Talese non mi sta nemmeno antipatico tra i giornalisti che ci scrivono ma proprio detesto direttore e condirettore (Padellaro e Travaglio ).
Invece ecco che spunta Marcello Adriano Mazzola (che non ho mai letto prima ovviamente) con un intervento di contestazione della decantata liberalizzazione della professione forense.
Siccome gli avvocati sono antipatici a tutti (anche a me , figuriamoci) è facile quando si vuole un po' di popolarità a basso costo attaccarli.
Però l'antipatia di una categoria non rende per questo giusto un provvedimento che con essa non c'entra nulla.
Il concetto di liberalizzazione riguarda il mercato , le imprese, molto meno le professioni , per lo meno quelle, come appunto l'avvocatura, che forse per qualche motivo valido, ha dignità costituzionale.
"Perché i padri fondatori erano avvocati !!!" diranno in molti e sicuramente ce ne saranno stati diversi, ma possibile che sta Carta è magnifica solo per quello che piace (rectius : fa comodo ) a noi ?
Cerchiamo di capirne le ragioni. Molti articoli di questa sono dedicati alla pagina DIRITTO. E quindi la tutela della libertà degli individui, ( art. 3 , 13 14 15 ) , l'esercizio dell'azione giuridica a tutela degli stessi e l'affermazione dell'inviolabilità del diritto di difesa (art. 24 ) , i principi fondamentali della giurisdizione , tra cui , in primis, la presunzione d'innocenza (artt. 25,27 e l'innovato ancorché di fatto poco applicato 111 ) ,
Probabilmente me ne scordo qualcuno ma già questi 8 articoli , alcuni dei quali particolarmente pregnanti ed incisivi nella vita dei cittadini tutti, la dicono lunga ( almeno dovrebbero) sull'importanza della voce DIRITTO in uno Stato Democratico degno di questo nome.
L'avvocato è quindi figura Costituzionale. Le persone che concretamente poi rivestono questo ruolo sono all'altezza di cotanta missione ? La risposta è evidente : NO, per lo più .
Idem da tempo anche per la categoria maggiore in questo settore, quella dei Magistrati (velenosa ma efficace la battuta di Alfano ieri a Ballarò : se ogni magistrato incorso in palesi errori , se non peggio, nell'esercizio della giurisdizione dovesse fare un passo indietro, il Ministero di Giustizia dovrebbe affrettarsi a indire concorsi straordinari per reintegrare gli organici ....pensa se lo diceva da Ministro!!!).
Ma questa triste realtà come la si contrasta e rimedia ? Con l' abbattimento o con l'inasprimento della selezione FORMATIVA ( universitaria prima, specialistica dopo) ? E' il MERCATO la sede deputata per la formazione di professioni costituzionalmente decisive ?
Io penso di no.
Mazzola indica a chiare lettere il mandante di questo disegno : Confindustria. L'individuazione del "colpevole" risponde alla semplice logica del "cui prodest". Il normale cittadino, il piccolo commerciante o imprenditore, già gode ampiamente dall'abbassamento dei prezzi legato alla presenza di ben 200.000 avvocati (60.000 solo a Roma) , con forfait generalizzati, legati alla tipologia della pratica. Sono le imprese grandi a volere l'abolizione dei minimi tariffari ...Certo in un'ottica di risparmio delle grandi aziende ci sta....ma che c'entra con la preparazione da PRETENDERE dagli operatori del DIRITTO ?
Certo il livello attuale degli avvocati è medio basso (sono buono oggi) , ma la liberalizzazione si traduce in un miglioramento ? Personalmente non credo.
Buona Lettura
In questa calda estate “finanziaria” tutti i mezzi di comunicazione ci hanno informato che l’avvocatura è una casta perché alcuni suoi esponenti parlamentari (quelli non impegnati a difendere gli interessi del premier) hanno posto un veto netto contro una norma che avrebbe avviato la cosiddetta liberalizzazione della professione forense. Il veto ha ottenuto lo scopo e la norma è stata abortita. Spiegherò appunto che di aborto si tratta. In realtà se si legge la finanziaria bis (con l’ausilio di un interprete afgano ovviamente) si comprende che il parto è solo rimandato.
