E per il futuro, guardiamo a chiunque possa darci una barlume di speranza pur di non consentire l'affermazione della sinistra! Ma va??? Ma davvero siamo così infingardi ???
Io non l'ho letto l'articolo sul settimanale de benedettiano, però la fonte, Antonio Polito, è assolutamente degna di fede. Che dire ? D'Alema è tanto che naviga questi mari....era segretario della FGCI (i giovani comunisti italiani ) negli anni 70, poi è stato segretario dei DS, prese il posto di Prodi dopo lo sgambetto di Bertinotti ( e il professore bolognese non gliel'ha MAI perdonato), è stato lo sponsor di Bersani segretario del PD.... Navigare stanca, e l'età avanza. Se no come spiegare una castroneria del genere ? Ma perché io liberale dovrei mai votare per l'attuale PD ? Che si è divorato i centristi della Margherita, che ha sempre paura di essere cannibalizzato a sinistra, che se la fa con la Camusso e che di politica economica oltre a tasse, patrimoniale e redistribuzione del reddito NON sa dire , preoccupato com'è di non scontentare insegnanti e pensionati (gruppi rispettabili, ma, diciamolo, non proprio la spina dorsale economica di una Nazione).
Insomma, non è che se un governo non ha funzionato, io devo votare l'opposizione anche se NULLA del suo programma mi va bene .
Se sono veronese voterò Tosi (con convinzione!), se sono di Parma voterò un giovane grillino ( magari per disperazione) e se no aspetterò, e magari mi adopererò, per tempi migliori!
Ma a lui, D'Alema, che pensa di governare con quel manettaro di Di Pietro , che un'idea una, ora che non ha più l'antiberlusconismo da sventolare, NON ce l'ha , o con quel fumato di Vendola, il voto proprio non ci penso a darlo. Ed evidentemente, come me, quell'altro 50% di italiani che hanno preferito non votare, senza contare quelle sparute minoranze che, fedeli come giapponesi, hanno votato comunque il centro destra.
Polito, che è di centro sinistra, risponde al vecchio leader, ex di tante bandiere (PCI, PDS, DS....).
Personalmente, ho guardato con interesse e anche speranza alla nascita del PD, all'idea Veltroniana di un partito che andasse oltre l'alleanza catto-comunista, e fondasse un movimento veramente moderno e progressista. A distanza di 5 anni, mi pare evidente che così non è stato, e Polito si illude che la sinistra italiana supererà mai la sua vocazione statalista e dirigista.
Comunque l'articolo è da leggere
Se la sinistra vuole governare dimostri di essere
cambiata
di Antonio Polito
C' è una forte irritazione ai vertici del Pd e nella stampa democratica per l'emergere di nuovi potenziali soggetti politici, da Grillo a Montezemolo a Passera: tutti ritenuti, pur nella loro diversità, in grado di sabotare la marcia elettorale della sinistra verso il governo. Con la consueta chiarezza Massimo D'Alema, in un'intervista all'Espresso, ha esplicitato questo timore accusando «una parte della borghesia italiana» di essere pronta a sostenere «tutto purché non si esca a sinistra dalla crisi del berlusconismo».
D'Alema segnala un'indiscutibile anomalia italiana. Nel resto d'Europa, infatti, non bisogna inventarsi nuovi partiti e movimenti ogni qualvolta la classe dirigente al governo fallisce o finisce: basta votare per l'opposizione. Se i tedeschi sono stanchi della Merkel avranno la socialdemocrazia, quando gli inglesi non ne potranno più di Cameron passeranno la mano ai laburisti, e in Francia pur di non tenersi Sarkozy hanno appena eletto il socialista Hollande.
Non so se in Italia sia l'establishment a non consentire questa naturale alternanza, scegliendo di volta in volta il «pifferaio» che la può impedire; ma di certo l'elettorato mostra qualche renitenza a trasferirsi da un centrodestra in disfacimento a una sinistra di governo, e dovunque trovi un outsider sembra preferirlo, come è stato chiaro alle ultime amministrative.
Chi si ribella a questa anomalia deve dunque analizzarne la causa e indicarne il rimedio. Il sospetto che circonda la sinistra in Italia è infatti pienamente giustificato dal fatto che essa ha fallito la prova del governo entrambe le volte in cui l'ha conquistato. Gli italiani diedero la maggioranza al governo Prodi nel 1996, ma in poco più di due anni la coalizione si sfasciò, un pezzo di sinistra se ne andò, e D'Alema lo ricorda bene perché toccò a lui arrabattare un'altra maggioranza che comprendeva pezzi di centrodestra. Nel 2008 gli italiani ridiedero la maggioranza, anche se molto risicata, all'Unione di Prodi; e anche quella volta tutto finì nel giro di due anni. D'altra parte, se è vero che i governi di sinistra tennero sotto controllo il deficit, è pur vero che lo fecero ricorrendo a una forte pressione fiscale e senza riavviare la crescita, esattamente ciò che la sinistra rimprovera oggi a Monti. Insomma: è quantomeno legittimo non fidarsi, visti i precedenti.
