martedì 28 febbraio 2012

IN SIRIA 100 VITTIME AL GIORNO. E I POTENTI NON SANNO CHE FARE

In Siria la prudenza non è mai troppa. Se si pensa come si sia deciso in quattro e quattrotto di intervenite in Libia per "proteggere i civili" dall'ira del dittatore, il giustiziato Gheddafi, e a Damasco, dopo 11 mesi e 7.500 morti ufficiali, più non si sa quante scomparsi, feriti, arrestati, siamo ANCORA alle parole di condanna sdegnata, la differenza non è poca. Qualcuno, ai tempi, si era illuso che essendo gli occidentali già impegnati in Libia, non si poteva pretendere...e poi magari Assad, vista la fine di Gheddafi, poteva decidere  di filarsela per tempo, come Ben Alì in Tunisia, e risolvere la cosa. Non è andata così.
Credo peraltro che oggi la prudenza non sia nemmeno solo dovuta all'atteggiamento ben diverso tenuto da Russia e Cina nella vicenda. Con Gheddafi i due paesi spesso vicini ai dittatori, furono sorpresi, rimasero forse un po' spiazzati dalla inconsueta rapidità con cui gli occidentali  deciso di intervenire, forzando anche un po' il mandato ONU ricevuto...e comunque il leader libico non era propriamente un "amico".
Assad si, di lungo corso pure. E quindi il voto di protezione nelle riunioni del consiglio di sicurezza è assicurato.
Ma tutto sommato la copertura russo cinese fa anche un po' comodo all'occidente, che non si fida mica tanto di queste primavere che poi portano l'affossamento di regimi con i quali in qualche modo si erano trovati dei compromessi accettabili, quando non vere e proprie alleanze. E l'alternativa non è la democrazia laica sognata dalle minoranze dei giovani e degli intellettuali che navigano in rete, ma sono i governi islamisti, con una buona dose di fanatici dentro.  In Siria non solo gli Alauiti, la tribù del presidente, ha paura di una caduta di Assad, ma anche le minoranze sciite e cristiane.
Insomma non è affatto semplice la cosa.  Tra l'altro quanto accade in Libia aumenta gli indugi, il timore di non ripetere passi frettolosi. Nel paese liberato, i villaggi abitati dalla popolazione fedele al raiss sono stati abbandonati...sono deserti. Decine di migliaia di persone hanno abbandonato le loro case per ...non si sa...forse Tripoli. Scelta? Costrizione? E che ci frega a noi, li abbiamo liberati dal dittatore no? Adesso se la vedono un po' loro...
Ma magari non è così, e proprio quello che è accaduto negli altri paesi fa indugiare molto su che cosa si possa fare in Siria. Certo i bombardamenti delle città come Homs, il numero delle vittime che sale ormai quotidianamente (si parla di un centinaio di morti ogni giorno) è qualcosa di non facile da ignorare per chi dei "diritti civili" "della tutela dei popoli" si riempi così spesso la bocca.
Ecco le ultime dalla cronaca della Repubblica.it

Sono oltre 7.500 le vittime della repressione del regime siriano dall'inizio della rivolta contro Assad. E' il dato fornito da Lynn Pascoe, sottosegretario generale agli affari politici dell'Onu. Molte delle vittime sono bambini, fra di loro anche un bimbo di 10 mesi preso dai militari e fucilato con tutta la sua famiglia. A dirlo ai microfoni della Radio Vaticana il nunzio apostolico in Siria, Monsignor Zenardi.  Numeri impressionati che sono stati resi noti nel giorno in cui uno dei due giornalisti occidentali feriti a Homs, Paul Conroy, ha trovato rifugio in Libano. E' giallo, invece, sulla sorte della sua collega francese Edith Bouvier, la cui evacuazione a Beirut era stata annunciata e poi smentita dal presidente Sarkozy in persona.

7.500 morti e oltre 25.000 rifugiati. Nelle violenze in Siria sono state uccise "ben oltre" 7.500 persone. "Le cifre però non sono precise" ha spiegato Pascoe, parlando oggi in Consiglio di sicurezza. Il sottosegretario ha aggiunto che ci sono notizie "credibili" secondo le quali nel Paese muoiono ogni giorno più di 100 civili. Pascoe ha anche affermato che tanto il governo siriano, quanto la comunità internazionale, hanno fallito nel tentativo di porre fine a 11 mesi di carneficina cominciati con la repressione delle proteste dei civili da parte di Damasco.
MARIE COLVINE
Voci, conferme e poi smentite. Fino a qualche ora fa non c'era ancora nulla di certo sulle sorti del  fotografo britannico del Sunday Times Paul Conroy e della collega francese inviata de Le Figaro Edith Bouvier, rimasti feriti nel corso di un bombardamento a tappeto delle forze lealiste siriane su Homs 1, roccaforte dell'opposizione al regime di Bashar al Assad. Ora è ufficiale che Conroy è sano e salvo in Libano, mentre la sorte della Bouvier è ancora avvolta nel mistero.
 Era stato addirittura il presidente francese Nicolas Sarkozy ad annunciare la liberazione della Bouvier, ma l'inquilino dell'Eliseo è stato successivamente costretto a una clamorosa marcia indietro: "La situazione sul posto", ha detto scusandosi, "è estremamente complessa".
 E' invece in salvo e in buone condizioni nell'ambasciata britannica Paul Conroy, freelance del Sunday Times. Stando a una fonte dell'opposizione siriana che partecipa alle operazioni di trasferimento dei feriti, Conroy sarebbe stato trasferito con l'aiuto degli attivisti anti-Assad nella nottata di ieri, attraverso un varco di confine illegale.  "Mia moglie ha parlato con nostro figlio e lo ha sentito in ottimo umore", ha dichiarato Les Conroy, padre del fotoreporter. "Noi - ha aggiunto - siamo tutti sollevati e felici".
 Nei bombardamenti, altri due reporter occidentali, l'americana Marie Colvin e il francese Remi Ochlik, erano rimasti uccisi. Nei giorni scorsi i media di tutto il mondo avevano trasmesso un disperato appello nel quale la Bouvier, ferita a una gamba, chiedeva di essere curata e rimpatriata.

Nessun commento:

Posta un commento