Un messaggio è stato oramai metabolizzato da tutte le persone: l’avvocatura è una casta che difende egoisticamente i propri interessi, in danno della collettività. E di questi tempi essere casta è come essere portatori di peste. S’impone dunque una riflessione più serena e obiettiva.
Partiamo dalle origini della Carta: l’avvocatura ha rilievo costituzionale. Il riferimento costituzionale più evidente è certo quello dell’articolo 24 della Costituzione inerente il diritto inviolabile di difesa, affidato appunto a una figura scientificamente formata per ricoprire il ruolo di difensore. In altri articoli è poi menzionato l’avvocato (104, 106, 135 Cost.).
L’avvocato difende e tutela gli interessi delle persone ed è garante della Costituzione e del sistema di diritto, partecipando in ciò al ruolo centrale della magistratura, in parte bilanciandone l’esercizio.
L’avvocatura ricopre dunque una veste particolarmente delicata, poiché si occupa di diritti. L’avvocatura non può quindi in alcun modo essere equiparata all’impresa, perchè la prima è fondata sui valori di autonomia e indipendenza, dignità e decoro, che infondono in genere le libere professioni, ma che per l’avvocatura ne rappresentano l’anima.
Il richiamo ossessivo in questi mesi, da parte del legislatore, di Confindustria e dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (meglio nota come Antitrust, a ben vedere poco autonoma e longa manus della politica) al principio di libera concorrenza, che si vuole imporre ai singoli ordinamenti professionali, non è solo ingannevole ma è una palese menzogna.
Ciò per almeno tre motivi. Il primo è che l’avvocatura – e altrettanto la professione medica che si occupa del bene prezioso salute – non può essere liberalizzata indiscriminatamente, consentendola a chiunque si desti una mattina e si cali la toga addosso. Verrebbe meno la tutela dei diritti (ed è l’intento di una parte della classe politica) perché una cattiva tutela corrisponde a nessuna tutela. Il secondo è che, a ben vedere, la professione forense è già libera, atteso che si pretende solo un percorso scientifico rigoroso (laurea in legge; praticantato; esame di Stato) ma chiunque può accedervi. Il terzo è, come già anticipato, che l’avvocatura e la professione medica non sono certamente imprese. Analogamente ad altre libere professioni.
Non v’è dubbio alcuno di come le libere professioni debbano essere riformate, al pari degli Ordini che ne garantiscono il controllo, ma ciò salvaguardando i principi fondamentali di essi e preservandoli appunto dalla mercificazione e dalla perdita di autonomia e indipendenza.
Quanto all’avvocatura, giova ricordare come giaccia (tumulata, nonostante le reiterate promesse dell’allora guardasigilli Alfano, evidentemente occupato su altri fronti) alle Camere da un anno e mezzo la riforma dell’ordinamento forense, consegnata dall’avvocatura unita al legislatore. Come possa cambiare in meglio l’avvocatura se il legislatore ignori tale riforma (che contiene rilevanti novità) non è dato sapere. Che debba cambiare la professione forense non v’è dubbio alcuno: oggi gli esami di Stato non sono tenuti da una sola commissione ma da tante secondo la ripartizione (geografica) per Corte d’Appello e i risultati variano sorprendentemente; gli Ordini non esercitano costantemente e omogeneamente il potere disciplinare; la formazione continua deve essere reale e non virtuale. Solo per dirne alcuni, di problemi.
Tuttavia la liberalizzazione, giustamente respinta al mittente dall’avvocatura (che non si è erta come casta ma bensì a difesa dei propri principi, nell’interesse precipuo anche dei cittadini) e dalle libere professioni in genere, è un inganno malevolo. Perlomeno nel caso della pretesa “liberalizzazione dell’avvocatura” lo scopo non è (ma guarda caso…) la maggiore tutela economica dei cittadini (la liberalizzazione, si sa, vuole incidere sull’abbassamento dei prezzi) ma la maggiore tutela di Confindustria che vuole raggiungere due obiettivi importanti: spendere assai meno in parcelle e possibilmente assorbire l’avvocatura in banche e assicurazioni rendendo dipendenti (e dunque non più liberi e autonomi) i liberi professionisti.
