Non poteva sfuggire allo sguardo attento di sentinelle preziose del garantismo come Massimiliano Annetta, Riccardo Cattarini e sono felice di vedere da un po' su queste mura l'onorevole Danilo Leva - già responsabile della giustizia del PD (poi garbatamente sostitutito via telegiornale dalla squadra del nuovo segretario che farà nuova politica ma lo spoyl system lo applica come quelli del tempo rottamato) - la nuova idiozia governativa in materia di Giustizia : il cd. omicidio stradale.
Sarebbe una figura nuova per la quale si spende il ministro Cancellieri. Santa donna, io ti ho difeso ai tempi delle non felici telefonate alla famiglia Ligresti, pensando che un ministro si valuti per quello che fa nell'insieme, e non crocefiggendolo per le sue amicizie. Però questi interventi governativi..prima il femminicidio, adesso l'omicidio stradale...Provvedimenti presi solo per solleticare la peggiore pancia dei cittadini italiani.
Gli amici che ho citato sono fior di avvocati e conoscono bene la legge per cui non sorprende la critica puntuale di norme siffatte. Più raro che la stessa analisi sostanzialmente venga fatta da un uomo, Davide Giacalone, che normalmente si occupa di altro ma che ha intelligenza sufficiente (in realtà ne ha da vendere, ma in questo caso non ne serviva troppa) per biasimare con asprezza l'ennesimo esempio di demenza giustizialista.
L'ha battezzato con efficacia : DIRITTICIDIO.
Perché è il Diritto che ultimamente è vittima di menti omicide.
DIRITTICIDIO
Il delirio legislativo si accinge all’ennesimo diritticidio, mediante l’introduzione dell’“omicidio stradale”. Annunciato da un ministro della giustizia che, pur di parlar d’altro che di sé, è costantemente all’opera. L’annuncio non riguarda una cosa fatta, ma da farsi. Non si sa ancora se per disegno di legge, nel qual caso ne riparliamo con comodo, o per decreto, nel qual caso al diritticidio potrebbe contestarsi l’aggravante dell’efferatezza. E nessuno creda che la cosa si limiti agli automobilisti assassini, perché si tratta di un processo degenerativo da tempo in corso.
La caratteristica dell’assassinio del diritto è questa: interviene sulla mancanza di giustizia non facendo funzionare la giustizia stessa, ma aggiungendo leggi per regolare cose già regolate. Prima dello stalking non è che fosse lecito martoriare le persone per via telefonica, dato che esisteva il reato di molestie. Prima del femminicidio non è che fosse lecito ammazzare le femmine. E prima dell’omicidio stradale non è che sia consentito stendere le persone. L’allarme collettivo non deriva dalla mancanza del reato, semmai della (giusta) punizione. Il che non ha a che vedere con la legge.
Se ammazzi guidando, ove tu non conosca il defunto e non lo abbia fatto apposta, esiste il delitto colposo. Contestando le aggravanti (guida in stato d’ubriachezza, contromano, a velocità eccessiva, etc.) si può arrivare a pene assai severe. E meritate. Il fatto è che il processo arriva dopo anni è l’assassino se ne va a spasso. Magari in macchina. Siccome non è che ci sia da fare chissà quali indagini, per rimediare allo sconcio sarebbe sufficiente dire alle procure che hanno un mese per chiedere il rinvio a giudizio. Poi si tratta di diminuire i tempi del processo, cosa che può farsi non cambiando, ma rispettando la procedura. Invece si fa una conferenza stampa, si annuncia il nuovo reato, si aumenta la pena e si propongono corsie preferenziali. Che sono le strade più dirette verso il diritticidio, giacché tutti i processi dovrebbero essere fatti in tempi ragionevoli. All’assassino al volante puoi farglielo in tre mesi, con tutti e tre i gradi di giudizio.
