sabato 28 gennaio 2012

BERLUSCONI "STATISTA": QUANDO L'ANALISI E' GIUSTA E LA CONCLUSIONE E' SBAGLIATA

Chi legge il Camerlengo sa che sono un estimatore di Pierluigi Battista, già vicedirettore del Corriere della Sera e tuttora editorialista di punta del più prestigioso quotidiano italiano.
Però sono rimasto un po' interdetto nel leggere il suo "fondo" di ieri, laddove spronava Berlusconi a mantenere fermo il suo appoggio al governo Monti, ignorando non solo le sempre più feroci critiche e minacce di Bossi - che avverte che la Lombardia cadrà se il PDL continuerà ad appoggiare l'attuale governo - ma anche i rovinosi sondaggi che vedono il PDL in caduta libera. Da quando Monti è Premier, il PD è salito fin quasi al 30% dei voti e il PDL è sceso al 22.
Se a novembre la vittoria elettorale della sinistra era probabile oggi è CERTA.
Battista scrive un'analisi assolutamente corretta. Registra il fatto sopra citato (il prezzo altissimo pagato dal leader del centro destra) e ne individua le cause: finora Monti ha penalizzato più l'elettorato del PDL che quello di sinistra. Adesso dovrebbero toccare al PD i mal di pancia (qualcosa è avvenuto con l'accelerazione della riforma Dini sulle pensioni) con la riforma del lavoro (sulla quale peraltro si registra grandissima "prudenza" per non dire timore).
 Fin qui tutto giusto.
Aggiunge che ciò era ed è necessario considerato la gravissima situazione italiana.
E anche questo è giusto, ancorché sono in tanti, compresi sul giornale di Battista, a criticare e non poco le ricette adottate (troppe tasse, con effetti deprimenti sulla già depauperata crescita).
Ma quello che mi lascia più perplesso è:
1) un leader politico può rimanere così "Passivo" nel vedere il suo elettorato disperdersi? Forse dovrà sbattersi per SPIEGARE, per far intravedere una STRATEGIA, presente e futura. Pretendere, ancorché non sui giornali, che vengano fatte anche riforme gradite alla destra, in primis la riduzione del debito pubblico. Non mi pare che avvenga nulla di tutto questo
2) la definizione di Berlusconi come STATISTA. Questo veramente mi ha lasciato sconcertato. Ma veramente Battista ritiene che Berlusconi, per questa remissiva passività nei confronti del governo Monti, meriti questo appellativo?  Sinceramente ritengo che NON lo sia stato prima, e tanto meno lo sia ora.  Io non amo la dietrologia ma l'atteggiamento di Berlusconi mi sembra così "strano" che il sospetto che abbia, da bravo venditore qual'è, barattato il PDL per qualche salvacondotto giudiziario mi viene....(era una sorta di proposta di Casini, ai tempi...). Però è solo una fantasia, lo ribadisco.
Certo, in astratto la conclusione di Battista - Berlusconi STATISTA perché disposto ad affrontare l'impopolarità presso il suo elettorato per il bene superiore del paese - sarebbe anche corretta.
Ma si diventa STATISTI per un singolo atto? Che potrebbe avere ALTRE spiegazioni, meno nobili?.
No Direttore, non sono convinto.
Però l'articolo va letto, perché scritto benissimo, come sempre, e perché ognuno giudichi da sé
 
Per Bossi, Berlusconi sarebbe «una mezza cartuccia» se non staccasse la spina al governo Monti. È vero il contrario. Bossi si sta dimezzando come leader politico, prigioniero dei suoi stessi ricatti e lazzi, insulti e gestacci. Invece Berlusconi, confermando il suo appoggio al governo sta dimostrando, pur nel momento peggiore di una parabola politica ventennale, di avere forza, carattere e senso della responsabilità. Di saper pagare prezzi elevatissimi per il suo (sofferto) sostegno al governo che è subentrato a quello da lui diretto e traumaticamente lasciato. Il Berlusconi «populista» e schiavo dei sondaggi si dimostra capace di scelte impopolari e dolorose, di saper sfidare le irrequietezze del suo mondo, di non accettare la prosa ricattatoria di un Bossi dalla leadership sempre più debole anche all’interno della Lega.
Il Pdl e il Pd hanno compiuto una scelta coraggiosa nel sostenere un governo tecnico mentre l’Italia rischiava (e rischia) il fallimento. Il Pdl anche un po’ di più. Dopo la riforma delle pensioni, la base sociale del Pd non è stata travolta dalla minacciata, ma non ancora attuata, riforma del mercato del lavoro. Nel frattempo il serbatoio elettorale del Pdl è stato duramente intaccato. Colpiti i tassisti e i farmacisti, i commercianti, le libere professioni, gli autotrasportatori, il ceto medio asfissiato dall’imposizione fiscale, i milioni di proprietari della prima casa che avevano visto nell’abolizione dell’Ici una boccata d’ossigeno. Molti elettori del Pdl sono in rivolta. I parlamentari del partito sono sempre più tentati dalle sirene del disimpegno e della fronda e invocano il loro leader perché la smetta di svenarsi a vantaggio di un governo votato ma non amato, sostenuto ma temuto. Persino molti maggiorenti del partito di Berlusconi lavorano per sganciare il Pdl da una politica di pesanti sacrifici a scapito di un elettorato deluso e preoccupato, in passato attratto da Berlusconi per il suo messaggio antitasse e oggi ferito da un’imposizione fiscale sempre più gravosa.
Se Berlusconi rompesse con Monti, ne potrebbe ricavare un vantaggio immediato. I sondaggi diramano bollettini disastrosi, e la tentazione della piazza e dell’opposizione potrebbe apparire come una facile via per la salvezza. Ma Berlusconi ha detto nuovamente di no a una scorciatoia che condurrebbe l’Italia verso esiti ignoti. Per la seconda volta il leader del Pdl ha imposto al suo partito una via diversa da quella delle elezioni immediate. Non è detto, ovviamente, che il rapporto con il governo Monti non possa precipitare nei prossimi mesi. Ma per adesso la spina non viene staccata. Non una scelta da «mezza cartuccia», ma da statista intero. Gli avversari di Berlusconi dovrebbero avere l’onestà intellettuale di riconoscerlo. Potrebbero seguire l’esempio dello stesso Monti: che infatti si rifiuta di liquidare sprezzantemente l’esperienza del governo che l’ha preceduto.

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