lunedì 3 ottobre 2011

I NUOVI NUMERI DAL PIANETA DIVORZIO

Argomento delicato ancorché non nuovo quello affrontato sul Corriere.it che riprendendo un'indagine di Maria SIlvia Sacchi da una serie di informazioni utili sullo stato del DIVORZIO in Italia, sgombrando anche il campo a qualche radicato luogo comune.
Il Primo è che il matrimonio sia un affare per la Donna. NON lo è. Almeno NON più, ammesso che lo sia mai stato.
La famosa "sistemazione" della figlia che si marita non trova suffragio dai numeri che potete osservare direttamente

Separazioni/divorzi Chi paga?
 
I trend sono noti ma le PERCENTUALI sono in discesa....
E quindi è confermato che :
A) Quando c'è un assegno di mantenimento questo è sempre (98%) a favore della moglie
B) Quando viene assegnata la casa coniugale questa va prevalentemente alla moglie (56%)
C) Che in caso di figli l'assegno per il loro mantenimento viene corrisposto in modo assolutamente prevalente dal padre
Ma, ciò detto,  qualcosa sta cambiando, e qualche percentuale è diversa dalla convinzione popolare.
Se è vero che quando viene determinato l'assegno di mantenimento, questo è per la moglie (soggetto economicamente più debole in genere) leggiamo che nel 2009 SOLO il 21,1 % dei casi vede realizzata questo tipo di determinazione. Quindi, OGGI, solo una donna su 5 separandosi ha un assegno di mantenimento ( poi parleremo dell'entità) .
Se è vero che la casa familiare va prevalentemente alle donne, questo avviene nel 56% dei casi. Una volta su due, che non è poco ma è infinitamente meno del tempo in cui io consigliavo ai miei amici nubendi di farsi regalare un set nuovo di valigie capienti  nel caso di crisi coniugale.....
In realtà l'uomo conserva la casa familiare una volta su 5, non di più, ma sono aumentati i casi in cui gli ex coniugi si sistemano ciascuno in una dimora NUOVA, e il nido d'amore viene lasciato (se era in affitto) o venduto.
Nel presentare il suo lavoro la giornalista fa delle osservazioni argute, efficaci.
Dai dati raccolti ha tratto questa osservazione : da noi ci si sposa ancora all'"Italiana", ma ci si lascia sempre di più "all'americana".....ma senza le stesse regole USA.
Nel ricordare come il fenomeno sia in netta crescita....nel 1972 si separavano 40 coppie su 1000 !!!!! oggi si parla che abbiamo superato le 250....(nel 2000, registrava l'autrice della ricerca, 140 ), la Sacchi fa un elenco dei motivi perché il matrimonio oggi " fa paura" agli uomini :

1) in Italia le mogli si fanno mantenere, 2) sono le donne che chiedono la separazione, 3) a causa del divorzio gli uomini diventano poveri, 4) la casa finisce sempre all’ex moglie, 5) la Giustizia è in realtà una inGiustizia e fa crescere un business attorno a separazioni/divorzi.
Ora, confrontandosi con Chiara Saraceno, una noto studiosa delle dinamiche familiari, se c'è una cosa che NON si capisce, è come ci siano tante donne che preferiscano investire nel MATRIMONIO anziché sul PROPRIO lavoro. 
Purtroppo – prosegue Saraceno – le donne non si proteggono. Come diceva in tempi non sospetti il sociologo francese Francois de Singly
quando una donna decide di non investire nel lavoro perché investe nel matrimonio fa una cosa che, se fosse un investimento finanziario, sarebbe altamente sconsigliabile
perché concentra tutto il proprio investimento in un unico bene che è il matrimonio e la sua durata. Una situazione molto efficiente se il matrimonio dura e se il marito ha successo nel mercato del lavoro, ma totalmente perdente se qualcosa non funziona. Gli uomini – dice ancora la sociologa – anche quando investono tanto nel matrimonio, non vi investono tutte le proprie risorse perché continuano a investirle anche nel lavoro. Non è solo un problema di risparmi – spiega Saraceno – ma del fatto che per la maggioranza delle persone il bene più grosso che si ha è la propria capacità di lavoro.
Anche se divido il patrimonio, se divido la casa, se divido equamente ogni bene al momento della separazione, la ricchezza più grande che uno ha accumulato è la capacità di continuare a guadagnare, oltre che la propria futura pensione. Una capacità che non è divisibile.
Una donna che si ripresenta sul mercato del lavoro, che ha lasciato per accudire i figli, si presenta con un curriculum perdente e in competizione con donne e uomini più giovani e spesso senza figli”.

