sabato 19 ottobre 2013

LO STATALISMO IMPERANTE, COMPLICE IL PDL

 
Come non essere d'accordo con l'editoriale di Panebianco che denuncia una realtà triste e fin troppo evidente (da sempre) : l'Italia sarà anche un paese non di sinistra, ma è anche assolutamente vero che è profondamente statalista. Non certo in ordine al rispetto dello Stato e delle sue norme, che su questo un certo spirito anarcoide ce lo attribuiscono e ce lo riconosciamo, ma sull'affidarci al Palazzo, raccomandandoci, questuando e postulando, alla ricerca di protezione e assistenza, quello assolutamente sì.
Perché essere Liberali, rivendicare quindi maggiore spazio alla propria libertà privata e imprenditoriale, significa anche assumere la spesso onerosa responsabilità della propria vita, dei fallimenti eventuali delle proprie scelte, senza rifugiarsi ogni volta tra le gambe di papà Stato. Insomma, diventare ADULTI.
E valori importanti come la solidarietà, l'aiuto dei più deboli, non vengono visti come dovuti, perché imposti grazie alle leggi dello Stato, ma   frutto di un sentimento di appartenenza ad una comunità che va costruito e coltivato. 
Insomma, roba difficile.
In campo economico, aiuti, indennizzi, incentivi, cassa integrazione, scivoli e prepensionamenti : tutto a colpi di leggi statali.
Le recenti vicende Telecom e Alitalia sono esemplari, e infatti contro di esse si scagliano, vanamente, i sostenitori di un mercato libero ed efficiente, dove resta su chi è capace, e che quindi assorbirà la concorrenza meno capace.
No, per l'ennesima volta assistiamo al salvataggio di Alitalia. E' un vero paradima italiano la compagnia di bandiera. All'epoca dell'IRI e del ripianamento dei debiti a piè di lista è stata perpetrata una trentennale ruberia ai danni dei contribuenti italiani. Retribuzioni da sogno per i piloti ma anche ricche remunerazioni del personale di volo, attraverso le voci di indennizzi, rimborsi, diarie...Voli a Parigi con ritorno 48 ore dopo (!!), con alloggi in Hotel di lusso e diarie di trasferta (mentre quelli erano a riposo). Le famose "soste" sulle tratte di lungo raggio (Sidney e Bangkok, oggi solo un ricordo) , dove per stare sul posto due o tre mesi il personale era coperto d'oro (un mio ex "suocero" ci ricavò l'acconto per comprarsi una casetta in Thailandia...). Ora, se tutto questo fosse stato pagato con i lauti proventi del trasporto aereo, evviva ! Ma così non è stato. 
Non solo, c'è anche un problema di capacità imprenditoriale, se dopo il salvataggio del 2008, Alitalia stà di nuovo così (i debiti della vecchia se li era accollatti tutti lo Stato !! la nuova partiva pressoché vergine e adesso sta di nuovo al collasso). 
Lasciare dunque che la cloche la prenda finalmente qualcuno che la sappia tenere ? E pazienza se è straniero ? Sia mai !
Ed ecco Poste, e se non è Poste è la Cassa Depositi e prestiti...
Tutto questo, denuncia Panebianco, con la complicità del centrodestra sedicente liberale...
Perché alla fine la sinistra, nello statalizzare, fa il suo mestiere d'origine, ma la destra ? 
Stupirsi non si può, se la Ministro Lorenzin, alla sanità, è tronfia d'orgoglio per aver impedito 4 miliardi di tagli alla sanità, laddove per noi era da applaudire (e rivotare un domani) se di tagli riusciva a farne il doppio e il triplo, visto gli sprechi e le ruberie eternamente perpetrate in quel settore.
Discorso vecchio. Gli antiberlusconiani demonizzano il Cavaliere per non aver fatto Nulla. In realtà siamo noi liberali a dover essere piuttosto incazzati di questo, che certo la sinistra non avrebbe avuto di che ridere se Berlusconi avesse mantenuto le promesse liberali ripetute ad ogni tornata elettorale( va detto, più nel 1994 e ancora nel 2001 che nelle successive...).
Buona Lettura

