («Sto impazzendo»). Grillo, orfano di Gianroberto e dello slancio di un tempo, veste ormai i panni del padre nobile. Si fa chiamare «L’Elevato», ennesima gag che però non è innocente, come tutte le sue. Dice che lui è lì, guarda dall’alto le sue creature, le segue con amore ma anche con la severità del Dio veterotestamentario. Non è un caso l’avvertimento pre voto: «Sono il garante della biodegradabilità del Movimento». Il senso è chiaro: vi ho portato fino a qui, ora vi lascio andare con le vostre gambe, ma se mi tradite, in un attimo schiaccio il pulsante dell’autodistruzione. È anche per questo che nei vertici si pensa di usare, come arma di riserva, lo strumento del referendum, per decidere la strada da prendere, dando la parola alla base. Ma il tradimento è già in atto. Le sue «parole guerriere», evocate ancora l’altro giorno, sono finite in soffitta per dare spazio a un movimento che è ormai partito, con un leader in marsina ministeriale che vuole mandare messaggi di responsabilità al capo dello Stato. Al Parco dei Principi di Roma ci sono tutti, il grande assente è Grillo. Verrà nei prossimi giorni, assicurano dalla Comunicazione. Ma nessuno pronuncia il suo nome, il padre nobile è già nel passato. A patto che non decida di intervenire da «garante della biodegradabilità».

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