Bene, tra i fatti si possono annoverare i numeri.
E quelli che oggi pubblica Libero, confrontando le aliquote dei paesi più industrializzati del mondo ci consegnano un primato a cui sono certo rinunceremmo tutti più che volentieri: la pressione tributaria complessiva sul PIL è la seconda tra i paesi occidentali, prima è la Svezia, di ben 10 punti complessivi superiore alla mEdia dei paesi OCSE.
Partendo dal 1975 - notoriamente è negli anni 70 che iniziamo a fare disastri - la pressione fiscale in Italia è aumentata di 18 punti!!!!!!
NESSUNO COME NOI. Che figo...
Negli USA e GB nello stesso periodo è pure leggermente calata, ma degli altri paesi, solo la Spagna raggiunge la doppia cifra, fermandosi a un più 12, e ciononostante la pressione in Spagna è del 30%. Niente a che vedere col nostro mostruoso 43, 4!!!!
Ma mettiamoli in ordine
Svezia 47,7 Italia 43,4 Francia 42,4, Germania 37,3, GB 34,3 Spagna 30,6, Giappone 26,9, USA 24,1.
C'è da piangere si?
Se poi en passent aggiungiamo che nessuno sano di mente si sognerebbe di paragonare mai i servizi italiani con quelli svedesi ma anche con quelli francesi, e che il Giappone si permette un prelievo fiscale del 27%, 16,5 punti inferiore al nostro, con il debito pubblico più grande del mondo (200%), è evidente che qualcosa non torna.
Ma possibile mai che in sede di conferenza stampa nessun giornalista chieda conto al Premier Monti, che ha l'ossessione del fisco nella testa, di questi numeri??
Che fine fanno i nostri soldi????????
Ecco l'articolo di Franco Bechis a commento delle cifre elencate.
Buona Lettura
Detto da lui, significa davvero che il limite non è più superabile. In Italia sui lavoratori dipendenti c’è una pressione fiscale «proibitiva». Parola di Vincenzo Visco, ex ministro delle Finanze dei governi di centrosinistra. La pressione fiscale «è aumentata nel 2011 a causa delle misure discrezionali introdotte, nel 2012 e negli anni successivi supererà il 45%. L’Italia è dunque un Paese ad alta tassazione come risulta anche nei confronti internazionali, inferiore soltanto a quella dei Paesi del Nord Europa. Se si tiene conto che il Pil pro capite italiano è più basso di quello di Francia, Germania e Inghilterra, lo sforzo fiscale nel nostro Paese risulta ancora più elevato. Se si considera infine che l’evasione fiscale in Italia è ben più alta che all’estero, l’incidenza sui contribuenti corretti è chiaramente proibitiva».
Quel «proibitiva» Visco l’ha pronunciato di fronte alla commissione Finanze del Senato guidata da Mario Baldassari, che da mesi (ancora prima che si insediasse Mario Monti) sta svolgendo una indagine conoscitiva sulla riforma fiscale che Giulio Tremonti aveva presentato e ora il nuovo premier vorrebbe correggere. Di fronte alla commissione sono sfilati i migliori cervelli di cui disponga l’Italia del fisco: tributaristi, economisti, direttori di centri studi, dirigenti pubblici del settore, fiscalisti, commercialisti, docenti universitari della materia. Ognuno ha portato tabelle, considerazioni e bozze di soluzioni. Solo nelle ultime settimane sono sfilati oltre al citato Visco l’ex commissario Consob Filippo Cavazzuti, il direttore della Fondazione Rodolfo De Benedetti, Tito Boeri, l’esperta di tassazione familiare dell’Università di Bologna, Chiara Rapallini e il professore Antonio Pedone, ex banchiere, ordinario alla Sapienza. Le analisi sono sostanzialmente tutte identiche: l’Italia sta morendo di tasse, che soffocano l’economia reale, impoveriscono gran parte dei contribuenti onesti, impediscono la ripresa.
Pedone ha portato con sé le incredibili statistiche dell’Ocse (Oecd) che spiegano come dalla riforma tributaria italiana del 1973-’74 in poi «il prelievo tributario complessivo si è accresciuto in Italia più che in qualsiasi altro paese europeo e dell’area Ocse e più che in qualsiasi altro periodo dei 150 di Unità del Paese». Siamo campioni del mondo di tasse, perfino più che in evasione fiscale. «Dal 1975 ad oggi», ha spiegato Pedone, «la pressione tributaria in Italia è aumentata in misura più che quadrupla rispetto a quella media dei paesi industrializzati dell’area Ocse (18 punti di Pil rispetto a poco più di 4 punti); più del doppio che in Francia e sei volte più che in Germania, per non parlare del Regno Unito e degli Stati Uniti dove, nello stesso periodo, la pressione tributaria complessiva è addirittura diminuita». Non solo: «Nel corso dell’ultimo quindicennio e in particolare dall’avvio dell’Unione monetaria europea, l’Italia è l’unico fra i maggiori Paesi dell’area dell’euro che presenta un incremento della pressione tributaria complessiva (più 1,4 punti di Pil), rispetto a una riduzione di tutti gli altri maggiori Paesi e dell’insieme dei paesi dell’area euro, ma anche della media di tutti i paesi dell’Unione europea (-2,1 punti di Pil)».