"Gli statalisti trasversali" 
 
 Circola in questi giorni un appello firmato da un gruppo di economisti — fra i quali Francesco Giavazzi che del tema si è già occupato sul Corriere — contro il nuovo statalismo, le azioni neo-protezioniste del governo Letta. I sottoscrittori fanno riferimento a tre interventi a gamba tesa del governo volti a bloccare gli investitori stranieri: l’operazione che ha portato la Cassa depositi e prestiti al pieno controllo di Ansaldo Energia, quella su Telecom Italia e, infine, la ristatalizzazione di fatto di Alitalia attraverso l’intervento delle Poste. In tutti e tre i casi, anziché lasciare che il mercato seguisse il suo corso e che le suddette aziende venissero acquisite da investitori disposti a rischiarvi i propri soldi, si è scelta, cambiando le regole ex post, a giochi ormai aperti, la via statalista. Pessimi segnali inviati ai mercati da quello stesso governo che diceva di volere attirare capitali esteri, di voler far cambiare idea a coloro che non investono in Italia perché ritengono il nostro Paese inaffidabile. Le vicende di cui si occupa l’appello, peraltro coerenti con una lunga tradizione statalista, hanno di singolare il fatto che si devono all’azione non di un governo di sinistra ma di un governo ove la destra ha un peso pari a quello della sinistra. Che un governo di sinistra possa decidere interventi di tal fatta lo si può pure capire. Perché lo esigono i sindacati e perché, nei ranghi della sinistra, sono tanti quelli che continuano a preferire l’intervento pubblico alla libera competizione di mercato. L’unico problema fastidioso davanti al quale può trovarsi la sinistra quando statalizza è che le può accadere di mettersi in urto con quella Europa di cui si considera la più fedele interprete italiana. Come sta accadendo nella vicenda Alitalia: è difficile dar torto agli inglesi mentre chiedono la condanna dell’Italia per violazione dei trattati in materia di concorrenza. Ma che dire della destra? Non toccherebbe a lei la più fiera difesa del mercato? Non toccherebbe alla destra contrastare le pulsioni stataliste della sinistra? E invece no. Queste operazioni si sono fatte col consenso e l’attiva partecipazione del Pdl. L’anomalia italiana è che in questo Paese non è statalista solo la sinistra. Lo è anche la destra. Si può capire, naturalmente, che sulla vicenda Alitalia il Pdl abbia la coda di paglia e voglia in qualche modo coprire l’errore che, a suo tempo, venne commesso da Berlusconi quando sbarrò il passo a Air France, ma questo da solo non dovrebbe essere un buon motivo per razzolare in modo opposto a come si predica. Non ha molto senso battersi contro l’Imu o altre tasse e poi lasciare che l’intervento pubblico dilaghi. Poiché le tasse alte sono solo un sintomo, o l’effetto, di una presenza statale che non si sa contenere né ridurre. Prima di contrapporsi fra lealisti e ministeriali quelli del Pdl dovrebbero riflettere su che cosa vorranno proporre al Paese quando arriverà il momento di farlo. Il che implica anche una presa d’atto delle ragioni di fondo dei fallimenti dei governi Berlusconi, del fatto che le (troppe) parole spese sulla «rivoluzione liberale» non fossero accompagnate da atti in grado di dare davvero senso, e credibilità, a quelle parole. Piuttosto che sui gradi di fedeltà al capo sarebbe forse più sensato, per il Pdl, dividersi tra chi pensa che non ci siano autocritiche da fare e chi pensa che sia infine necessario cambiare registro.

1 commento:

  1. GIOVANNI CAVAZZA

    Uno dei tuoi migliori articoli. Complimenti.

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