A questo passato si potrebbe ovviare offrendo una garanzia per il futuro. La sinistra potrebbe cioè convincere gli italiani che la prossima volta non sarà come le due precedenti. Però, a differenza che in tribunale, in politica l'onere della prova incombe sul sospettato. Non sono gli elettori a doverci credere, ma la sinistra a doverlo dimostrare. Per ora, a dire la verità, né le possibili alleanze, né il personale politico, né i contenuti programmatici sembrano discostarsi significativamente da quelli che furono alla base degli insuccessi precedenti. Non è che se c'è Vendola al posto di Bertinotti e Di Pietro al posto di...Di Pietro, le cose cambino molto. Per giunta, stavolta non c'è neanche un Prodi.
Di qui alle elezioni la sinistra ha certamente il tempo e l'opportunità di dimostrare che non è quella di sempre. Spetta però a lei passare questo esame, e non c'è alcuna buona ragione per pretendere un sei politico preventivo da parte di establishment e popolo.
di Antonio Polito
C' è una forte irritazione ai vertici del Pd e nella stampa democratica per l'emergere di nuovi potenziali soggetti politici, da Grillo a Montezemolo a Passera: tutti ritenuti, pur nella loro diversità, in grado di sabotare la marcia elettorale della sinistra verso il governo. Con la consueta chiarezza Massimo D'Alema, in un'intervista all'Espresso, ha esplicitato questo timore accusando «una parte della borghesia italiana» di essere pronta a sostenere «tutto purché non si esca a sinistra dalla crisi del berlusconismo».
D'Alema segnala un'indiscutibile anomalia italiana. Nel resto d'Europa, infatti, non bisogna inventarsi nuovi partiti e movimenti ogni qualvolta la classe dirigente al governo fallisce o finisce: basta votare per l'opposizione. Se i tedeschi sono stanchi della Merkel avranno la socialdemocrazia, quando gli inglesi non ne potranno più di Cameron passeranno la mano ai laburisti, e in Francia pur di non tenersi Sarkozy hanno appena eletto il socialista Hollande.
Non so se in Italia sia l'establishment a non consentire questa naturale alternanza, scegliendo di volta in volta il «pifferaio» che la può impedire; ma di certo l'elettorato mostra qualche renitenza a trasferirsi da un centrodestra in disfacimento a una sinistra di governo, e dovunque trovi un outsider sembra preferirlo, come è stato chiaro alle ultime amministrative.
Chi si ribella a questa anomalia deve dunque analizzarne la causa e indicarne il rimedio. Il sospetto che circonda la sinistra in Italia è infatti pienamente giustificato dal fatto che essa ha fallito la prova del governo entrambe le volte in cui l'ha conquistato. Gli italiani diedero la maggioranza al governo Prodi nel 1996, ma in poco più di due anni la coalizione si sfasciò, un pezzo di sinistra se ne andò, e D'Alema lo ricorda bene perché toccò a lui arrabattare un'altra maggioranza che comprendeva pezzi di centrodestra. Nel 2008 gli italiani ridiedero la maggioranza, anche se molto risicata, all'Unione di Prodi; e anche quella volta tutto finì nel giro di due anni. D'altra parte, se è vero che i governi di sinistra tennero sotto controllo il deficit, è pur vero che lo fecero ricorrendo a una forte pressione fiscale e senza riavviare la crescita, esattamente ciò che la sinistra rimprovera oggi a Monti. Insomma: è quantomeno legittimo non fidarsi, visti i precedenti.
A questo passato si potrebbe ovviare offrendo una garanzia per il futuro. La sinistra potrebbe cioè convincere gli italiani che la prossima volta non sarà come le due precedenti. Però, a differenza che in tribunale, in politica l'onere della prova incombe sul sospettato. Non sono gli elettori a doverci credere, ma la sinistra a doverlo dimostrare. Per ora, a dire la verità, né le possibili alleanze, né il personale politico, né i contenuti programmatici sembrano discostarsi significativamente da quelli che furono alla base degli insuccessi precedenti. Non è che se c'è Vendola al posto di Bertinotti e Di Pietro al posto di...Di Pietro, le cose cambino molto. Per giunta, stavolta non c'è neanche un Prodi.
Di qui alle elezioni la sinistra ha certamente il tempo e l'opportunità di dimostrare che non è quella di sempre. Spetta però a lei passare questo esame, e non c'è alcuna buona ragione per pretendere un sei politico preventivo da parte di establishment e popolo.
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