La Grecia tornerà al voto il 17 giugno . Cosa potrà cambiare mai? Sulla questione greca si torna perché spread e borsa hanno ricominciato ad agitarsi malamente, e si è ripreso a parlare di paura del "contagio".
Ma scusate, questi discorsi si sentivano, TALI E QUALI, un anno fa. Ma allora c'era Berlusconi, un incosciente al potere, uno inaffidabile, e l'Italia non faceva i compiti. Da allora sono passati 12 mesi, i compiti abbiamo iniziato a farli già con Tremonti (vennero varate due manovre tra primavera e estate 2011, qualcuno se lo è dimenticato??), poi da novembre abbiamo avuto il governo dei salvatori, che hanno sistemato la previdenza, che non è cosa piccola (in Europa nessuno meglio di noi ora, nemmeno la Germania prima della classe ) , hanno fatto finta di fare le liberalizzazioni , hanno tassato a mano bassa per sistemare il bilancio come ci veniva richiesto (anche se la ricetta impartita non era basata sulle tasse, ma è il risultato quello che conta no ? ) e poi hanno pure messo in cantiere la riforma del lavoro (pessima ma importante è riformare, magari i mercati sono coglioni) e la spending review!! Che dite? Si sono accorti che anche Monti fa più fumo che arrosto ? Tasse a parte s'intende, perché lì non ha scherzato ....
Resta il fatto che ci siamo messi sulla retta via no? E non siamo più in mano al nano puttaniere quindi la virtù ci aspetta ! E allora perché la borsa va giù e lo spread su?? Perché ancora il pericolo del contagio?? Non vi abbiamo dimostrato di aver messo la testa a "fa bene"??
Che c'entriamo noi se i Greci non vogliono morire per pagare il loro essere stati cicale per 30 anni?? I mercati , gli dei moderni, puniranno i reprobi, gli ellenici appunto, e salveranno i redenti, cioè NOI!!!
Non è così???
Pare di no. Allora delle due l'una, o ci avete fregato, e da un anno ci raccontate molto balle e le ragioni della crisi sono ALTRE, come alcuni dicevano già da allora e oggi lo dicono in di più, oppure quello che si è fatto non è sufficiente, anzi forse è addirittura sbagliato. Perché se è vero che il debito deve diminuire, con le tasse non si ottiene questo risultato, per l'effetto recessivo che producono (con minor gettito di entrata) ma semmai coi tagli alla spesa, che invece sembra tutta INTOCCABILE.
In tutti e due i casi, non stiamo messi bene.
Sulla vicenda greca, e i suoi corollari, scrive Davide Giacalone, tra i primissimi a dire che i soloni della governance europea, sia politica che finanziaria, per risparmiare 30 miliardi di allora che avrebbero debellato sul nascere la speculazione contro il debito greco, ne hanno poi bruciati centinaia col solo risultato che , dopo un anno, ancora parliamo di " Grecia dentro o fuori dall'euro", di "rischio contagio" ecc. ecc.
Se prendessimo gli articoli di questi giorni e li retrodatassimo di 12 mesi, andrebbero benissimo lo stesso e parimenti se facessimo il contrario : utilizzare i giornali di ieri per commentare le notizie sulla Grecia oggi.
Non sono belle cose.
Buona Lettura
Agrippa e la Grecia
Valutate due date e misurate l’assurdo: il 17 giugno i greci
torneranno a votare, poi, entro il 30 giugno, quindi tredici giorni dopo, il
nuovo governo dovrà realizzare tagli alla spesa pubblica per un valore pari al
5,5% del prodotto interno loro. Aspetta e spera.
Tornano a votare perché il governo che avevano eletto è
stato detronizzato dal (falso) dio spread, perché quando proposero un
referendum sulle misure imposte da Bruxelles furono subissati d’insulti (dacché
la democrazia è divenuta eresia), e perché il governo tecnico non ha posto
rimedio, sì che il voto del 6 maggio scorso ha dato luogo a un guazzabuglio
ingovernabile. A ben vedere il prossimo 17 giugno i greci voteranno per il
referendum che non si volle far fare a George Papandreou, pro o contro l’euro.
