Ecco come il PD intende la democrazia : 60% dei seggi alla lista che prende la maggioranza, senza alcuna soglia minima da raggiungere.
Potrebbe succedere in Umbria, se qualche anima pia non trova il modo di investire la Corte Costituzionale di questo scempio del principio di rappresentanza.
Quello dei sistemi elettorali è un tema che mi accalora, e confido che con certi mie cari amici democratici il tema non venga affrontato che se difendessero la casa madre su questo argomento, finirebbe male, perché l'alternativa sarebbe tra stupidità e malafede. Entrambe, converrete, pessime opzioni. Scoprirebbero quanto aspra (eufemismo) possa essere la mia vis polemica quando di una cosa sono fermamente convinto.
L'ipocrisia dei democrats si era già vista col Porcellum, bestemmiato in tutte le lingue da quelli di sinistra, con la scusa dei nominati ma in realtà perché intimoriti dagli effetti possibili del premio di maggioranza, assegnato al vincitore senza soglie minime. In realtà, quando si votò con questo sistema, nel 2006 e poi nel 2008, le coalizioni vincenti sfiorarono il 50% dei voti ! 49,72 Prodi ( col centro destra ad un soffio...49,20, e col Mattarellum avrebbe vinto...il diavolo non fa i coperchi...), 46,30 Berlusconi.
Quando si approssimano le elezioni del 2013, il clima era cambiato. Bersani sapeva di ottenere la maggioranza dei voti ( in realtà a momenti perde...e comunque non vince) , ancorché con percentuali sicuramente al di sotto di quelle registrate in passato. Il 37,52% di Veltroni appariva chimerico, eppure bastava molto meno per vincere alla Camera. In realtà, la coalizione, comprensiva di SEl e PSI, non arriverà al 30% (!!!), col PD fermo al 25%, (superato, sia pur di poco, dal M5S) ma il non più maledetto Porcellum regala alla sinistra il 55% dei voti. Uno scempio della democrazia, e infatti finalmente la Consulta si pronuncia, dopo tanti moniti : ci deve essere una soglia minima di voti raggiunti perché il premio possa scattare, altrimenti si lede il principio di rappresentanza.
Un colpo per Renzino, che il Porcellum se lo sarebbe coccolato e tenuto - e chi dice il contrario mente sapendo di mentire - ben volentieri. Invece glielo hanno accoppato, e allora vai con l'Italicum, che però la soglia ce l'ha, appena decente : il 40%. Due problemini :
1) l'astensione. Ormai è abbondantemente attestata sul 30% e oltre, e questo fa sì che quel 40% dei voti espressi, diventa un 25 degli aventi diritto, che tornano ad essere troppo pochi
2) Se nessuno vince al primo turno con almeno il 40%, si va al ballottaggio, e poi chi vince vince, con qualunque percentuale di voti espressi presa. Mettiamo conto che al primo turno il PD prenda il 35% dei voti, il centro destra - unito - il 30 e il M5S il 15. AL ballottagio nessuno degli ortotteri e nemmeno gli elettori degli altri partiti minori va a votare, non volendo sostenere nessuno dei due contendenti. Il vincitore,che rappresentanza EFFETTIVA avrebbe del popolo italiano ?
Siccome a sinistra, in realtà, il popolo è bue - curioso che siano loro ad esprimere un disprezzo antico proprio delle aristocrazie, ma il mondo muta... - va benissimo così (mai vignetta, quella postata in alto, ha rappresentato così bene la realtà). L'importante è vincere.
Tradotto nel mondo del calcio, il risultato è l'unica cosa, se poi si vince al 95° con un gol di mano non visto dall'arbitro, va benissimo lo stesso. Per fortuna nella storia, anche del calcio, il posto d'onore spetta alle squadre che hanno vinto giocando BENE.
Questo per l'Italicum. Figuriamoci questo colpo di mano umbro, che però un pregio ce l'ha : dà la misura della cultura democratica che alberga nell'animo di quella parte.
Leggo, nella meritoria denuncia di Giovanni Belardelli che trovate di seguito, che il Governo ha tempo 60 giorni per impugnare la legge partorita dai potentati regionali, privi di vergogna e compagni di partito.
