Ferrarella, è notorio, è un cronista di giudiziaria amico dei giudici. Milanesi soprattutto, quelli della città in cui lavora. Si può capire.
Per denunciare quindi una condotta di alcuni di loro doveva essersi proprio trovato davanti ad una cosa sporca ed assurda.
Come in effetti è.
Noi del civile, ma anche i colleghi del penale leggo, stiamo passando i guai nostri con l'avvento del processo telematico. Ogni novità comporta un prezzo iniziale. Se poi il cambiamento si innesca in un corpaccione obsoleto e mal funzionante come quello della giustizia italiana, le cose sono ancora peggiori.
Col tempo, non c'è dubbio che il digitale sarà un'ottima cosa, e già oggi, quando le cose filano lisce, cosa infrequente, dei vantaggi ci sono, con diminuzione delle file in cancelleria per depositi e copie.
Ci vorrà tempo, molto, perché la riforma sia metabolizzata, ma se mai si inizia... (lo so, potreste obiettare che per iniziare si dovrebbero creare i presupposti per ridurre al minimo i disagi e i disservizi del passaggio di sistema, ma in Italia questo significa rinviare sine die senza veramente adoperarsi mai per favorire il cambiamento. L'unico modo che conosciamo è "bere o affogare"...).
Intanto, Giudici e avvocati hanno siglato dei protocolli per la gestione della transizione.
Tra le regole di gentlemen agreement così raggiunte, c'è quella della cd. "copia di cortesia" che i difensori depositano in formato cartaceo per favorire quei giudici a loro a volta alieni alla modernità e che si trovano male ad aprirsi e, del caso, a stamparsi, la copia telematica depositata secondo la nuova normativa.
Per carità, se è per aiutare, perché non farlo ?
Però la cortesia NON è un obbligo, e il protocollo non ha carattere normativo. Se qualcuno non ci si attiene, per distrazione, ignoranza dello stesso, oppure anche per menefreghismo (la legge non mi obbliga, perché mi devo prendere questa rogna ??) poi il giudice non può sfruttare il suo potere per punirlo.
Invece così è accaduto ! I giudici della seconda sezione civile del Tribunale milanese hanno condannato a 5000 euro di spese la parte il cui avvocato non aveva depositato la copia cartacea della sua memoria conclusiva, limitandosi a quella telematica (l'unica, lo ripetiamo, obbligatoria per legge).
Quando l'arroganza acceca gli stolti !
Per fortuna, altro giudice, quello Fallimentare, a cui sarebbero dovuti andare quei 5000 euro, ha dichiarato che non li pretenderà, e la cosa sembra si risolverà così (pensate l'imbarazzo dei colleghi dell'appello nel trovarsi a dover bocciare una pronuncia dei giudici di primo grado per palese ilegittimità).
Ma la figura di tolla delle tre toghe stizzite resta tutta !!
Se la giustizia
non sa fare a meno della carta
Crisi di crescita o nodi che vengono al pettine, dipende dal vedere il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. Di certo, al netto delle ottimistiche statistiche governative, più si diffonde la telematica nella giustizia e più emergono problemi. Di risorse insufficienti. Ma anche di mentalità dei giudici. Dopo l’obbligo di notifiche telematiche penali, ad esempio, al Tribunale di Milano da qualche giorno i cancellieri per atti oltre le 150 pagine sono tornati ai vecchi ufficiali giudiziari, almeno fin quando non verrà del tutto risolta «l’impossibilità per gli avvocati, a causa del non funzionamento di un link di sistema, di visualizzare i file voluminosi». Ma pure la testa delle toghe ha link da mutare. Nel civile, ad esempio, a titolo di sanzione per «lite temeraria» tre giudici della II sezione hanno accollato (a chi aveva perso la causa) anche 5.000 euro da versare al Fallimento: e di cosa mai si era macchiato il reprobo avvocato? Aveva depositato solo in formato telematico (come pretende la legge) la memoria conclusiva, «senza predisporre copie “di cortesia” previste dal protocollo fra Tribunale e Ordine degli Avvocati», così «rendendo più gravoso per il collegio esaminare la memoria». Il bon ton giudiziario non può certo fondare obblighi (e peraltro l’avvocato aveva depositato pure la copia di carta, persasi però in tribunale), è ovvio che gli avvocati (specie Oua e Anf) siano insorti. Per fortuna un altro giudice, quello delegato al fallimento, è subito intervenuto a rimediare e, ritenendo la presunta lite temeraria «fondata su un principio opinabile», ha approvato la rinuncia da parte del curatore a riscuotere i 5.000 euro.
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