Nel giorno del lutto di personaggi tristi come Travaglio, Ferrarella, Di Pietro, girotondini, popolo viola (vabbè, scribacchini a parte, gli altri sono sbiaditi ex partigiani di un tempo che fu, da parecchio marginalizzati dalla storia ), giudici e pm militanti o dimissionari, mi piace dare spazio al commento di colleghi e amici del PD che, forse perché buoni conoscitori del diritto, non sono sbalorditi dall'assoluzione definitiva di Berlusconi sancita dalla Corte di Cassazione che ha confermato la sentenza della Corte d'Appello di Milano nel cd. processo Ruby. In questo momento, compassionevole va il nostro pensiero alle tre irinni del collegio di primo grado, che comminarono una condanna addirittura superiore alla richiesta dell'accusa ( la Boccassini si era "fermata" a sei anni, loro no, SETTE ! ) e all'ex presidente Tranfa, che si è perfino dimesso (oddio, 70 anni li aveva fatti...) per manifestare il suo dissenso dai colleghi che lo avevano messo in minoranza nel giudizio d'appello, ribaltando la sentenza del Tribunale.
Le prime investite di una missione che ha comunque prodotto il suo scopo, e alla quale hanno sacrificato la propria credibilità, il secondo uscendo nel modo peggiore di scena, meritandosi il durissimo biasimo del suo superiore gerarchico, il presidente Canzio ( ripassare, del caso, il post http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2014/10/il-presidente-canzio-biasima-duramenta.html ).
Naturalmente tutta questa gente - basta scorrere il livido sarcasmo di tutti coloro, comici compresi, che sull'antiberlusconismo, Ruby e le olgettine hanno campato lustri - è convinta che la Cassazione abbia salvato il Cavaliere, che magari da domani il patto del Nazareno risorgerà. E le penne forcaiole, di cui, con stili diversi, Travaglio e Ferrarella sono solo i capibanda, continuano a ripetere i loro mantra : funzionari di polizia concussi, cioè sottoposti a pressioni insostenibili (mai provate...tutta psicologica l'ipotesi dell'accusa e dei suoi sodali, con Coppi che ha buon gioco nel ricordare che essere "potenti" non è di per sé un reato), inverosimiglianza della tesi difensiva per la quale Berlusconi non conosceva la minore età di Ruby, ché bastava guardarla...E qui, basta rivedere le foto della ragazza , la malafede di questi signori è più luminosa del sole a mezzogiorno.
Di queste cose - le lacune giudiziarie dell'accusa, la squallida operazione politica, il pessimo connubio informazione - procura (fu Violante, mentore dell'autore dell'articolo che segue, a coniare il felice auspicio della separazione delle carriere tra magistrati e giornalisti...) - scrive con efficacia e chiarezza Massimiliano Annetta, avvocato, politico e uomo di valori di sinistra.
Buona Lettura
L'ASSOLUZIONE DI BERLUSCONI E' LA SCONFITTA POLITICA CULTURALE DI UN MONDO
Il Berlusconi politico, fin dalla
sua discesa in campo, non mi è mai piaciuto, e non perché portasse il doppio
petto o la cravatta a pois, ma perché, sin da quel lontano 1994, mi pareva
proporsi come il rinnovato campione di quello che Gramsci definiva il
“matrimonio” tra borghesia umbertina e plebi incolte che aveva fatto da brodo
di coltura al ventennio fascista.
Insomma Berlusconi non mi piaceva
e non mi piace, parafrasando più prosaicamente Gaber, poiché espressione della
italica borghesia “statale, parastatale e affine”. Allo stesso modo di come
dopo di lui non mi sarebbero piaciuti i Di Pietro e i Grillo: né di destra né
di sinistra, espressione di una politica vuota, fatta con la sola coerenza dei
sondaggi.
Ma questa è politica e non
c’entra, o meglio non dovrebbe entrarci, con la giustizia, ché, come ammoniva
Calamandrei, “quando per la porta della magistratura entra la politica, la
giustizia esce dalla finestra”.
Ieri, sul piano giudiziario,
Berlusconi ha conseguito una indubbia vittoria. La Cassazione ha confermato la
sentenza di assoluzione della Corte di Appello di Milano e questo chiude il
capitolo certamente più infamante delle sue traversie giudiziarie.
Subito è stato un fiorire di
difensori di ufficio dell’accusa e delle sue tesi che hanno, come nel luglio
scorso, tirato in ballo la Legge Severino e lo stanco refrain delle leggi ad
personam. L’argomento, all’un tempo, prova poco e prova troppo. Prova poco
perché non è dato comprendere come lo spacchettamento del vecchio art. 317 del
codice penale, che disciplinava la concussione, nel novellato 317 e nel nuovo
319 quater, abbia determinato le
sorti processuali dell’ex premier. Ma, soprattutto, prova troppo perché
pretende di svilire l’assenza di “indebito vantaggio” a elemento senza
importanza. Insomma la Severino, ben lungi dall’essere una legge ad personam, ha solo fatto esplodere
l’incongruenza di un’accusa per concussione senza concusso (Ostuni ha sempre
negato di essersi sentito condizionato) e di uno strano processo nel quale, al
netto delle “furbizie orientali” di Ruby, l’accusa ha rinunciato, chissà
perché, alla sua testimonianza.
Ma non è neppure il piano
giudiziario ad interessarmi, bensì quello più squisitamente politico-culturale.
Titolo a cinque colonne di Repubblica, un grido disperato: "La Cassazione
salva Berlusconi". Salva, non conferma, né assolve (che pure sarebbe stata
un’improprietà, ché la Cassazione non assolve e non condanna e, cari
giornalisti che vi occupate di giudiziaria, almeno i rudimenti della procedura
penale sarebbe bene conoscerli).
Non mi ha sorpreso il titolo di
Repubblica perché comprendo che sia dura riconoscere, per tutti coloro che per
anni hanno spacciato, e non solo nei confronti di Berlusconi e dei suoi
pruriginosi bunga bunga, un avviso di garanzia per una condanna definitiva o
intercettazioni prive di alcun rilievo penale, nelle quali magari si parlava di
corna, come verità rivelate, che ieri hanno, loro si, ricevuto una condanna
definitiva.
Perché hai voglia a dire nella
società dominata dai media che la giustizia non ha risolto i suoi problemi con
l’informazione; la questione è palindroma, ché nemmeno l’informazione ha
risolto i suoi problemi con la giustizia.
Lo schema è sempre il solito:
interscambio interessato tra notizie e pubblicità. Giornalismo da riporto, l’ha
definito qualcuno. Io do’ le notizie al giornalista amico e in cambio ascendo
all’empireo della notorietà. Ci si sono costruite carriere da una parte e
dall’altra, solleticando la pancia di una società malata che ha bisogno di eroi
per coprire i propri vuoti.
Bene, anzi male. Questa
informazione, che ha sobillato il giustizialismo di massa di un’ opinione
pubblica sempre più impoverita ed impaurita, che vede nella caduta del potente
un mezzo per confermare i suoi sospetti anticasta e per assolvere sempre e
comunque se stessa, ha creato i presupposti per un grave arretramento civile.
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