Vedremo se lo farà.
La legge umbra
(incostituzionale)
a misura di Pd
di
Giovanni Belardelli Ci si può fare una legge elettorale su misura? È proprio quel che sembra essere successo in Umbria dove il Pd, a meno di tre mesi dalle elezioni regionali del prossimo maggio (e ancora sotto lo shock della sconfitta a Perugia nelle comunali 2014), ha appena approvato una nuova legge che assegna il 60 per cento dei seggi alla lista vincente ma senza alcuna soglia minima di voti. E questo pur sapendo che, dopo la sentenza della Consulta del 2014 sulla legge elettorale nazionale, un premio di maggioranza che non preveda una soglia è probabilmente incostituzionale. Di sicuro politicamente indifendibile. Intanto vinciamo le elezioni e garantiamoci il seggio, si devono essere detti gli artefici della nuova legge, poi si vedrà.
Che ciascun consiglio regionale si faccia la sua legge elettorale è diventato possibile dopo che quindici anni fa una riforma costituzionale ha stabilito che spetta alle Regioni, sia pure entro principi generali stabiliti dallo Stato, scegliere la propria forma di governo e il proprio sistema elettorale. Con un risultato che assomiglia molto al vestito di Arlecchino. Una molteplicità di regole che, nella percezione del comune cittadino, è amplificata dal fatto che invece, a livello comunale, è in vigore da tempo e con piena soddisfazione di tutti un sistema a doppio turno. Se il diavolo, come si dice, ama nascondersi nei dettagli, questo è soprattutto vero per le materie elettorali. Le differenti leggi regionali prevedono premi di maggioranza senza soglia di accesso; ma questo era appunto consentito prima che un anno fa intervenisse la Consulta pronunciandosi sul Porcellum. Non a caso la Regione Toscana ha varato in settembre una nuova legge elettorale che saggiamente prevede la soglia minima del 40 per cento per accedere al premio e, se nessuna coalizione la raggiunge, il ballottaggio.
I consiglieri umbri non potevano copiare la legge toscana? Probabilmente lo hanno evitato perché oggi come oggi una coalizione raccolta attorno al Pd umbro avrebbe difficoltà a superare quella soglia, con il rischio di perdere poi all’eventuale ballottaggio. Perdere fa parte della democrazia. Ma questa possibilità è ancora difficile da metabolizzare in una regione in cui la sinistra è abituata a vincere sempre e non ha ancora assorbito il trauma della perdita del Comune di Perugia. Se, nell’Italia repubblicana, il lungo periodo dei governi democristiani è stato definito un «regime», non sarebbe improprio usare allora lo stesso termine per il caso umbro. Naturalmente in questo piccolo «regime» regionale, un po’ come avveniva nella prima Repubblica con il Pci, c’è posto anche per accordi di tipo consociativo con l’opposizione. Il centrodestra infatti, dopo essersi opposto alla nuova legge elettorale, l’ha poi approvata (attraverso il voto di alcuni suoi esponenti) ottenendo in cambio un trattamento da minoranza privilegiata in termini di seggi, nel caso probabile che perda alle regionali. Risparmio ai lettori i dettagli del meccanismo che colpisce le altre opposizioni; comunque, secondo una simulazione dei radicali, l’8-9 per cento potrebbe non essere sufficiente per avere almeno un consigliere.
L’Umbria è una regione che non raggiunge il milione di abitanti e dunque, si potrebbe dire, possiamo interessarci in proporzione (cioè poco) della sua legge elettorale. Sennonché il caso di questa norma su misura, aggiungendosi a vicende recenti come le primarie campane vinte da Vincenzo De Luca, segnala un fatto di rilievo, invece, nazionale. Segnala la difficoltà o l’incertezza del nuovo corso renziano, saldamente installatosi a Palazzo Chigi, a separarsi da vecchi potentati locali, soprattutto se e quando questi si sono proclamati renziani. Per questo se il governo — che ha 60 giorni di tempo per impugnare o meno la nuova legge umbra — scegliesse di non vederne l’incostituzionalità, non sarebbe un buon segno.
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