I giudici poi stanno cambiando, e in caso di separazione tra coniugi giovani tendono sempre meno a dare un assegno alla moglie giovane che deve adoperarsi per provvedere a se stessa.

“I giudici sempre meno riconoscono un assegno di mantenimento alla moglie, neppure nel caso in cui sia casalinga. Se è in età da lavoro, in nome della parità, si dice che deve attivarsi, il che è anche una buona cosa ma farlo a 25 anni o a 45 dà delle chance diverse – dice Saraceno -. Oggi un assegno di mantenimento al coniuge si dà se è molto anziano o se vi sono figli molto piccoli”.
Ma l’Italia, come abbiamo visto, non è tutta uguale: “I giudici prendono atto del mercato del lavoro, così finiscono per pagare più spesso un assegno di mantenimento alla moglie uomini con redditi modesti nel Mezzogiorno anziché uomini più abbienti nel Centro Nord. Già da tanti anni negli Stati Uniti – prosegue la sociologa – nei casi in cui la donna aveva lasciato il proprio lavoro per aiutare il marito, le sentenze prevedono spesso l’obbligo per l’ex marito di aiutare finanziariamente il ritorno in formazione dell’ex moglie, in modo che lei recuperi almeno in parte una capacità spendibile sul mercato del lavoro.
Ma quello riportato è un orientamento giurisprudenziale niente affatto uniforme.
Marino Maglietta,  "l'inventore" dell'affidamento condiviso che lui spingerebbe fino alla esatta, aritmetica  divisione dei tempi di presenza dei genitori coi figli, osservava come ancora la Cassazione sostenga che
, se una coppia aveva deciso che la moglie non lavorasse ma si occupasse della casa, ha diritto a continuare a non lavorare anche dopo la separazione. Siamo uno degli ultimi Paesi al mondo in cui esiste il vitalizio sine die, quasi ovunque si prevede un tempo per raccordare la situazione di prima a quella del dopo”. È assurdo, dice Maglietta, “perché quella che prima era una mini comunità in cui ciascuno svolgeva un proprio compito, chi lavorando in casa e chi fuori, dopo non esiste più e il principio è che ognuno deve provvedere a se stesso”. Ci sono però Paesi come gli Stati Uniti dove con il divorzio ci si divide il patrimonio di famiglia fin lì messo insieme. “Gli Stati Uniti scontano una tradizione matriarcale, ma esistono anche altre soluzioni. La solidarietà è fuori discussione, ma penso che si debba verificare  in ogni singolo caso se davvero esiste uno stato di necessità: non si può fare del mantenimento del coniuge una regola generale”. 
Personalmente, non condivido tutte le tesi di Maglietta, che conosco personalmente, in prevalenza però si. Diciamo che sono meno "talebano" sulla "bi-genitorialità" , ma sono assolutamente d'accordo con lui che certi principi giurisprudenziali (a quello da lui citato aggiungerei "la conservazione del tenore di vita goduto al tempo del  matrimonio"...allucinante !!! ) si riferiscono ad un'Italia quasi del tutto sparita.
Ma si sa, i Giudici della Legge si "adeguano" all'evoluzione e al cambiamento sociale solo dove questo si sviluppa in senso a loro gradito...
Ma l'articolo sta diventando troppo lungo ed è indispensabile spezzarlo....
Concludiamo questa prima parte con le parole con cui la Sacchi lo aveva..iniziato....rivolgendosi alle donne 
"Se lavorate, tenete stretto il vostro posto. E, se avete una figlia, insegnatele, sì, a tenere in ordine la casa, ma spronatela soprattutto a essere economicamente autonoma.
Per una donna non c’è assicurazione migliore."

Continua........

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