La diuresi legislativa, inoltre, confonde le acque: è ovvio che stabilire la gravità delle circostanze non spetta alla legge, ma al giudice. Qualche tempo fa un automobilista uccise uno che attraversava la strada in un punto pericoloso, transennato e in cui era invisibile. S’è fermato, ha prestato soccorso e lo hanno portato via disperato. Non va punito, ovvio. Siccome, però, poi liberano il drogato, o quello cui già avevano ritirato la patente, ecco che non ci si affida al giudice, ma al legislatore. Il quale, inoltre, scrive in maniera così prolissa e confusa che al giudice si toglie autonomia in quello che è il suo mestiere, ovvero valutare caso per caso, e gliela si regala in quello che non dovrebbe mai fare: stabilire cosa volesse dire il legislatore.
In Italia abbiamo bisogno dell’esatto contrario: testi unici, chiari, leggibili, ragionevolmente sintetici, e una giustizia che restituisca quel che costa e la pletora di toghe che impiega. Dalla sicurezza del lavoro alla tutela dell’ambiente, dal fisco ai lavori pubblici, dal codice della strada all’edilizia, abbiamo bisogno di sapere cosa è lecito e cosa no. Che per capirlo non si debba assoldare un esperto. Che il non proibito sia consentito. Che chi viola la norma paghi. E abbiamo bisogno che tali testi unici siano stabili nel tempo, non cantieri in continua trasformazione. L’esito del diritticidio è già stato descritto da Alessandro Manzoni, in modo tale da scoraggiare chiunque dall’aggiungere una sola parola.
Il fatto è che, lavorando per il diritto, non si possono fare annunci uno appresso all’altro, inseguendo la cronaca nera con il linguaggio oscuro di norme variopinte e sbrodolose, molte delle quali mai neanche esisteranno. Il micidiale paradosso è che quanti sono responsabili del non porre rimedio alla peggiore giustizia del mondo civilizzato poi ti guardano torvi e ti additano a complice di chi ammazza le donne e i passanti. Sembra incredibile, ma taluni riescono a incarnare, in un colpo solo, l’ignoranza, l’ignavia e l’arroganza.
CITTADINI RIFORMISTI
RispondiEliminabravissimo Stefano sei stato come sempre magistrale, mi riferisco al diritticio, lo pubblico sul nostro sito.
ARTURO BONSIGNORE
RispondiEliminaLucido e largamente condivisibile
SERGIO RIZZO
RispondiEliminama smettetela di fare sempre nuove leggi che inseguono l'emozione del momento e cercate di applicare bene le tante che già esistono!!
GIUSEPPE LIPERA
RispondiEliminaGRANDE Stefano !
RICCARDO CATTARINI
RispondiEliminaCondivido, lieto e onorato di essere stato inserito, da un blogger di prima fascia come Stefano Turchetti, nel ristretto ambito dei garantisti di sinistra combattenti, immeritatamente assieme a due grandi come Massimiliano Annetta e Leva Danilo, precedente responsabile Giustizia del Partito Democratico. Difficile dire in due parole degli ultimi interventi legislativi, in particolare dell'omicidio stradale, anche se non può non stupire l'approvazione incondizionata che ne fa la nuova segreteria Renzi. Ragazzi, ve lo dico con affetto, non solo perché un pochino pochino di politica della Giustizia mi sono occupato, ma anche perché quel pochissimo che potevo fare per mandarvi li ho provato a farlo, prima dell'8 dicembre, e ancora un pochissimo anche dopo. Non c'è nulla come la politica della giustizia in cui ascoltare associazioni e gruppi di opinione, e seguirlo, possa portare a risultati devastanti. Tralascio i problemi tecnici e giuridici, di cui hanno parlato tanti grandi giuristi, ma voglio solo far notare che dire, quindi, come fa la nuova responsabile della Giustizia del mio partito, che la nuova figura di reato era chiesta a gran voce dalle associazioni, soprattutto delle vittime di incidenti stradali, quindi deve essere introdotta, non è un esempio di buona politica. Un grande partito della sinistra riformista, e io credo che il mio lo sia, deve qualche volta orientare, non subire la pubblica opinione, e non far pensare, ancora, che sia solo il carcere la soluzione ai tanti, qualche volta terribili, problemi di questo sfortunato ma meraviglioso Paese.