lunedì 19 settembre 2011

INQUISIZIONE GRADITA : QUANDO BRUCIANO I LIBRI "NEMICI"


Io non ho letto il libro "FALCE E CARRELLO. Le mani sulla spesa degli italiani" . Libro  denuncia, pubblicato da MARSILIO EDITORII nel mese di settembre 2007, scritto da Bernardo Caprotti patron di Supermarkets Italiani (ESSELUNGA)  I ricavi dalla vendita del libro erano devoluti in beneficenza

Nel libro l'autore racconta la storia della propria azienda e dei contrasti con le cosiddette Coop Rosse, criticando il sistema di agevolazioni fiscali e denunciando appoggi politici alle cooperative da parte di amministrazioni locali o istituzioni di centrosinistra.
Il libro accusa scorrettezze da parte di alcune delle Cooperative che gestiscono i supermercati Coop  (in particolare le coop emiliano-romagnole).
Il 16 settembre 2011, Esselunga è condannata al pagamento di 300.000€ per concorrenza sleale e al ritiro del pamphlet dal mercato. La magistratura ha infatti sancito che il libro integra “un’illecita concorrenza per denigrazione ai danni di Coop Italia.
Ora. come detto subito io il libro non l'ho letto, però il fatto che possa essere ritirato perché denigratorio.....bé qualcosa non torna perché gli scaffali delle librerie italiane sono ZEPPE di libri con questo carattere. Partono lolte querele ma nessuno si sogna di porre al "rogo" i libri. A questo tocca questa sorte. E nessuno dei difensori strenui del libero pensiero, dell'art. 21 della costituzione, del "abbasso la censura", dice NULLA. 
Ci deve essere altro che non sappiamo.
Intanto però vi propongo  il pezzo di Pierluigi Battista che ritengo ben commenti questa vicenda. 

IL ROGO DEI LIBRI, SOLO SE NEMICI

Ma almeno un gesto, una finta. Una «mossa» tanto per far capire che la censura è una cosa odiosa, gli apostoli della libertà di stampa conculcata, potrebbero pure simularla anche in favore di un nemico. D'accordo, le Coop non si toccano, venerate come una reliquia sacra e quindi bisognose di robuste esenzioni fiscali, ma per questo il libro del patron dell'Esselunga Bernardo Caprotti, Falce e carrello (Marsilio), deve essere bandito, gettato al macero, bloccato nella pubblicazione, per sentenza di un tribunale che dovrebbe giudicare nel nome del popolo italiano e non in quello dei baroni dei supermercati politicamente corretti? Niente. Non una protesta, un sussurro, un sospiro. Niente di niente. Quelli della sacralità dell'articolo 21 della Costituzione: silenzio tombale. Quelli della compagnia di giro che agita le bandiere viola solo quando le aggrada: muti come disciplinatissimi scolaretti. In questo non viene solo sanzionato l'autore di un libro che contiene una diffamazione (che infatti, con una sanzione proporzionata, deve pagare una certa somma a chi è stato riconosciuto come diffamato), ma viene intimato di distruggere tutte le copie del libro incriminato. E non si chiede, come sarebbe stato lecito, di emendare le prossime edizioni del libro degli eventuali errori. No: si chiede che l'intero libro sia messo al rogo. D'accordo, gentili paladini a singhiozzo delle libertà mortificate, non riguarda voi, i vostri amici e i vostri affari e dunque i principi universali possono attendere. Ma insomma, una semplice parolina per dimostrare che non siete degli ipocriti incalliti, dei bugiardi seriali, potevate pure pronunciarla. Non dico una manifestazione a Piazza del Popolo con le attrici e i giornalisti Rai martiri, questo è troppo. Ma un comunicatino, una noticina, una protesta piccina piccina, solo per una questione di firma. Che mondo dimezzato che è questo. Dove si è garantisti con se stessi e forcaioli con tutti gli altri. Dove le intercettazioni sono un'imprescindibile esigenza investigativa se ad essere origliato è il nemico, e invece una vergogna barbarica se l'intercettato è un amico. Dove si piange perché si smarrisce la memoria della Shoah, ma non si trova nulla da eccepire, sull'altare dell'anti-sionismo politicamente corretto, se l'ambasciatore del moderato Abu Mazen all'Onu (mica uno sgherro di Hezbollah o di Hamas) dichiara che il futuro Stato palestinese che forse verrà riconosciuto nei prossimi giorni non potrà tollerare nemmeno l'ombra di un ebreo. Non di un israeliano, beninteso: di un ebreo e basta. Judenfrei, ma nel silenzio internazionale. Che mondo, dove i tribunali italiani decidono quale libro può uscire e quale no ma la cosa non interessa i difensori della libertà d'opinione. Della propria. Perché quella degli altri non è un argomento sexy. E neanche meritevole, figurarsi, di un frammento di un'indignazione altrimenti generosamente profusa. (CORSERA)

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