Lui è un europeista convinto, ancorché credo realisticamente un po' rattristato della palude in cui il progetto Europa si è andato a incagliare, io francamente sempre stato tra le fila degli euroscettici. Non perché pensi male dell'idea di un'Europa Federata, ma perché ne vedevo fin dall'inizio alcune impossibilità (per me) storiche e quindi anche politiche. Non mi sembra un caso che i progressi maggiori si siano fatti, fino alla scelta azzardata della moneta unica, in campo commerciale mentre quelli socio politici sono rimasti piuttosto indietro.
Uno dei settori dove l'Europa è sempre in questi 50 anni rimasta assolutamente carente è la politica estera. Lì veramente abbiamo dato il peggio di noi, con pagine vergognose come la guerra nei balcani, dove a Sarajevo e Srebrenica siamo stati capaci di atti di viltà che credo siano da annoverare tra i più infami della storia moderna.
Ora che il muro è caduto - ormai da un po' - e che gli USA sembrano decisi a spostare la loro attenzione sul Pacifico lasciando l'Europa a sbrigarsela da sola, vedremo che ne sarà di un sistema di difesa che da decenni si è sempre appoggiato sull'esistenza dell'ombrello protettivo americano.
Angelo Panebianco, che già in un articolo sulla rivista SETTE aveva messo in guardia l'Europa da un eccesso di "emancipazione" nei confronti dello storico alleato di oltre oceano, oggi ne scrive un altro dove avverte come si avvertano venti di guerra sempre più forti sui paesi del medio oriente, causa prima l'ormai prossima dotazione da parte dell'Iran della bomba nucleare.
Israele aspetterà ancora quanto prima di agire ? Si fiderà delle assicurazioni americane, di fronte alla minaccia di un paese che da anni dice apertamente di voler spazzare via lo stato ebraico dalla cartina geografica e che presto avrà le armi per attuare il suo criminale progetto ?
E se Israele muove guerra che accadrà ? Cosa faranno gli occidentali? Noi europei ?
A noi queste cose preoccupano poco, afflitti come siamo dall'erosione quotidiana del nostro benessere e comunque delle condizioni di vita di un tempo. Con problemi grandi di occupazione e lavoro. Cose reali.
Ma anche questa minaccia lo è. E forse gli Stati che dicono di formare l'Unione dovrebbero parlare anche di questo oltre che di Spread, Borsa e Crescita.
Buona Lettura
RISCHI DI GUERRA E L'ASSENZA DELL'EUROPA
La polveriera iraniana
Fare i conti senza l'oste. L'Europa appare ormai da tempo ripiegata su se stessa. La crisi dell'euro, il fallimento di fatto della Grecia, i rischi corsi dall'Italia, le imminenti elezioni francesi, i gravi problemi della maggioranza di governo in Germania favoriscono l'introversione europea. L'Europa sembra cieca e sorda rispetto a ciò che si muove intorno a lei, ai pericoli incombenti e alle conseguenze che possono derivare da eventi esterni al perimetro dell'Unione. Organismo debilitato e in crisi l'Unione, e anche i suoi Stati più importanti, Germania in testa, sembrano rassegnati a un ruolo passivo e secondario nelle crisi esterne all'Europa. Come se parole quali «interdipendenza» o «globalizzazione», a forza di ripeterle, avessero perso il loro significato originario, come se fosse possibile isolare l'Europa dalle onde d'urto che provengono dall'esterno. Le divisioni che attraversano oggi il Vecchio continente hanno di mira solo i suoi equilibri interni: ad esempio, la lettera con cui dodici leader europei hanno chiesto vigorose misure per la crescita segnala il debutto di una coalizione contraria alle rigidità tedesche, alla politica di rigore senza sviluppo che la Germania sta imponendo all'Unione. Ciò è spiegabile alla luce della crisi che ha investito l'Europa.
Meno spiegabile è invece la latitanza europea dagli scacchieri esterni nei quali si giocano partite che possono avere un grandissimo impatto sulla evoluzione della crisi europea. Meno spiegabile è il fatto che i capi di governo europei non abbiano ancora trovato tempo e modo per una presa di posizione collettiva su ciò che sta accadendo in Medio Oriente. Come se l'Europa potesse disinteressarsene.
In Medio Oriente i venti di guerra stanno soffiando con sempre maggior forza. È probabile che Israele, sul quale pesa una minaccia esistenziale, una minaccia alla sua sopravvivenza, decida entro pochi mesi di attaccare l'Iran, di colpirlo prima che esso si doti di armamenti nucleari. La guerra è resa ancor più probabile per il fatto che in Iran è in corso una lotta senza esclusione di colpi fra due fazioni, entrambe nemiche di Israele ed entrambe sostenitrici del programma nucleare, quella che fa capo alla Guida suprema Khamenei e quella che fa capo al presidente Ahmadinejad. Come spesso accade in queste circostanze, la fazione più in difficoltà potrebbe scegliere di aggravare ulteriormente la crisi con Israele, innescando così il conflitto armato, nel tentativo di prevalere sulla fazione rivale. Si aggiunga il fatto che l'Iran corre il rischio, nei prossimi mesi, di vedere indebolita la propria posizione internazionale a causa della crisi, quasi certamente irreversibile, del suo principale alleato mediorientale, il regime siriano. E ciò può accrescere nei suoi governanti la tentazione dell'avventurismo.
