Molte le voci favorevoli (tra cui la nostra! che non conta ma tant'è ... http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2012/03/e-proprio-dei-sudditi-essere.html ), e ovviamente quelle contrarie, registrate subito tra i leader attempati del sindacato. Questi ultimi si sa, sono tra i divulgatori di una delle più gettonate fole nazionali: se l'evasione fiscale non esistesse, ci sarebbero le risorse per continuare a godere di tutte quelle magnifiche cose che stanno invece venendo a mancare, e quindi il welfare a pioggia su tutto e per tutti, le pensioni baby, le assunzioni pubbliche a go go, il salvataggio sempre e comunque delle aziende decotte, l'illicenziabilità a prescindere e via così.
Un delirio....Come se l'evasione, ancorché interamente recuperata avrebbe mai la capacità di colmare una simile voragine! Però ai sindacati (anche a tanta parte di certa sinistra) questa fiaba piace tanto. E a questo sogno sono disposti a sacrificare molte cose, in primis le libertà liberali.
Molto bello e istruttivo in questo senso l'articolo (sul Corsera di oggi) di Giuseppe Bedeschi che parla dello Stato e dei limiti invalicabili di quest'ultimo.
Prima di lasciarvi al pezzo in questione, una chiosa polemica. Leggo che Befera avrebbe dichiarato che lui è sereno perché agisce nell'ambito della legge. Immagino che sia vero. Ma qui il problema è se le leggi emanate - e da lui invocate - siano GIUSTE, siano degne di uno stato di DIRITTO .
So che l'esempio è forte ma è per farsi capire meglio: anche le leggi razziali, vergogna eterna dello stato italiano, promulgate nel 1938, erano leggi dello stato. Uno stato né liberale, né democratico appunto...
Buona Lettura
Le dichiarazioni del Garante della privacy, Francesco Pizzetti, a me sembrano non solo del tutto sensate, ma anche doverose. Il Paese vive una stagione di grave emergenza economica. Si comprende quindi che l'Amministrazione statale compia parecchi sforzi (con incursioni improvvise, e relative verifiche fiscali) per snidare aree di evasione cronica. Ma può continuare un sistema di questo genere? No, non può continuare, risponde il Garante, perché un sistema siffatto impone una «richiesta sempre più massiccia da parte delle strutture pubbliche che combattono la lotta all'evasione (...) di poter accedere ai dati personali dei cittadini». Ma una violazione costante e sistematica dei dati personali dei cittadini comporta un'offesa sempre più ampia al loro diritto alla riservatezza, e una limitazione sempre più consistente della loro libertà. Ciò significa forse che lo Stato deve rinunciare alla lotta all'evasione fiscale? Certamente no. Ma su questo punto bisogna intendersi bene. Ci sono due sistemi di accertamento fiscale. Uno è il nostro: ma, come tutti sanno, fa acqua da tutte le parti. E in modo scandaloso: ogni anno apprendiamo che una categoria X (i gioiellieri, per esempio: ma molte altre categorie potrebbero essere citate) fa una denuncia dei redditi mediamente inferiore a quella dei suoi dipendenti e commessi. Ne seguono proteste, urla di sdegno, imprecazioni, maledizioni, sarcasmi. E tutto resta come prima. L'anno dopo la scena si ripete tale e quale, come si ripete da una infinità d'anni. Dubito molto che il disporre una serie nutrita di visite fiscali, rafforzata dal fattore sorpresa, nei luoghi di villeggiatura pregiati o presso i commercianti ambulanti di Napoli possa porre rimedio a un sistema così inefficiente e così marcio. Se continueremo a procedere in questo modo, continueremo a detenere il record dell'evasione fiscale in Europa. Ma ci può essere un altro sistema di accertamento fiscale, più attendibile e più civile a un tempo. Se io potessi scalare dalle tasse una parte delle spese che devo sostenere (dal meccanico che mi ripara l'automobile all'avvocato che mi difende in una causa), allora le maglie attraverso le quali passa l'evasione si stringerebbero enormemente. Sarebbero inutili le incursioni improvvise degli agenti del Fisco e della Guardia di finanza. E si conseguirebbe un risultato fondamentale sul piano del rapporto Stato-cittadino, un risultato che il Garante ha espresso così: «In uno Stato democratico, il cittadino ha il diritto di essere rispettato fino a che non violi le leggi, non di essere un sospettato a priori». Parole sante, che fissano assai bene il limite invalicabile che separa uno Stato democratico-liberale (aggiungerei questa parola: liberale), in cui ogni cittadino ha diritto a una sfera di libertà e di autonomia (purché non violi le leggi), indenne da ogni intrusione dello Stato o dell'Amministrazione pubblica; e uno Stato solo democratico (di ispirazione rousseauiana), in cui il cosiddetto corpo sovrano ha il diritto-dovere di controllare tutta la mia vita, anche nei suoi più intimi recessi, raccogliendo sul mio conto dati su dati. Naturalmente, in uno Stato di questo genere il cittadino avrà (con buona pace degli ultrademocratici) una diffidenza e una ostilità sempre più grandi verso le istituzioni. È questo che si vuole?
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