venerdì 28 agosto 2015

"TAGLIERO' LE TASSE" : IL NUOVO ATTENTATO DI RENZI ALL' ORTODOSSIA DI SINISTRA

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Da qualche tempo, devo ammetterlo, la sirena renziana ha intonato una musica suadente anche per il Camerlengo, che finora ha osservato con critico scetticismo il percorso del premier, di cui si era punto apprezzato il modus di accesso alla poltrona di Palazzo Chigi (una vera porcheria politica, anche se a farne le spese è stato un maestrino non apprezzato come Enrico Letta) e il piglio guascone e disinvolto con cui fa e disfa alleanze di comodo all'interno del Parlamento, che registra una massa di peripatetiche fluttuanti mai registrata, in questa misura, nella storia d'Italia da quando esiste l'unità. 
Da un punto di vista operativo, certo non potevamo applaudire la mancia elettorale degli 80 euro (che tanto è stata utile per registrare il mitico, e ormai tramontato, traguardo del 40% ottenuto alle Europee del 2014), né l'infornata di assunzioni ( decine e decine di migliaia di precari bonificati nel serbatoio elettorale del PD : la classe insegnante) nel pubblico impiego. L'annuncite, tanto rimproverata - a ragione - al Cavaliere, è diventata quasi imbarazzante con renzino, che da un po' infatti ha smesso di rimbalzare da una Tv all'altra dicendo "FATTO ! ". MA FATTO CHE ???
Da liberale ho plaudito la sostanziale esautorazione del famigerato articolo 18 ( una marea umana mobilitata da Cofferati e sindacati quando ci aveva provato Berlusconi, quattro gatti scalcagnati quando a violare il tabù è stato fatto da uno della bottega) ma certo non si può dire completata la riforma del Lavoro col Jobs act allo stato attuale.
In un campo a me caro, la giustizia, Renzi latita, e forse è anche meglio visto la sua propensione per certi PM (Gratteri, che voleva addirittura come Guardasigilli, Cantone, che, dopo essersi occupato di un po' di tutto ora pare destinato a vegliare sul Giubileo e me ne manca almeno un altro...), mentre Orlando si barcamena, cercando di non irritare troppo la casta magistratuale, laddove una vera riforma della materia non può prescindere dal costringere le truppe in toga a rientrare nelle caserme, da dove sono uscite da almeno 20 anni (le avanguardie anche prima). 
Insomma, in un anno e mezzo, tanto è durato finora Renzi a Palazzo Chigi, non è che il bilancio sia chissà cosa (e non ho toccato l'abito su misura fattosi come legge elettorale, l'Italicum, che potrebbe rivelarsi la classica pentola senza coperchi, e il Senato barzelletta), e tutti gli indici economici sono rimasti negativi (a parte lo spread, ma quello lo tiene a bada Santo Draghi) : debito pubblico aumentato, così come la spesa, le tasse, la disoccupazione non arretra, la crescita non avanza se non dello zero virgola ( la Spagna rispetto a noi vola).
 Quindi a quale sirena mi riferisco, dopo questo sintetico elenco della cose non apprezzate del pifferaio (poco) magico ? Quella delle TASSE.
Per recuperare appeal presso il nuovo elettorato a cui ambisce, quello moderato, Renzi ha iniziato a usare i termini propri dei leader di centrodestra : abbasserò le tasse. E inizia da quella più detestata dai più (conosco anche io iper benestanti di sinistra che dall'alto delle loro laute pensioni si dichiarano pronti a pagare l'IMU sulla prima casa, ma non sono certo maggioranza), quella sull'abitazione in cui si abita. 
Ma non solo quella : anche su Imprese e Lavoratori promette un taglio significativo, ancorché il suo Ministro del Tesoro mostra perplessità sulle coperture (chissà se il guru finanziario di renzino, Ypram Gutgeld messo al posto dell'inviso Cottarelli, recupererà qualcosa dalla finora sempre poco funzionante spending review...dubitarne è lecito).
Pinocchio ci ha abituato alle bugie, ma, come rileva giustamente il solito bravissimo Panebianco (editoriale del Corriere), qui il messaggio è quasi più importante della sostanza.
Il TASSA E SPENDI è l'unica ricetta economica della sinistra sinistra, che non si preoccupa di COME produrre ricchezza ma solo di come redistribuirla. L'esempio della torta sempre uguale, con l'unico sforzo di tagliare diversamente le fette è solare, così come la sconsolante conseguenza : la stagnazione economica (quando non la recessione) e l'immobilismo sociale. 
Una certa sinistra rovescia i termini della logica, per cui PRIMA stabilisce gli obiettivi da raggiungere COMUNQUE (e quindi il welfare che deve provvedere a tutto e a tutti), e POI va a cercare le risorse per pagarlo, ricorrendo al debito (finché si è potuto) e alla tassazione. 
Questo sistema, in mancanza di un'adeguata crescita economica, ha portato all'impoverimento della classe media, col risultato di un circuito vizioso ( se la gente ha meno soldi da spendere,  le aziende venderanno di meno e licenzieranno di più) e asfissiante. 
E come ti risolve la Camusso il problema dell'occupazione ? Con i pensionamenti, così si assumono i giovani... Peccato che già così, con l'età pensionabile elevata alla data effettivamente un po' irrealistica (nel pubblico non ti mandano via, ma nel privato chi veramente riesce a conservare il posto di lavoro fino a 67 anni ??), la spesa previdenziale è di gran lunga la più sanguinosa del nostro bilancio, figuriamoci ad attuare la brillante proposta dalla "capa" della CGIL. 
Ecco, per un popolo siffatto, il fatto che il capo della ditta (povero Bersani...) prometta di tagliare le tasse è veramente un colpo al cuore.
Altro che Cavaliere ?!?! Questo è peggio di Thatcher (mortale per i sindacati oltre che per il welfare) e di Reagan ( l'eroe simbolico del taglio fiscale) messi insieme !!
Bè, vedremo cosa in effetti riuscirà a fare su questo fronte. Ma già vedere i mal di stomaco diffusi in certi personaggi per la  narrazione predicata da renzino, non può non farmi guardare con un minimo di curiosità e speranza il nuovo corso. 
Buona Lettura



