La doverosa premessa è che non ho simpatia per Luigi Ferrarella, né per le altre "firme" del Corriere che si occupano specificamente di Giustizia : Bianconi e Sarzanini.
Li vedo tutti troppo filo magistrati, quelli di razza inquisitoria, per capirci meglio.
Quindi ammetto di poter essere prevenuto quando leggo i suoi scritti.
E' un fatto però che quando è stato organizzato di recente un interessante convegno a Milano, con confronto aperto tra Giudici e Avvocati, con invito al dibattito esteso a rappresentanti della stampa, i magistrati gradirono la presenza di Ferrarella e i penalisti pensavano di chiamare Sansonetti ( che le toghe dorate vedono come il diavolo).
Quindi, che il "nostro" sia considerato un amico di quella parte, è assodato. Io lo definisco un Travaglio in guanti bianchi.
Così, nel leggere il noiosissimo articolo dedicato alla nuova puntata della guerra di Milano tra procuratori, non ho potuto non pensare con malizia al fatto che il giornalista, nel riportare le durissime accuse del Procuratore Generale Minale (Superiore di Bruti LIberati) al CSM contro le circolari del capo della procura della Repubblica milanese, si limiti alla mera cronaca, senza il minimo commento, che invece infarcisce sempre i suoi post quando si tratta di dare manforte ai suoi beniamini.
L'ìimbarazzo credo sia evidente, e del resto Ferrarella stesso lo aveva, proprio con le lacrime nel cuore, espresso scrivendo ( http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2014/06/anche-i-fedelissimi-delle-toghe-in.html) della pilatesca pronuncia del CSM in ordine alle denunce di Robledo e le repliche di Bruti Liberati. Quest'ultimo chiede di essere confermato altri 4 anni, nonostante le vicissitudini recenti e il limite di età imposto dal governo.
Speriamo non lo accontentino (che tra l'altro dovrebbero ben spiegare perché, nel caso).
Lite in Procura, Minale al Csm: «Sbagliati i veti sul caso Expo»
Il pg boccia le circolari del capo dei pm: Poca
trasparenza Bruti: resto altri 4 anni, è il mio vice a danneggiare l’ufficio
trasparenza Bruti: resto altri 4 anni, è il mio vice a danneggiare l’ufficio
Dell’«area omogenea Expo» coordinata solo da Bruti, anziché dai vari vice a capo dei pool per tipo di reati, Minale critica «l’indeterminatezza dell’ambito di operatività», e censura che «la prevista assegnazione diretta dei procedimenti ai singoli pm annulla e supera ingiustificatamente il sistema dei criteri obiettivi automatici di assegnazione dei procedimenti all’interno di ciascun pool, con indubbio vulnus alla trasparenza».
Il veto posto da Bruti a che Robledo (coassegnatario dell’inchiesta con i pm Pellicano-Filippini-Polizzi) partecipasse all’interrogatorio degli indagati Rognoni e Paris, per Minale non è corretto nei casi (come questo) in cui il coordinatore sia anche coassegnatario; «peraltro in via generale è esclusa dallo stesso Csm» la possibilità di «una revoca parziale» di singoli atti a un pm; sicché l’esclusione di Robledo dall’interrogatorio avrebbe dovuto essere se mai «preceduta e porsi come conseguenza della revoca» a Robledo «dell’assegnazione stessa».
Infine il processo Mose arrivato da Venezia, che Bruti ha assegnato a sé (cosa che rientra nei suoi poteri) e coassegnato al pool di Robledo ma non al coordinatore del pool (Robledo), bensì ai pm Orsi e Pellicano. Qui Minale giudica «apparente la motivazione» di Bruti perché fondata «su richiami a pregressi procedimenti», a «ulteriori incomprensioni» e a «profili di rilevante criticità» tra Bruti e Robledo, che a Minale appaiono «sostanzialmente estranei all’esigenza di coordinamento, inteso come capacità dell’aggiunto di seguire con puntualità ed efficacia le indagini nelle materie di competenza del proprio dipartimento».
Tutt’altra la posizione di Bruti, che rinfaccia a Robledo di aver fatto lui in passato ciò che ora il suo vice lamenta, e cioè di aver tolto il 28 aprile ai pm Pirotta e D’Alessio «per stralcio senza alcuna motivazione» una costola del fascicolo su Infrastrutture Lombarde, centrata sull’appalto della «piastra» di Expo; e di aver interrogato da solo Rognoni il 3 aprile, senza gli altri due pm.
Quanto all’inchiesta Mose da Venezia, Bruti ne motiva l’assegnazione a se stesso per «la risonanza pubblica» e «la qualità degli indagati», e trova impercorribile una coassegnazione a Robledo perché, «a seguito dell’esposto di Robledo al Csm e delle fughe di notizie conseguite, si è determinato un clima di polemiche pubbliche che ha indebolito “la credibilità e l’efficacia dell’azione giudiziaria” dell’Ufficio». Bruti rivela anche un colloquio con Robledo, nel quale «a fronte del mio suggerimento di coassegnare» il fascicolo ex veneziano sul generale Spaziante «ai pm Pellicano e Orsi, tu hai espresso un netto dissenso portando una serie di argomenti che concludono per una tua mancanza di fiducia nel collega Orsi». Passaggio criptico, forse da mettere in relazione alle doglianze di Robledo al Csm sui due ufficiali GdF che (in un fascicolo di Orsi) riversarono una relazione di servizio sulle calunniose confidenze su Robledo di una mitomane, poi incriminata anche per essersi spacciata nipote del presidente Napolitano. Fatto sta che Bruti giustamente conclude che una «preclusione» verso il pm Orsi «non può essere presa in considerazione» vista «la notoria elevatissima professionalità del collega».
Bruti, che ieri ha completato i suoi primi 4 anni da capo, scrive poi sia a tutti i pm sia al Csm. Ai suoi pm conferma di aver chiesto al Csm di essere confermato come capo per altri 4 anni, rivendicando «l’ampio condiviso apprezzamento» e «il prestigio indiscusso» della Procura «a dispetto di qualche piccola, circoscritta polemica degli ultimissimi mesi». Al Csm rivolge una preghiera: «Mi permetto ancora di auspicare vivamente che una rapida definizione di questa pratica presso il Csm possa evitare il protrarsi di polemiche di stampa che certo non contribuiscono ad assicurare la “credibilità e l’efficacia dell’azione giudiziaria” dell’Ufficio».
Luigi Ferrarella
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