Il Corriere della Sera è giornale "governativo" per storia, nel senso che la governabilità è ritenuto un valore di per sé, sempre o quasi.
Per questo non ricordo battaglie di opposizione radicali e prevenute nei confronti di alcun governo, mentre sì invece di difese strenue di presidenti del consiglio che poi si mostreranno fortemente deludenti. Mario Monti è l'ultimo della serie, mentre a Letta si riconosce il beneficio del dubbio : durato troppo poco e in una situazione politica certamente non favorevole come quella goduta dal bocconiano.
Renzi è colpevole, agli occhi di molti dei corrieristi, di aver fatto fuori Letta invece di fare squadra con lui, però è un peccato superabile, a condizione di liberarsi veramente da quella palude in cui il governo precedente era accusato di indugiare.
Oggi, per mostrare che non è impaludato, Renzi chiede 1000 giorni, pressoché la durata della legislatura...al precedente premier, pur già vicesegretario del suo stesso partito, non aveva concesso 10 mesi.
Anche su Espresso e Repubblica, giornali amici di Renzino, iniziano le prime critiche. Ma generalmente è tutto molto soft, mentre La Stampa di Mario Calabresi è veramente un velinario di Palazzo Chigi (infatti non sto rinnovando l'abbonamento; continuo a visitare la versione on line sperando di incocciare gli articoli di Luca Ricolfi, come oggi è avvenuto).
Tra gli opinionisti famosi, l'unico, tra quelli che leggo, decisamente ostile nei confronti del Premier è Piero Ostellino che veramente, da sempre, ha mostrato di non avere fiducia e stima per il toscano.
Per lui Renzi rappresenta il ritorno della peggior specie della democristianità (bè, da quel mondo viene), un ibrido strano tra l'arrivismo politico di Andreotti, lo sguardo a sinistra di Moro e la vis polemica di Fanfani. Del senso dello Stato e della visione lungimirante di un De Gasperi, nessuna traccia ( ma nemmeno della cultura e senso ANCHE alto della politica degli altri due leader storici...semmai qualche sostanziosa presenza del pragmatismo e cinismo del mandarino romano).
Personalmente credo (forse spero, più che altro) che Ostellino abbia molte ragioni ma sia troppo severo con Renzi che, infine, è da pochi mesi a Palazzo Chigi ed era inevitabile che pagasse uno scotto con l'impatto vero dei profondi mali italiani : le varie caste e relative lobbies, le resistenze burocratiche, l'assenza di bacchette magiche e soluzione indolori per uscire dai guai in cui ci siamo cacciati ( e dei quali TUTTI, come Nazione, abbiamo qualche parte di responsabilità. Veramente di innocenti ce ne sono pochissimi, e personalmente non ne conosco). Il problema è che ora dovrebbe aver capito e per questo cambiare un attimo stile : meno frenesia, meno slogan, qualche passo accurato, coraggioso, di cui è convinto e sul quale non fa poi marcia indietro.
Finora non ce n'è nessuno.
Il suo consenso personale resta molto alto, favorito anche dall'assenza di avversari nella parte più consistente dell'elettorato (che infatti in gran parte rifluisce nell'astensione), cioè il centro destra, mentre i grillini restano una forza significativa e inutile, con un 20% congelato.
Ma anche Monti, per più di un anno, godette di consensi similari. Poi iniziò a flettere ma non in modo evidente, mentre le obiezioni critiche da parte dei cd. esperti aumentavano sempre di più. Il risultato si vide alle elezioni del 2013, dove Scelta Civica, prese solo l'8% e alle Europee è letteralmente evaporata.
Il 40,8% rimediato dal PD renziano, viene raccolto in una elezione ibrida, qual è la consultazione europea (per la sua nulla rilevanza immediata sulle cose di casa nostra), e nella quale il 43% (!!!) degli italiani non sono andati a votare (quando la DC prendeva percentuali anche più alte, gli italiani al voto erano oltre il 90%...), non convinti dal pifferaio fiorentino di consegnargli una cambiale in bianco.
