giovedì 15 marzo 2012

INGROIA COME TORQUEMADA: L'INQUISITORE CHE NESSUNO VORREBBE CONTRO DI SE'

La politicizzazione della Magistratura è un cancro pericoloso, ormai diffuso, e che iniziò con magistratura democratica, nei dannati anni 70 (pensare che io ero un ragazzo contento a quei tempi, l'avessi saputo che negli anni della mia giovinezza l'Italia si stava guastando così tanto e gravemente !! Capanna, dovunque tu sia, ti auguro una vecchiaia serena ma anche uno stratosferico MA VAFFA !!! ).
Erano gli anni dell'impegno civile, della demolizione e demonizzazione della società borghese, e molti giovani giudici pensarono che fosse un dovere anche della magistratura, uno dei poteri dello Stato, dare un contributo diretto e che le leggi "sbagliate", perché ritenute ostili ad un certo tipo di società e di classe, andassero disapplicate. Al contrario, quelle gradite, estese nella loro applicazione oltre ogni ragionevolezza (nasce lì l'imbarbarimento giurisprudenziale dell'art. 18 dello statuto dei lavoratori, diventato totem della illicenziabilità qualunque cosa il lavoratore possa aver fatto).
Applicare la Legge non fu considerato più sufficiente, e certi procuratori pensarono che loro erano chiamati a fare GIUSTIZIA. La loro però....E sì perché l'ambizione ideale sarebbe anche bella , "fare giustizia", ma forse un po' presuntuosa....probabilmente per questo che più modestamente ma realisticamente sarebbe già oggetto di gratitudine assoluta che si limitassero a curare - loro in testa - l'osservanza della Legge.
Il risultato si vede quale sia. I cittadini non credono più nell'imparzialità dei Magistrati (roba che fino a 30 anni fa erano insieme al Capo dello Stato e all'Arma dei Carabinieri considerati l'istituzione più sana del paese...), e le sentenze sono giuste o sbagliate in funzione della "parte " che hanno soddisfatto.
Da qualche mese a questa parte Travaglio, che per anni era stato il paladino dei giudici contro l'"attacco" berlusconiano, è diventato il loro censore più virulento, roba  che manco Ghedini e la Santanché messi insieme !! Per non parlare di quella povera maschera di Di Pietro.
Vani, negli anni, si sono rivelati gli appelli dei Primi Presidenti della CAssazione e del Presidente della Repubblica (che è anche presidente del CSM) perché i magistrati ricordassero che il loro diritto di cittadini, e quindi la loro libertà di espressione, andava conciliata con la delicatezza e il prestigio del loro ruolo, l'importanza che i cittadini  potessero SEMPRE contare sulla imparzialità del giudice designato a giudicarli.
E quindi no alle apparizioni in tv, alla esposizione mediatica, alle polemiche...
Ora, c'è qualcuno che sano di mente avrebbe mai voluto come PM uno come Di Pietro, De Magistris (per fortuna passati alla  politica, dove se non altro la gente può NON votarli)  o oggi il Dr. Woodcook o , peggio, il procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia ??
 Facci dedica a quest'ultimo la sua quotidiana "filippica", che francamente mi sento di sottoscrivere integralmente.
Buona Lettura


Antonio Ingroia, procuratore aggiunto a Palermo, dovrebbe dimettersi dalla magistratura o esserne cacciato. Tutto qui. Andrebbe cacciato perché rappresenta una degenerazione del magistrato che si crede un missionario anziché un funzionario dello Stato. Andrebbe cacciato perché deve ancora dimostrare di sapere fare il proprio mestiere e non è chiaro perché lo paghiamo da 25 anni: quali successi abbia ottenuto, cioè, e a nome di quale malinteso senso di giustizia. Antonio Ingroia incarna tutto ciò che la stessa Magistratura sostiene che un magistrato non debba essere: se ne fotte del Csm, non rispetta le sentenze che lo riguardano né i giudici che le pronunciano, presenzia a talkshow e a congressi di partito, fa sparate personalizzate con ricadute politiche, attribuisce connivenze mafiose - a dispetto di ogni sentenza - a forze che furono votate da mezzo Paese, si propone implicitamente come epigono di Falcone & Borsellino e li adotta come scudo, è intimo di quella stampa, infine, specializzata nel demolire le toghe nemiche e nel cercar di condizionarne le decisioni. Il palermitano Ingroia si perde nei labirinti mentali di una Sicilia grottesca che non interessa più: in questo assomiglia a Dell’Utri, è italiano per metà ed europeo per nulla. All’estero lo chiuderebbero in una teca: «Magna Graecia Iudex».

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