Proprio non molti giorni fa, dopo aver letto l'ultimo libro di Gianrico Carofiglio, che ritorna al suo personaggio d'esordio che lo ha reso noto, l'avv. Guido Guerrieri, trattai del tema su cosa deve fare un difensore che scopre che il suo cliente è colpevole (http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2014/11/lultimo-libro-di-carofiglio-la.html ). La gente comune, in grande maggioranza, vorrebbe che a quel punto l'avvocato non solo non proseguisse la difesa, rinunciando al mandato, ma proprio denunciasse l'autore del reato. Non si può, la legge lo vieta e sanziona il difensore che reca un danno consapevole, in ragione del proprio mandato, all'assistito.
Oggi leggo che Silvia Gazzetti, codifensore di Massimo Bossetti insieme all'avv. Claudo Salvagni, rinuncia al mandato per "insanabili divergenze" sulla linea difensiva.
Il cronista de La Stampa insinua subito - va detto che sul punto la Gazzetti non si è pronunciata - che la divergenza in questione riguarderebbe l'opportunità di confessare il delitto di Yara Gambirasio, ottenendo in tal modo un sensibile sconto di pena, oppure affrontare un processo che, sempre secondo il giornalista di Torino (Tiziana Maiolo de Il Garantista per esempio non la pensa allo stesso modo), promette molto male per il muratore di Bergamo.
Seguendo questa convinzione del giornalista dunque la Gazzetti sa che Bossetti è colpevole e, siccome questo non confessa, magari perché così consigliato dall'altro legale, non intende più difenderlo. Magari tra gli indizi contro Bossetti metteranno anche questo : il suo avvocato che abbandona la difesa.
Yara, scontro sulla difesa. Lascia uno dei legali di Bossetti
L’avvocato Silvia Gazzetti rinuncia al mandato per «divergenze
insanabili» con il collega Lo scontro forse sull’ipotesi della
confessione e del patteggiamento della pena
ANSA
Silvia Gazzetti e Claudio Salvagni hanno difeso insieme il carpentiere accusato dell’omicidio della 13 enne
milano
«Si trattava di fare una scelta: o pensare al successo, al clamore mediatico, oppure pensare all’interesse concreto del mio cliente. Io ho scelto l’interesse del signor Bossetti. Perché vede, qui si parla della vita di un uomo, di un possibile ergastolo. E si parla di un omicidio di una ragazzina, molto violento, molto brutto. Sono cose estremamente serie. Per questo ho preferito lasciare».
A meno di un mese dalla chiusura definitiva dell’inchiesta su Yara Gambirasio, scricchiola e rischia lo schianto la difesa del carpentiere di Mapello accusato di omicidio, dopo che uno dei pilastri del suo collegio difensivo, l’avvocato Silvia Gazzetti, l’altro ieri ha deciso improvvisamente di rinunciare al mandato. La professionista che per prima si occupò del caso, trasformandosi da avvocato d’ufficio a legale di fiducia, lascia Massimo Bossetti in aperta polemica con il suo ex collega, l’avvocato Claudio Salvagni con cui, ha scritto in un comunicato, c’erano ormai «divergenze insanabili». La Gazzetti ovviamente non può dirlo, ma la “divergenza” è stata probabilmente tra la possibilità di confessare e accedere a un patteggiamento, cercando di contenere il più possibile i danni, oppure andare allo scontro frontale in un processo, probabilmente immediato, che tra la prova del Dna e gli indizi raccolti negli ultimi mesi, rischia di risolversi con un ergastolo.
Soprattutto alla luce delle ultime risultanze investigative, quelle scodellate sotto gli occhi di Bossetti nell’ultimo interrogatorio quando l’avvocato Salvagni gli consigliò di non rispondere: ovvero le immagini del suo furgone riprese nei pressi dell’abitazione di Yara proprio durante i 45 minuti della sua scomparsa e in un giorno in cui Bossetti non aveva alcun motivo di essere lì, visto che quel pomeriggio non era andato a lavorare e dunque non aveva bisogno di passare per Brembate per tornare a casa. L’avvocato Gazzetti preferisce sorvolare. «E’ stata una rinuncia a malincuore. Quando hai per le mani un caso mediatico, ci vuole più coraggio a lasciare che andare avanti. Ma io, lo ripeto, dovevo pensare agli interessi di Bossetti, a prescindere che sia colpevole o innocente. Per questo giovedì scorso gli ho comunicato la mia decisione. Lui non è stato contento ma ha compreso e apprezzato. Credo di averci messo passione, serietà e quella sobrietà che forse è un po’ mancata, a un certo punto».
A cosa si riferisce l’avvocato? Di gocce che potevano far traboccare il vaso ormai ce n’erano parecchie. Ma nelle ultime settimane il nervosismo del suo collega Salvagni è stato palpabile, soprattutto dopo l’ultimo interrogatorio in cui, fuori dal carcere, parlò di «torture psicologiche e pressioni», prendendosela perfino con il prete del carcere. Infine le apparizioni televisive e gli annunci clamorosi, come quello di una richiesta di incidente probatorio sull’esame del Dna che invece non è mai stato fatta. Insomma, tra i due legali ormai c’era un’evidente incompatibilità. E non solo di carattere. «Non è da un punto di vista strategico che sono nate le divergenze, ma più sul diverso modo di lavorare. E se la difesa non è coesa deve prendere atto che non si ha lo stesso obiettivo. Perchè io non sono per i protagonismi».
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