Confesso di non aver mai avuto grande simpatia per quelli del CODACONS, di cui pure conoscevo bene uno dei soci fondatori, Roberto Canestrelli, stretto collaboratore di Carlo Rienzi, il "padre" dell'associazione.
Il taglio a mio avviso fortemente ideologizzato di quest'ultima non mi piace, e Rienzi lo vedo uno troppo "radicale". Ma sono solo mie impressioni.
Quello che invece potrebbe essere un fatto è la pessima figura che il Codacons avrebbe registrato avanti al Tribunale di MIlano dove non solo si è visto rigettare una domanda di Class Action contro l'ATM, l'azienda dei trasporti cittadina, ma addirittura condannato alle spese legali in proprio (!!!) perché, ha motivato il Giudice : " l’associazione come mandataria ha operato con trasgressione del dovere di agire con la diligenza del caso».
Secondo il giudicante il problema non è dato dal fatto se il Codacons sia iscritto o meno ad un albo adeguato ai fini di questo particolare tipo di azione legale (non sapevo ce ne fosse bisogno, comunque la creatura di Rienzi lo è ) ma dall'essersi "dimenticato" in sede di introduzione dell'azione di allegare le circostanze che provino che i tre assistiti «abbiano davvero utilizzato un mezzo di trasporto pubblico il giorno dello sciopero», «siano stati coinvolte direttamente nei disagi descritti», e «per questa ragione abbiano riportato danni».
Insomma, l'ABC di un atto di citazione, cose che nemmeno ti chiedono all'esame universitario di procedura civile.
Concentrati com'erano a quantificare i danni - sempre richieste "esemplari" nella loro durezza - i colleghi si sarebbero scordati che prima di arrivare al quantum tocca dimostrare l'AN.
Naturalmente io non so se quanto dice il Tribunale sia corretto, immagino che il Codacons appellerà e si vedrà.
Però intanto la cosa finisce sul Corriere della Sera, e la figuraccia nazionale è assicurata. Non solo, alla "beffa" anche il danno, vale a dire i 5.000 euro di spese legali appioppate alla sola associazione e non agli assistiti.
Pericoloso precedente , cari colleghi...
Milano, giudici contro il Codacons
«È inadeguato a fare class action»
Il Tribunale condanna l’associazione
a pagare le spese legali
a pagare le spese legali
MILANO — Arriva dal Tribunale civile di Milano un colpo di freno alle class action proposte da Codacons, movimento a tutela dei consumatori di cui però i giudici dell’undicesima sezione, respingendo la richiesta di far pagare alla municipalizzata milanese dei trasporti Atm i danni ai passeggeri rimasti intrappolati in galleria al buio per lo sciopero nazionale del 2 ottobre 2012, contestano «l’inadeguatezza a curare gli interessi della classe» di utenti con un modo di procedere «potenzialmente idoneo a pregiudicare gli interessi degli aderenti alla classe».
La class action è uno strumento che dal 2010 permette la tutela collettiva risarcitoria attraverso l’attivazione di un unico processo, volto però a ottenere il risarcimento del danno subìto da un gruppo di cittadini danneggiati dal medesimo fatto realizzato da una azienda asseritamente scorretta.
Il Codacons-Coordinamento delle associazioni per la difesa dell’ambiente e degli utenti dei consumatori, agendo in qualità di mandatario di tre cittadini e rappresentato dagli avvocati Marco Maria Donzelli e Sara Chimenti, chiedeva dunque di poter avviare un’azione di classe contro Atm per i disagi causati dalla paralisi dei trasporti per lo sciopero del 2 ottobre 2010. E voleva che a ciascun passeggero aderente all’azione di classe venissero rimborsati 1,50 euro di biglietto, danni patrimoniali in via equitativa, 5.000 euro di danni non patrimoniali biologici o esistenziali per gli asseriti traumi permanenti dovuti all’essere rimasti intrappolati in galleria, 500 euro per violazione del contratto di trasporto consistente nella mancata destinazione, 1.000 euro per la carente informazione, 400 euro per il tempo di lavoro perduto.
Ma un c’è un piccolo problema di base, rileva il Tribunale sulla scorta di quanto additano gli avvocati di Atm, Pier Filippo Giuggioli e Alberto Rho: Codacons propone un’azione di classe in nome e per conto di tre persone fisiche, ma come mandataria «non ha allegato nella citazione alcun elemento specifico» che provi che i tre «abbiano davvero utilizzato un mezzo di trasporto pubblico il giorno dello sciopero», «siano stati coinvolte direttamente nei disagi descritti», e «per questa ragione abbiano riportato danni».
Il che comporta pure un problema di «non omogeneità dei diritti tutelabili», condizione invece necessaria per l’azione di classe: siccome «non è detto se le tre persone abbiano preso i mezzi Atm il 2 ottobre 2012, se abbiano patito ritardi e disagi, se abbiano raggiunto o meno casa o lavoro, non è possibile effettuare la valutazione di omogeneità tra i diritti individuali azionati dai tre cittadini (diritti che non si sa quali siano) e i diritti potenzialmente tutelabili dagli aderenti alla classe».
Da questo modo con il quale Codacons propone l’azione di classe, i giudici (presidente Walter Saresella, a latere Filippo Fratelli e la relatrice Ilaria Gentile), traggono «la inadeguatezza» di Codacons «a curare adeguatamente gli interessi della classe». In questo strumento, infatti, il Tribunale deve saggiare «l’esigenza di serietà e professionalità», e «valutare in concreto l’effettiva idoneità» (di chi propone la class action) «a sapere curare adeguatamente gli interessi degli aderenti in termini di serietà, correttezza, diligenza, precisione e capacità (anche economica)». Codacons sostiene di essere legittimata in quanto associazione a tutela dei consumatori riconosciuta in base alla legge 206/2005, e iscritta dal 15 maggio 2000 nel registro delle associazioni di consumatori rappresentative a livello nazionale.
Ma al Tribunale «non sembra» che Codacons «abbia dimostrato in questo specifico caso una sufficiente affidabilità», giacché «ha introdotto una domanda priva persino dell’indicazione dei fatti costitutivi del diritto fatto valere». E queste «gravi disattenzioni rivelano un modo di procedere processuale per nulla preciso, e quindi potenzialmente idoneo a pregiudicare gli interessi degli aderenti alla classe, che potrebbero vedere i loro diritti risarcitori individuali vanificati da una condotta negligente nel processo, senza neanche potersi difendere con il patrocinio di un proprio difensore da essi scelto».
Da qui consegue una scelta non scontata per il Tribunale: invece di compensare le spese di lite, decide che a rifonderle tutte all’Atm (per 5.000 euro) debba essere il Codacons anziché i tre cittadini, perché «l’associazione come mandataria ha operato con trasgressione del dovere di agire con la diligenza del caso».
Luigi Ferrarella
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