martedì 17 marzo 2015

L'ANTICORRUZIONE PAROLAIA, CIARLIERA E INUTILE

 

La retorica e la demagogia trovano in materia di corruzione vertici difficilmente raggiungibili in altri campi. Il bello - o il brutto - è che se fosse estensibile a tutti, e in tutti i settori, quello che va delirando il dr. Gratteri - l'induzione al reato per vedere chi resiste o no al tentativo di corromperlo (magari l'ha preso dal Vangelo, con Gesù e il diavolo nel deserto ) - io conosco veramente poche persone per le quali metterei la mano sul fuoco.  Ricordo spesso il passaggio di un bel libro di Scott Turow (toh, un avvocato...), l'Onere della Prova, nel quale uno dei personaggi, a cui il suo interlocutore aveva appena finito di rimproverare un'infinita serie di peccati, aveva risposto, con aria seria e anche vagamente contrita : "Sai perché un cane si lecca le palle ?...Perché lo può fare."
Se vogliamo un'immagine meno cinica - ancorché verissima - possiamo restare in tema evangelico e scomodare Gesù che esorta quelli senza peccato a scagliare la prima pietra. Sappiamo come finisce.
Questo significa che non si devono punire i corrotti e i corruttori ? Ovviamente no, ma sarebbe una bella cosa che si abbandonassero i toni indignati. Proprio recentemente ho saputo del figlio di una cara amica (ex) diventato, da un anno diplomato alle superiori ( a calci, tra l'altro), consigliere comunale in quota PD. Ora, o questo giovanotto, che era pure intelligente e sveglio, ma del tutto disinteressato alla politica, al sociale, alla cosa pubblica, preoccupato esclusivamente di quella privata, la propria, è stato fulminato sulla via di Damasco e ha scoperto in sé una vena fino a quel momento completamente sconosciuta, oppure è successa una cosa molto più semplice. I genitori, gente solidamente di sinistra, benestante e socialmente ben posizionata, ha mosso le proprie amicizie per sistemare il ragazzo. La madre, se la cercavate alle manifestazioni di quelle matte di "se non ora, quando ??" (le ricordate ? sparite !!), a tuonare contro la vergogna del grande satiro, la trovavate in prima fila...
Ma sono tutte contraddizioni ed incoerenze che ben trovate descritte nel libro di Francesco Piccolo, Il Desiderio di essere come tutti  (un po' ne parlai, prima che vincesse il premio Strega  nei post http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2013/11/il-libro-di-francesco-piccolo-letto-da.html ;  http://ultimocamerlengo.blogspot.com/2013/11/va-bene-lo-uccido-io-berlusconi-ma-poi.html ). 
Della corruzione, della ciarlataneria che la circonda, acutamente parla Davide Giacalone nel post che segue
Buona Lettura


Che pena la corruzione

La corruzione avvelena la vita collettiva e inceppa il mercato produttivo. Ci rende più poveri moralmente ed economicamente. Anche la gnagnera dell’anticorruzione, però, non scherza. Se il contrasto alla corruzione ha così miseri risultati è proprio perché alla prevenzione e alla repressione si preferisce l’esposizione e la deprecazione. Un po’ come s’è visto nella mia Sicilia: cortei e indignazione, per poi passare all’intrallazzo e alla riscossione. Si cambia legge contro la corruzione con più frequenza degli abiti, ma ne usciamo sempre dicendo che il fenomeno è crescente.
L’anticorruzione parolaia ha bisogno di esagerare, per sentirsi al sicuro nel perpetuarsi della propria ciarliera inutilità. Ogni anno ci ripetiamo che il valore della corruzione ammonta a 60 miliardi di euro. Neanche sente la crisi, si riproduce uguale. Nel 2011 l’Onu calcolò quella mondiale in 1000 (di dollari), varrebbe a dire che ne deteniamo, a secondo del cambio, fra il 6,5 e l’8% della corruzione globale. Delirio. Se poi andiamo a vedere quanta corruzione si recupera, sotto forma di danno erariale, scopriamo che sono spiccioli. Dal che deduco che sono irreali entrambe: sia quella proclamata che quella perseguita. La soluzione di moda è sempre la stessa: cambiamo la legge e rendiamo più severe le pene. Non serve a nulla, se la giustizia non funziona. Anzi, più si alzano le pene, più si allunga la prescrizione, più durano i processi, più cresce l’arretrato e meno la giustizia funziona. Esattamente quel che accade.
Volendo far finta d’essere severi, inoltre, mica si punta a far funzionare la macchina repressiva, ovvero la giustizia, ma a presidiare il campo produttivo con controlli invasivi. Si crede che il crimine possa essere cancellato, invece va solo punito. Ma noi alimentiamo le cronache con le retate, le coloriamo descrivendo l’evidente natura criminale degli arrestati, declassiamo la presunzione d’innocenza a carta per usi intimi, poi cambiamo capitolo e ci dimentichiamo tutto. Sicché i colpevoli sgattaiolano via e gli innocenti subiscono il martirio. E se osi dire che questa commedia è una pagliacciata c’è sempre il fesso (o il corrotto) che si alza e ti apostrofa: vuoi salvare i corrotti. Mi basterebbe salvarmi da quanti sono riusciti nel miracolo di corrompere la corruzione. Anche perché inducono la certezza, in chi li ascolta, che ogni rimedio è e sarà vano.
Il miglior rimedio all’oscurità non è il gatto, che nel buio fa i suoi comodi, rubando il salame mentre i topi portano via il formaggio, il miglior antidoto è la luce. 
La pubblica amministrazione potrebbe e dovrebbe essere tutta on line, dacché non c’è riservatezza da tutelare nel disporre e nell’incassare denari pubblici. Il male non sta nell’appaltare, ma nel non consentire di guardare. Trasparente deve essere anche l’esito dell’azione penale, deve essere visibile non solo quanto dura la carcerazione degli odierni irretiti, ma anche quanto durano le indagini, quanto il tempo necessario per il rinvio a giudizio e per i processi, nonché il loro esito. E ove venissimo a scoprire che si prese un granchio, o ci si fece scappare la volpe, sapremmo meglio qual è la ragione di tanta impunità: la malagiustizia.
La corruzione esiste in tutto il mondo, nei dispotismi più che nelle democrazie. La corruzione finalizzata a ottenere vantaggi indebiti è un male grave, ovviamente da perseguire. Ma la corruzione tesa a far marciare una macchina (autorizzazioni, revisioni, adempimenti, etc.) altrimenti inchiodata non è un male, sono due. Le carriere dei nostri retori dell’anticorruzione non fanno che creare nuove macchine, capaci d’inchiodarsi e inchiodare. La cultura del proclama, al posto di quella dei risultati, è corruttiva. Avvelena tutti. Ditegli di smettere.

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