I Riflessi condizionati sulle tasse


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Sono le tasse dunque il terreno politico ed elettorale che Renzi ha scelto per affrontare i suoi avversari. Se riuscirà ad abbassarle sensibilmente consoliderà la sua leadership alla testa di una sinistra radicalmente rinnovata, forse capace anche di attrarre ampie porzioni di quelle classi medie indipendenti (imprenditori, professionisti, commercianti, artigiani) tradizionalmente ostili alla sinistra. Sulle spalle del ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, soprattutto, ricadrà l’arduo compito di reperire le risorse necessarie. Ma sbaglia chi crede che in gioco ci sia solo una questione di risorse. Più delle riforme istituzionali, forse anche più della scuola, le tasse toccano il cuore identitario della sinistra per come l’abbiamo conosciuta. La promessa di abbassarle coincide con la più grave minaccia a quella identità. Apparentemente, ciò accade solo per la nota ragione secondo cui, finito il comunismo, azzerati i grandi ideali, morta l’utopia, la sinistra si era ridotta, sotto il profilo identitario, a due cose: l’ideologia liberal (i vari temi del «politicamente corretto» — gender e così via — interpretati come diritti civili) e l’imperativo del «tassa e spendi» rivendicato come garanzia di ridistribuzione del reddito e di equità sociale. 

 Renzi, sulle orme di Tony Blair, e pur con tutti gli adattamenti a un caso assai diverso da quello britannico, promette di preservare, e di cavalcare, l’ideologia liberal ma anche di mettere fuori gioco l’imperativo del tassa e spendi, il piatto forte, il cuore identitario.

Può essere tutto meno che un’operazione indolore. Anche perché al di sotto del principio del tassa e spendi c’è una visione del mondo, così radicata e incistata che molti non ne sembrano nemmeno consapevoli. Quando il segretario della Cgil Susanna Camusso (sul Corriere del 24 agosto) propone di abbassare l’età pensionabile, mandare prima le persone in pensione per lasciare i loro posti ai giovani, sta precisamente parlando a coloro che condividono una particolare visione del mondo, una visione che apprezza le società statiche, per non dire immobili, che teme il dinamismo e l’innovazione più di ogni altra cosa. Chi attribuisce valore al dinamismo sociale, chi pensa che la continua innovazione caratterizzi le società davvero vitali, punta ad ampliare, attraverso la crescita economica (a sua volta effetto della libertà di innovare e della presenza di diffuse capacità imprenditoriali), oltre alla ricchezza, anche la base occupazionale disponibile.
Invece, chi ha fatto proprio l’ideale di una società statica pensa sia alla ricchezza che al lavoro come a giochi a somma zero: si deve togliere più soldi all’uno (il più ricco) per darli all’altro (il più povero), si deve mandare in pensione Tizio (il più anziano) per lasciare il posto a Caio (il più giovane). Non si tratta mai di ampliare la torta ma di mantenerla inalterata tagliando diversamente le fette.
È questa mentalità, propria di tanti, una parte dei quali nemmeno è consapevole di averla, che sta dietro all’imperativo del tassa e spendi e, quindi, all’identità di una parte rilevante della sinistra.  

È questa mentalità che alimenta l’ideale di una società composta prevalentemente da impiegati pubblici, e nella quale il mercato sia tenuto a bada, al suo posto, in condizioni di non nuocere, di non dare libero sfogo ai suoi impulsi più «eversivi» e aggressivi: poiché è proprio del mercato di essere la principale fonte dell’innovazione e del dinamismo sociale.
Esattamente ciò che da sempre la sinistra esorcizza bollandolo come «liberismo selvaggio». Si capisce perché gli antirenziani di sinistra odino tanto Renzi: sta aggredendo, e forse distruggendo, un pezzo alla volta, il loro universo simbolico, il loro piccolo mondo statico. Forse ha anche capito meglio di loro che cosa è successo negli stessi strati sociali che sono stati per decenni il tradizionale serbatoio elettorale della sinistra: lì, ad esempio, ci sono persone di estrazione popolare (con la casa di proprietà) sempre meno disponibili a prendere per buona l’ideologia del tassa e spendi e ciò che essa sottintende. Se queste persone risulteranno essere molte la scommessa di Renzi verrà forse vinta.
Per completezza di discorso, bisogna aggiungere che l’ideale di una società statica non è proprio soltanto della sinistra. C’è in Italia, da sempre, anche una destra antimercato e corporativa che ha ugualmente paura del dinamismo sociale: a differenza della sinistra, tuttavia, questa destra, per lo più, non ha fatto delle tasse alte una bandiera identitaria.
Se ciò che qui è stato detto è corretto allora Renzi, per abbassare le tasse, non dovrà solo procurarsi le risorse. Dovrà combattere, e sconfiggere, una radicata e diffusa mentalità. L’impresa, a occhio, si presenta più difficile e complicata di quella in cui è impegnato, poniamo, chi vuole soltanto riformare una Costituzione .

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