In Medio Oriente i venti di guerra stanno soffiando con sempre maggior forza. È probabile che Israele, sul quale pesa una minaccia esistenziale, una minaccia alla sua sopravvivenza, decida entro pochi mesi di attaccare l'Iran, di colpirlo prima che esso si doti di armamenti nucleari. La guerra è resa ancor più probabile per il fatto che in Iran è in corso una lotta senza esclusione di colpi fra due fazioni, entrambe nemiche di Israele ed entrambe sostenitrici del programma nucleare, quella che fa capo alla Guida suprema Khamenei e quella che fa capo al presidente Ahmadinejad. Come spesso accade in queste circostanze, la fazione più in difficoltà potrebbe scegliere di aggravare ulteriormente la crisi con Israele, innescando così il conflitto armato, nel tentativo di prevalere sulla fazione rivale. Si aggiunga il fatto che l'Iran corre il rischio, nei prossimi mesi, di vedere indebolita la propria posizione internazionale a causa della crisi, quasi certamente irreversibile, del suo principale alleato mediorientale, il regime siriano. E ciò può accrescere nei suoi governanti la tentazione dell'avventurismo.
L'ondata che la guerra solleverebbe sarebbe gigantesca. Il prezzo del petrolio volerebbe alle stelle con un fortissimo impatto recessivo sull'economia internazionale. Negli scenari più cupi, però, il costo stimato del petrolio in caso di conflitto sarebbe addirittura il problema minore. Perché si aprirebbero, soprattutto per l'Europa, anche gravissimi problemi di sicurezza. L'estremismo islamico sciita-iraniano potrebbe avere interesse a colpire l'Europa per costringerla a esercitare pressioni su Israele. E troverebbe alleati, probabilmente, fra gli estremisti sunniti, anch'essi nemici di Israele.
Si noti che l'evoluzione in Medio Oriente sarebbe negativa per noi europei sia nel caso che la guerra scoppiasse a breve termine sia nel caso che venisse rinviata nel tempo. Nella prima eventualità, ci sarebbe una immediata onda d'urto. E, inoltre, le conseguenze di medio-lungo termine sarebbero altrettanto gravi. Se la guerra scoppiasse ora e Israele vincesse allontanando da sé la minaccia nucleare, ciò sarebbe ottenuto al prezzo di un drastico indebolimento della potenza iraniana in Medio Oriente. Tolto di mezzo il loro storico nemico politico-religioso, i fondamentalisti sunniti, veri vincitori, fino ad oggi, delle cosiddette rivoluzioni arabe, diventerebbero molto più aggressivi. E con la loro accresciuta aggressività non solo Israele ma anche l'Europa dovrebbero fare i conti.
Se invece la guerra non scoppiasse subito e l'Iran diventasse una potenza nucleare, la conseguenza non sarebbe solo un rischio permanente per la sopravvivenza di Israele: i regimi sunniti, Arabia Saudita in testa, dovrebbero a loro volta rapidamente dotarsi di armi nucleari per riequilibrare l'Iran. Un Medio Oriente interamente nuclearizzato sarebbe un incubo per il mondo e per l'Europa in primo luogo.
Se invece la guerra non scoppiasse subito e l'Iran diventasse una potenza nucleare, la conseguenza non sarebbe solo un rischio permanente per la sopravvivenza di Israele: i regimi sunniti, Arabia Saudita in testa, dovrebbero a loro volta rapidamente dotarsi di armi nucleari per riequilibrare l'Iran. Un Medio Oriente interamente nuclearizzato sarebbe un incubo per il mondo e per l'Europa in primo luogo.
Ciò che davvero servirebbe a tutti, ma non c'è speranza di ottenerlo a breve termine, è un cambiamento di regime in Iran. Rassicurando così sia Israele che gli arabi sunniti. Obama e gli europei persero un'occasione d'oro quando, per miopia politica, non appoggiarono attivamente la rivolta antiregime in Iran del 2009. Fu l'unica buona occasione per rovesciare il regime teocratico nato dalla rivoluzione del 1979. E venne sprecata. Sarebbe stato più utile per tutti se gli occidentali avessero fatto per l'Iran in quella occasione ciò che hanno fatto (forse con eccessivo entusiasmo) per la Libia nel 2011, o almeno, senza arrivare all'intervento diretto, ciò che sta facendo oggi la Turchia a sostegno dei rivoltosi in Siria.
Che i medici si diano da fare intorno al capezzale dell'euro va benissimo. Ma senza dimenticare che i pericoli che corriamo sono di varia natura. Dal Medio Oriente, come sempre, arrivano i più insidiosi.
Che i medici si diano da fare intorno al capezzale dell'euro va benissimo. Ma senza dimenticare che i pericoli che corriamo sono di varia natura. Dal Medio Oriente, come sempre, arrivano i più insidiosi.
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