martedì 23 febbraio 2016

ALL'UNIVERSITA' DI BOLOGNA IMPEDITA LA LEZIONE DI PANEBIANCO. I NIPOTINI DEI GRUPPETTARI DELL'ESTREMA SINISTRA FANNO PENA, OLTRE CHE RABBIA

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Non è la prima volta che Angelo Panebianco è vittima di aggressioni verbali che si vorrebbero passare per "contestazioni", ma che sono l'antico riflesso dei nipotini dei gruppettari di sinistra di un'epoca (triste) che fu, usi a togliere la parola alle voci sgradite.
Panebianco ha il torto di scrivere che la guerra non è sparita dalla storia dell'umanità solo perché nell'Europa occidentale da un po' manca ( 70 anni, non pochi nella vita di UNA persona, nulla se visti storicamente) e che è molto pericolosa la miopia con la quale (non) affrontiamo il problema dell'Isis e dell'islamizzazione crescente nei nostri confini causa immigrazione non controllata.
Oggi Paolo Mieli dedica allo stesso argomento un interessante editoriale, che pure trovate sul Blog, biasimando, giustamente, le anime belle della sinistra cd. Liberal e il loro sottovalutare la minaccia, con punte (di demenza) che arrivano alla condanna, anche vile, di coloro che tra i musulmani osano criticare certi aspetti dell'Islam e i rischi per la civiltà occidentale che questi rappresentano.
Questo blog pensa che Panebianco - e oggi Mieli - abbiano assolutamente ragione, e in fondo questo manipolo di nostalgici dell'estrema sinistra che fu fanno un po' pena, non solo rabbia.




PANEBIANCO AGGREDITO A BOLOGNA
UNA FERITA ALLA LIBERTA' D'OPINIONE



Di nuovo. Con arroganza, con violenza. Peggio delle altre volte, durante una lezione. Con il risultato di profanare, allo stesso tempo, la libertà di opinione e la libertà di insegnamento, che poi non sono così distanti. Lunedì mattina alle 9 Angelo Panebianco è arrivato al suo corso: università di Bologna, Scienze politiche, aula Jemolo. Non è riuscito neppure a cominciare. Un gruppetto di dieci persone, un collettivo di estrema sinistra, l’ha scelto come bersaglio: sventolavano un commento che Panebianco ha scritto per il Corriere della Sera sulla cultura della sicurezza.

Un articolo sottolineato in diversi punti. Un giovane urlava più di tutti gli altri: «Assassino!». La tensione è salita. Un clima pesante, d’altri tempi. E qui sono intervenuti gli altri ragazzi: una sorta di ribellione per difendere il prof. Una studentessa è scattata in piedi: «Io sono qui per sentire una lezione e ne ho tutto il diritto, ve ne dovete andare». Un atto piccolo o, forse, gigantesco. E il gruppetto si è allontanato sbraitando e lanciando volantini.

Panebianco scrive per il Corriere dal 1988, sono quasi trent’anni: «Ero già stato aggredito verbalmente, ho sempre scelto un profilo basso, ma stavolta siamo andati oltre. Quel tono minaccioso, quell’urlo “Assassino!” per aver scritto un articolo, questa scelta di venire in aula, tra i miei allievi: ora passo alla denuncia». E la sua denuncia è anche la nostra. L’Italia ha già dato, l’ateneo di Bologna ha già dato: l’illusione che la violenza resti sempre verbale ha fatto fin troppi danni. C’è un problema di sicurezza, c’è qualcuno che vuole trasformare un docente, un editorialista libero, in un simbolo. Stavolta non basteranno le email di solidarietà.

Il titolo della lezione era «Teorie della pace e della guerra». Non si aspettava, Panebianco, che l’argomento potesse riguardare la sua stessa aula. A Bologna.

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