Il legislatore è ancor più ingannevole perché getta fumo negli occhi dei suoi elettori con la pretesa di liberalizzare le “libere professioni” (e i mass media raccolgono servilmente o, se liberi, poco criticamente) così da nascondere ancora oggi le omissioni nel garantire un libero mercato nei settori fondamentali e strategici (energia; trasporto ferroviario; banche; posta etc.) dell’economia italiana.
L’avvocatura non è dunque una casta, bensì è solo un costo – per Confindustria – da ridurre e possibilmente da trasformare in utili. Credetemi, questa è la pura, triste, squallida verità.
Vi fareste mai difendere da un avvocato privo di formazione scientifica e privo di autonomia, magari inventatosi tale il giorno prima? Vi fareste mai curare da un medico privo di formazione scientifica, che ha scoperto tale vocazione improvvisamente? Personalmente no.
Un messaggio è stato oramai metabolizzato da tutte le persone: l’avvocatura è una casta che difende egoisticamente i propri interessi, in danno della collettività. E di questi tempi essere casta è come essere portatori di peste. S’impone dunque una riflessione più serena e obiettiva.
Partiamo dalle origini della Carta: l’avvocatura ha rilievo costituzionale. Il riferimento costituzionale più evidente è certo quello dell’articolo 24 della Costituzione inerente il diritto inviolabile di difesa, affidato appunto a una figura scientificamente formata per ricoprire il ruolo di difensore. In altri articoli è poi menzionato l’avvocato (104, 106, 135 Cost.).
L’avvocato difende e tutela gli interessi delle persone ed è garante della Costituzione e del sistema di diritto, partecipando in ciò al ruolo centrale della magistratura, in parte bilanciandone l’esercizio.
L’avvocatura ricopre dunque una veste particolarmente delicata, poiché si occupa di diritti. L’avvocatura non può quindi in alcun modo essere equiparata all’impresa, perchè la prima è fondata sui valori di autonomia e indipendenza, dignità e decoro, che infondono in genere le libere professioni, ma che per l’avvocatura ne rappresentano l’anima.
Il richiamo ossessivo in questi mesi, da parte del legislatore, di Confindustria e dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (meglio nota come Antitrust, a ben vedere poco autonoma e longa manus della politica) al principio di libera concorrenza, che si vuole imporre ai singoli ordinamenti professionali, non è solo ingannevole ma è una palese menzogna.
Ciò per almeno tre motivi. Il primo è che l’avvocatura – e altrettanto la professione medica che si occupa del bene prezioso salute – non può essere liberalizzata indiscriminatamente, consentendola a chiunque si desti una mattina e si cali la toga addosso. Verrebbe meno la tutela dei diritti (ed è l’intento di una parte della classe politica) perché una cattiva tutela corrisponde a nessuna tutela. Il secondo è che, a ben vedere, la professione forense è già libera, atteso che si pretende solo un percorso scientifico rigoroso (laurea in legge; praticantato; esame di Stato) ma chiunque può accedervi. Il terzo è, come già anticipato, che l’avvocatura e la professione medica non sono certamente imprese. Analogamente ad altre libere professioni.
Non v’è dubbio alcuno di come le libere professioni debbano essere riformate, al pari degli Ordini che ne garantiscono il controllo, ma ciò salvaguardando i principi fondamentali di essi e preservandoli appunto dalla mercificazione e dalla perdita di autonomia e indipendenza.
Quanto all’avvocatura, giova ricordare come giaccia (tumulata, nonostante le reiterate promesse dell’allora guardasigilli Alfano, evidentemente occupato su altri fronti) alle Camere da un anno e mezzo la riforma dell’ordinamento forense, consegnata dall’avvocatura unita al legislatore. Come possa cambiare in meglio l’avvocatura se il legislatore ignori tale riforma (che contiene rilevanti novità) non è dato sapere. Che debba cambiare la professione forense non v’è dubbio alcuno: oggi gli esami di Stato non sono tenuti da una sola commissione ma da tante secondo la ripartizione (geografica) per Corte d’Appello e i risultati variano sorprendentemente; gli Ordini non esercitano costantemente e omogeneamente il potere disciplinare; la formazione continua deve essere reale e non virtuale. Solo per dirne alcuni, di problemi.