Grazie alle manovre di emergenza del 2011, concluse con il salva-Italia di Monti, questo divario «tenderà a persistere e forse ad accentuarsi». Con una aggravante, ben sottolineata da Cavazzuti: «Nel corso degli anni 1988-2009 le entrate pubbliche hanno quasi sempre e soltanto inseguito la crescita dello stock del debito pubblico». In questo periodo grazie agli spread spesso bassi, è accaduto che si riuscisse a ridurre la spesa per interessi, ma «la spesa primaria dopo il punto minimo dell’anno 2000 è sempre cresciuta». Che cosa è accaduto secondo Cavazzuti? È stata «operata una cospicua redistribuzione della spesa pubblica dai detentori dei titoli di Stato prevalentemente a favore di tutti coloro che usufruiscono delle mille provvidenze della spesa pubblica. Infatti mentre la spesa per interessi passivi è scesa dal 6,3% al 4,5% del Pil, la spesa al netto di questa è cresciuta dal 41,8% del Pil al 46,7%».
Dunque la vera origine della crescita bassa italiana è nella pressione fiscale intollerabile nei confronti dei ceti produttivi. Che hanno peggiorato la loro condizione e il loro livello di vita in termini nemmeno paragonabili con tutti gli altri paesi competitori. In compenso i mangia-soldi a tradimento dello Stato sono cresciuti. Un quadro così, su cui tutti i tecnici sono concordi, era il presupposto per fare il contrario esatto di quel che ha compiuto fin qui il governo Monti: l’impianto del decreto salva-Italia invece di essere una medicina, aggrava la malattia e il colpo di grazia rischia di arrivare ora dalla firma dell’accordo europeo sul fiscal compact. Perché - come ha calcolato sempre Cavazzuti, con quell’accordo mai avessimo un Pil in crescita costante nominale del 3% (e non è sicuro) e un debito pubblico che non superi i 1900 miliardi di euro in partenza, l’Italia non potrebbe fare altro che stringere ancora di più la cinghia e rispettare il pareggio di bilancio nella speranza che «trascorrano almeno 7 anni affinchè il rapporto debito/Pil scenda appena sotto il 100% e circa 24 anni per raggiungere il 60% del Pil». Altro che spread, qui l’Italia rischia di morire di Montite acuta…
Quel «proibitiva» Visco l’ha pronunciato di fronte alla commissione Finanze del Senato guidata da Mario Baldassari, che da mesi (ancora prima che si insediasse Mario Monti) sta svolgendo una indagine conoscitiva sulla riforma fiscale che Giulio Tremonti aveva presentato e ora il nuovo premier vorrebbe correggere. Di fronte alla commissione sono sfilati i migliori cervelli di cui disponga l’Italia del fisco: tributaristi, economisti, direttori di centri studi, dirigenti pubblici del settore, fiscalisti, commercialisti, docenti universitari della materia. Ognuno ha portato tabelle, considerazioni e bozze di soluzioni. Solo nelle ultime settimane sono sfilati oltre al citato Visco l’ex commissario Consob Filippo Cavazzuti, il direttore della Fondazione Rodolfo De Benedetti, Tito Boeri, l’esperta di tassazione familiare dell’Università di Bologna, Chiara Rapallini e il professore Antonio Pedone, ex banchiere, ordinario alla Sapienza. Le analisi sono sostanzialmente tutte identiche: l’Italia sta morendo di tasse, che soffocano l’economia reale, impoveriscono gran parte dei contribuenti onesti, impediscono la ripresa.
Pedone ha portato con sé le incredibili statistiche dell’Ocse (Oecd) che spiegano come dalla riforma tributaria italiana del 1973-’74 in poi «il prelievo tributario complessivo si è accresciuto in Italia più che in qualsiasi altro paese europeo e dell’area Ocse e più che in qualsiasi altro periodo dei 150 di Unità del Paese». Siamo campioni del mondo di tasse, perfino più che in evasione fiscale. «Dal 1975 ad oggi», ha spiegato Pedone, «la pressione tributaria in Italia è aumentata in misura più che quadrupla rispetto a quella media dei paesi industrializzati dell’area Ocse (18 punti di Pil rispetto a poco più di 4 punti); più del doppio che in Francia e sei volte più che in Germania, per non parlare del Regno Unito e degli Stati Uniti dove, nello stesso periodo, la pressione tributaria complessiva è addirittura diminuita». Non solo: «Nel corso dell’ultimo quindicennio e in particolare dall’avvio dell’Unione monetaria europea, l’Italia è l’unico fra i maggiori Paesi dell’area dell’euro che presenta un incremento della pressione tributaria complessiva (più 1,4 punti di Pil), rispetto a una riduzione di tutti gli altri maggiori Paesi e dell’insieme dei paesi dell’area euro, ma anche della media di tutti i paesi dell’Unione europea (-2,1 punti di Pil)».