Con la differenza che, nel frattempo, si sono massacrati loro e s’è massacrata
l’Unione europea. Avevamo visto giusto, quando guardammo con simpatia a quel
referendum.
Se scorrete i titoli dei giornali, in giro per l’Europa e
per mesi, sembra che la Grecia sia il novello untore. La terminologia è quella
epidemica, paventando il contagio. Ma chi ha contagiato chi? La crisi dei
debiti arriva dagli Stati Uniti, dove sono più diffusi prodotti finanziari che
favoriscono la speculazione, senza più alcun rapporto con il mercato reale. Lì
l’hanno curata sommergendola di denaro, e sperando che non riparta al
prosciugarsi dell’onda. Quando è arrivata in Europa s’è provato, su indicazione
della clinica tedesca, coadiuvata dall’infermeria francese, a curarla con il
rigore. Non solo il risultato è disastroso, ma si corre anche il rischio di
considerare negativa l’attenzione ai bilanci pubblici e la tensione nel
tagliarne le vaste spese inutili e improduttive. Due danni in un colpo solo.
L’errore fu commesso all’inizio, considerando il dramma
greco un problema dei greci, da superarsi a loro spese. L’errore consisté nel
credere che si potessero salvare le banche, specie tedesche e francesi, senza
salvare la Grecia, e con quella l’Europa. Non fu un errore tecnico, perché
tecnicamente era solo una micidiale castroneria, fu un errore politico, che
reintroduceva l’egoismo nazionalista nella speranza europeista. Fu un errore
riconoscibilissimo, tant’è che lo descrivemmo ed esecrammo. Eppure fu commesso.
Ai greci è stato applicato al contrario l’apologo di Menenio
Agrippa, quello che puntava a spiegare al popolo perché fosse utile lavorare,
raccontando che è vero tutto il cibo finiva nello stomaco, nonostante fosse
procurato dalle braccia, ma senza nutrimento allo stomaco anche i muscoli avrebbero
ceduto. Per Agrippa era chiaro che il corpo sociale, come quello umano, era un
tutt’unico. S’era a cinquecento anni prima di Cristo. Duemilacinquecento anni
dopo lo stomaco s’è rivolto al piede infetto, certo anche per sua
trascuratezza, e gli ha detto: cavoli tuoi, curati e cammina, che ho fame.
Siccome non era svelto lo si è preso a mazzate, gli si sono sequestrati i
calzari, gli si è detto che faceva schifo. Poi la caviglia ha detto: cribbio,
qui mi contagiano. Il polpaccio ha cominciato a sentir dolore. E il male sale,
si diffonde, con il cervellino e la boccaccia che continuano ad inveire contro
il piede. Il vecchio Agrippa è passato di moda, ma il suo apologo funziona alla
perfezione: se ci si comporta così con la Grecia, con il piede, è segno che non
la si considera parte del corpo (salvo averla accettata, sapendo bene quale era
la realtà).
In queste condizioni non è la Grecia che uscirà dall’euro, è
l’euro che è uscito dall’idea d’Europa, da quella cresciuta fin dal 1951, con
la Comunità europea del carbone e dell’acciaio. Incapaci di vedere questo dato
i governi europei si sono gettati nella fornace, tant’è che 10 sui 17
dell’Unione monetaria e 16 sui 27 dell’Ue sono caduti (negli altri si deve
ancora votare). E invece di pensare che la causa sta nel deficit istituzionale
dell’euro e nel deficit democratico delle istituzioni europee, si tende a
credere che la causa sia l’eccesso di democrazia che porta i popoli a votare
contro questa follia tecnocratica e monetarista, condotta da falsi tecnici, in
nome di una falsa moneta.
Chi è europeista, come me, chi crede che il destino
dell’Italia sia migliore, se legato all’Europa, assiste a questa strage di
politica e di cultura urlando almeno una cosa: la mano assassina è il
nazionalismo, il contrario dell’europeismo. Se le nostre forze politiche non
fossero le amebe suonate che sono, da ciò potrebbero partire per ritrovare
iniziativa internazionale.
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