Tuttavia la liberalizzazione, giustamente respinta al mittente dall’avvocatura (che non si è erta come casta ma bensì a difesa dei propri principi, nell’interesse precipuo anche dei cittadini) e dalle libere professioni in genere, è un inganno malevolo. Perlomeno nel caso della pretesa “liberalizzazione dell’avvocatura” lo scopo non è (ma guarda caso…) la maggiore tutela economica dei cittadini (la liberalizzazione, si sa, vuole incidere sull’abbassamento dei prezzi) ma la maggiore tutela di Confindustria che vuole raggiungere due obiettivi importanti: spendere assai meno in parcelle e possibilmente assorbire l’avvocatura in banche e assicurazioni rendendo dipendenti (e dunque non più liberi e autonomi) i liberi professionisti.
Il legislatore è ancor più ingannevole perché getta fumo negli occhi dei suoi elettori con la pretesa di liberalizzare le “libere professioni” (e i mass media raccolgono servilmente o, se liberi, poco criticamente) così da nascondere ancora oggi le omissioni nel garantire un libero mercato nei settori fondamentali e strategici (energia; trasporto ferroviario; banche; posta etc.) dell’economia italiana.
L’avvocatura non è dunque una casta, bensì è solo un costo – per Confindustria – da ridurre e possibilmente da trasformare in utili. Credetemi, questa è la pura, triste, squallida verità.
Vi fareste mai difendere da un avvocato privo di formazione scientifica e privo di autonomia, magari inventatosi tale il giorno prima? Vi fareste mai curare da un medico privo di formazione scientifica, che ha scoperto tale vocazione improvvisamente? Personalmente no.
GIACOMO ZUCCO (esponente del gruppo TEA Party Italia ) ha scritto :
RispondiElimina"Letto. Interessante, ma come sai non sono d'accordo nè con le premesse nè con le conclusioni!
Riassumendo il mio parere, potrei dire: sono d'accordissimo sul fatto che l'impostazione monopolistica e corporativistica dell'avvocatura è perfettamente compatibile con lo spirito e la lettera della costituzione italiana...ma questa evidente compatibilità non mi spinge a considerare una buona cosa la suddetta impostazione monopolistica e corporativa...bensì al contrario mi conferma quanto quella italiana sia in gran parte una cattiva costituzione!!!!
Un passaggio che ritengo significativissimo è questo: "Vi fareste mai difendere da un avvocato privo di formazione scientifica e privo di autonomia, magari inventatosi tale il giorno prima?" ... una domanda esplicita e ragionevolissima che ne nasconde una implicita e molto pericolosa: "Vi va bene che da oggi in poi, nel concreto, sia sempre e solo IO a decidere al vostro posto, obbligatoriamente e insindacabilmente, anche eventualmente CONTRO il vostro stesso parere, la qualità di una formazione scientifica, l'autonomia di un avvocato o la sua credibilità?". Nessuno nega che sia più intelligente SCEGLIERE avvocati (e medici, e dentisti, e banchieri, e gommisti, e meccanici, e donne delle pulizie, ecc.) bravi e preparati piuttosto che cattivi e impreparati...nessuno nega che sia utile DELEGARE questa selezione ad enti ad hoc che ne sanno più di noi in materia (associazioni di categoria, riviste specializzate, amici esperti del settore, ecc.)...io però NEGO che sia legittimo e funzionale allo scopo il fatto che lo stato italiano imponga con la forza la PROPRIA associazione, in regime di monopolio legale, vietando ai clienti di ricorrere ai consigli di altri enti per selezionare il "miglior avvocato", e vietando agli avvocati di praticare al di fuori di questo cartello statale!"
Vorrei sapere se per i professionisti, di tutte le specie e non solo per gli avvocati, esiste la possibilità di farsi pubblicità facendo conoscere l'elenco delle attività svolte, con i loro risultati e, possibilmente, i prezzi richiesti ai clienti. Credo che questa sarebbe un'accettabile interpretazione del tema ''liberalizzazione''.
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