Grazie alle manovre di emergenza del 2011, concluse con il salva-Italia di Monti, questo divario «tenderà a persistere e forse ad accentuarsi». Con una aggravante, ben sottolineata da Cavazzuti: «Nel corso degli anni 1988-2009 le entrate pubbliche hanno quasi sempre e soltanto inseguito la crescita dello stock del debito pubblico». In questo periodo grazie agli spread spesso bassi, è accaduto che si riuscisse a ridurre la spesa per interessi, ma «la spesa primaria dopo il punto minimo dell’anno 2000 è sempre cresciuta». Che cosa è accaduto secondo Cavazzuti? È stata «operata una cospicua redistribuzione della spesa pubblica dai detentori dei titoli di Stato prevalentemente a favore di tutti coloro che usufruiscono delle mille provvidenze della spesa pubblica. Infatti mentre la spesa per interessi passivi è scesa dal 6,3% al 4,5% del Pil, la spesa al netto di questa è cresciuta dal 41,8% del Pil al 46,7%».
Dunque la vera origine della crescita bassa italiana è nella pressione fiscale intollerabile nei confronti dei ceti produttivi. Che hanno peggiorato la loro condizione e il loro livello di vita in termini nemmeno paragonabili con tutti gli altri paesi competitori. In compenso i mangia-soldi a tradimento dello Stato sono cresciuti. Un quadro così, su cui tutti i tecnici sono concordi, era il presupposto per fare il contrario esatto di quel che ha compiuto fin qui il governo Monti: l’impianto del decreto salva-Italia invece di essere una medicina, aggrava la malattia e il colpo di grazia rischia di arrivare ora dalla firma dell’accordo europeo sul fiscal compact. Perché - come ha calcolato sempre Cavazzuti, con quell’accordo mai avessimo un Pil in crescita costante nominale del 3% (e non è sicuro) e un debito pubblico che non superi i 1900 miliardi di euro in partenza, l’Italia non potrebbe fare altro che stringere ancora di più la cinghia e rispettare il pareggio di bilancio nella speranza che «trascorrano almeno 7 anni affinchè il rapporto debito/Pil scenda appena sotto il 100% e circa 24 anni per raggiungere il 60% del Pil». Altro che spread, qui l’Italia rischia di morire di Montite acuta…
Due semplici deduzioni da ignorante di Economia:
RispondiElimina1) ma allora i lavoratori dipendenti e i pensionati quando si lamentano fanno bene e non esprimono solo invidia sociale!
2) ma se davvero i fatti ed i numeri sono questi, Monti non è quell'uomo che riceve elogi da tutto il mondo ma è, invece un vero str....
UNCLE
Caro zio
RispondiElimina1) una cosa non esclude l'altra. La stupidità di certe persone del lavoro salariato è quella di pensare ch eloro pagano tante tasse a causa dell'evasione. E' quello che gli fanno credere i governanti per giustificare la pressione fiscale : "siamo costretti !!! c'è troppa evasione, e allora per pagare i servizi di cui la comunità ha bisogno siamo obbligati...". Non è così. Il debito pubblico per una parte, la metà più o meno, va effettivamente per i servizi (che se tutta quella massa di denaro riscossa fosse veramente solo per quelli dovremmo anche noi essere sui livelli svedesi no ? ) il resto sono spese clientelari ( assunzioni di favore, salvataggio di imprese decotte, finanziamento della politica ), sprechi (burocrazia elefantiaca ed inefficiente. Danno stimato da Ricolfi : 60 miliardi !! ) e ovviamente ruberie. Per far cessare tutto questo bisogna TOGLIERE denaro allo STato, lasciarne di più in mano ai cittadini che sicuramente sapranno amministrarlo meglio e se poi non ci riescono, si arrangino. Siamo così bambini da avere bisogno del padre padrone ?
2) se davvero....internet ormai ce l'hanno tutti, i dati possono essere verificati cercando un po'. Ma in realtà, come scritto sopra, non è che i numeri vengano smentiti, semplicemente viene falsificata la loro lettura. Monti mica nega che abbiamo una aliquota fiscale del 43,4%, dice che la colpa è dell'evasione. Falso come il peccato. Sapendo di essere falso. Gli elogi del mondo sono perché il governo "tecnico" viene preferito a quelli politici , più stretti dal problema di non scontentare il loro elettorato. La gente va messa in riga , la democrazia è una cosa noiosa, Hollande non deve vincere in Francia e in Grecia chiunque vinca si deve impegnare a seguire le istruzioni del direttorio europeo. Monti è allineato a tutto questo . Perché ne dovrebbero parlare male ?