Può anche darsi che questa massa di di oltre 20 milioni (!!!) di cittadini continui così, ma basterebbe che la metà degli stessi tornasse alle urne che gli scenari sarebbero rivoluzionati.
Buona Lettura
Gli Imitatori della Prima Repubblica
di PIERO OSTELLINO
La classe politica della Prima e della Seconda Repubblica parlava dei problemi del Paese come non spettasse a lei risolverli. Che si trattasse di un comizio o di un discorso in Parlamento, che a parlare fosse il capo del governo o un esponente dell’opposizione, tono e contenuti erano quelli di chi, a un dibattito pubblico, descrive la situazione nella quale si trova qualcun altro senza pronunciarsi. Il Paese reale non era il terreno sul quale la classe politica misurava la propria capacità di governo, ma l’oggetto di un convegno permanente al quale, con altri esperti, partecipava, allo stesso modo, sia chi stava al governo, sia chi stava all’opposizione.
Parlane oggi, parlane domani, senza mai dire che cosa si dovesse, e si volesse, fare, i problemi sono rimasti irrisolti e sono diventati cronici. L’Italia si è fermata; gli italiani hanno smesso di votare e sulla scena politica è comparso il populismo del Movimento Cinque Stelle. Che ha imparato che chi sta al governo si può comportare come se fosse all’opposizione. La classe politica è passata da convegnista a populista senza soluzione di continuità...
Con la comparsa di Matteo Renzi nelle vesti del «rottamatore», molti italiani avevano pensato che, proponendosi di mandare in pensione la vecchia classe politica, chiacchierona e nullafacente, il ragazzotto fiorentino si accingesse anche a farsi carico dei problemi che essa non aveva risolto, impegnandosi lui stesso a risolverli senza tante chiacchiere. Ma, ora, è sufficiente ascoltare i suoi discorsi per capire che poco è cambiato. Siamo ancora fermi all’auspicio a risolverli, senza fare molto per risolverli oltre a elencarli. Ma dopo l’elenco dei problemi che il presidente del Consiglio snocciola a ogni discorso, la domanda che si è indotti a porsi è la seguente: «Bene. E adesso che si fa ?». Poiché al «che fare» non c’è mai altra risposta che non sia un (mascherato) aumento delle tasse, come già facevano i predecessori, la morale che si è indotti a trarre è la seguente.
Primo: che la storia della «rottamazione» sia stata solo un espediente populista per scalare la segreteria del Partito democratico e la presidenza del Consiglio; ma che Renzi, come capo del governo, non abbia la minima idea, e neppure alcun reale interesse, a rispondere alle domande che egli stesso solleva. Secondo: che, liquidata la vecchia guardia post comunista nel Pd, gli eventuali concorrenti per Palazzo Chigi sulla scena politica e ottenuto ciò che voleva — la segreteria del Partito democratico, la presidenza del Consiglio — Renzi sia, in fondo, della stessa pasta della vecchia classe politica. «Chiacchiere e auto blu», parafrasando De Niro-Al Capone nel film Gli Intoccabili .
Che le parole delle quali Renzi fa sfoggio siano le stesse di chi fa le previsioni del tempo hanno incominciato a rendersene conto non solo molti italiani — che, a ogni elezione, raccapricciano alla prospettiva che Cinque Stelle diventi il secondo partito in Parlamento — ma se ne sono accorti, in Europa, anche i nostri partner. Che hanno commentato gli interventi di Renzi, in occasione dell’apertura del semestre italiano di presidenza della Ue, con un liquidatorio «molte parole; pochi fatti». Non propriamente un commento lusinghiero per lui e, tanto meno, per l’Italia in Europa...
I soli che ne magnificano ancora le gesta, qualsiasi cosa faccia o dica, sono i nostri media, che si sono ridotti a veri e propri organi di regime. Certi enfatici resoconti delle (supposte) prese di posizione di Renzi contro la politica europea della signora Merkel hanno fatto il paio con quelli che, a suo tempo, il Minculpop diffondeva sul duce contro gli inglesi. Manca solo Mario Appelius. Ma, al posto di Renzi, io mi chiederei se si possa continuare a ingannare tanta gente e ancora per tanto tempo...
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