Non lo avesse mai fatto! Il primo a parlare è stato il solito Ingroia, che nel 2013 spero di vedere candidato nelle liste dei comunisti di Diliberto: da deputato non potrà MAI fare la metà della metà dei danni che ha fatto e potrà fare in Magistratura. Spero che dei seggi siano pronti anche per Spataro e Woodcock.
Naturalmente, per non sentirsi scavalcati dall'iniziativa del singolo, anche magistratura democratica ha fatto sentire il suo sdegno. La faziosità di questa corrente è talmente consolidata negli annali, che non vale quasi più la pena parlarne.
Nemmeno i fatti, e quindi i successi dell'azione del Ministro Maroni, i numerosi arresti eccellenti, l'aumento dei sequestri e delle confische dei patrimoni mafiosi possono superare il pregiudizio livoroso di certe teste.
Sul tema, interviene Davide Giacalone, che tra l'altro è di origini siciliane, e che ricorda bene i veleni di Palermo di 20 anni orsono, quando Falcone e Borsellino non erano gli eroi che, morendo, sarebbero diventati.
Imbrogli mafiosi
I ciarlieri dell’antimafia non ci fanno mai mancare le loro
verità, oramai rilasciando interviste e tenendo interventi per ogni dove. Sono
certo che la grande maggioranza dei cittadini non riesce a distinguere una tesi
dall’altra, sicché sintetizzo la ragione di tanto attivismo editoriale e di
tanto livore nelle contrapposizioni personali: la carriera. Questi magistrati
si sono convinti d’essere divi e si sono autosuggestionati al punto di credere
di potere osare la qualunque. Ci sono nomine da ottenere, carriere politiche da
promuovere, chiamate alla salvezza patria cui rispondere. Mi rincresce
osservarlo in modo ruvido, ma nessuno di loro ha lo spessore di una mezza
tacca. Hanno il palcoscenico, però, e s’esibiscono.
Siccome ci avviciniamo all’apice dell’orgia retorica, con
l’imminente ricorrere di un ventennio dalla morte di Falcone e Borsellino, e
siccome nessun cittadino normale può più capirci nulla e ricordare tutto,
magari ciascuno sperando che almeno uno di quegli attori sia qualche cosa di
simile a un vero combattente contro la mafia, desidero fornire due stelle
fisse, in modo da orientarsi fra i marosi delle bugie e delle mistificazioni.
Due temi sui quali misurare la serietà di chi parla.
1. Non credete a nessuno che vi parli di Falcone e
Borsellino senza partire dal fatto che furono sconfitti dalla magistratura, non
dalla mafia, e senza avvertire che dedicarono l’ultima parte della loro vita ad
un’inchiesta, denominata “mafia-appalti”, che immediatamente dopo la loro morte
fu archiviata. Non credete a nessuno che vi racconti di verità nascoste senza
partire da quella più evidente e scoperta, quindi la più negata e inquinata: la
procura di Palermo si mosse contro il disegno investigativo di Falcone e
Borsellino, approfittando della loro morte per prevalere in via definitiva.
2. Non credete a quelli che vi lasciano credere che ci sono
retroscena inconoscibili e cose indicibili, nel capitolo della presunta
trattativa fra lo Stato e la mafia. Fornisco i nomi e i cognomi, così vi
regolate: chi vi parlerà della trattativa per togliere il carcere duro, vale a
dire disapplicare il 41 bis del regolamento carcerario, senza dirvi che a
proporlo fu Adalberto Capriotti, dirigente del Dap (Dipartimento
amministrazione penitenziaria), in quel posto voluto da Oscar Luigi Scalfaro,
allora presidente della Repubblica, che ricevette quell’indicazione da Cesare
Curioni, capo dei cappellani carcerari, quindi dal Vaticano, e lo impose al
governo presieduto da Carlo Azelio Ciampi, il quale ancora crede che sia vero
il contrario di quel che fece, per essere il tutto sugellato dall’allora
ministro della giustizia, Giovanni Conso, chiudendo la partita prima delle
elezioni del 1994, quando, pertanto, Berlusconi ancora si occupava d’altro, chi
vi parlerà tacendo questo è un volgare imbroglione.
Le storie di mafia sono complicate, ma le bugie
dell’antimafia militante sono sfacciate. Invito tutti a onorare il ventennale
senza nulla concedere alla retorica bugiarda di quattro carrieristi, ricordando
che i due morti di venti anni fa non sarebbero finiti in quel modo se la mafia,
e gli interessi economici a quella associati, non avessero potuto contare, con
la loro scomparsa, di chiudere una stagione investigativa e processuale. Se la
memoria non riparte da quel dolore, se nel riemergere non desta dolore, vuol
dire che è solo melassa retorica e bugiarda. Inquinamento delle (evidenti)
prove.
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