Michele Serra, Gad Lerner, Fazio, Saviano - strano che non invitino quella mummia imbalsamata che è Florais d'Arcais - un vero parterre de Roi! Sono EDUCATORI mediatici. Vanno in TV e ti spiegano quali sono le cose che veramente contano nella vita.
Insopportabili.
La trasmisisone non l'ho vista, tranne un breve pezzo che mi è bastato.
Riporto il commento di Aldo Grasso che invece l'ha fatto e che riecheggia quanto appena osservato:
" Un po' martire, un po' rockstar Roberto
Saviano vive di parole, ha costruito il suo successo con le parole e,
nonostante la giovane età, viene già osannato come un venerato maestro. Così,
con l'aiuto di Fabio Fazio e di illustri «parolieri» come Francesco Piccolo e
Michele Serra (seduti in prima fila), Fazio e Saviano vogliono educarci,
redimerci, farci sentire migliori. Senza gioia, con pedanteria.
Le loro trasmissioni sono le sole eredi del maestro Manzi, le sole dove la noia viene scambiata per insegnamento, la demagogia per redenzione, la retorica per vaticinio. E, ovviamente, hanno successo perché la tv del dolore conosce tante forme, anche quella di predicare sui suicidi o sui bambini di Beslan. Il clima è sempre quello del rito, della celebrazione: una sorta di consacrazione laica della parola, una necessaria penitenza perché lo sproloquio si offra a noi come eloquio. Sotto le parole, niente. Solo un po' di omelia televisiva, dove quello che non ho si confonde volentieri con quello che non so.
La debolezza di questo reading è che tutti ti fanno venire il senso di colpa, persino Pupi Avati con i suoi ricordi felliniani al borotalco, persino il duo Travaglio-Lerner: se non sei impegnato, sei non vuoi cambiare il mondo con noi, se non usi le parole come arma di difesa civile, insomma sei poco propenso alla bacchettoneria, che tu sia dannato in eterno.
Fra i tanti luoghi comuni, ci sono anche le parole che il ceto medio riflessivo non dovrebbe mai pronunciare perché fanno cafone: sbaglio o la parola marketta non c'era?
Le loro trasmissioni sono le sole eredi del maestro Manzi, le sole dove la noia viene scambiata per insegnamento, la demagogia per redenzione, la retorica per vaticinio. E, ovviamente, hanno successo perché la tv del dolore conosce tante forme, anche quella di predicare sui suicidi o sui bambini di Beslan. Il clima è sempre quello del rito, della celebrazione: una sorta di consacrazione laica della parola, una necessaria penitenza perché lo sproloquio si offra a noi come eloquio. Sotto le parole, niente. Solo un po' di omelia televisiva, dove quello che non ho si confonde volentieri con quello che non so.
La debolezza di questo reading è che tutti ti fanno venire il senso di colpa, persino Pupi Avati con i suoi ricordi felliniani al borotalco, persino il duo Travaglio-Lerner: se non sei impegnato, sei non vuoi cambiare il mondo con noi, se non usi le parole come arma di difesa civile, insomma sei poco propenso alla bacchettoneria, che tu sia dannato in eterno.
Fra i tanti luoghi comuni, ci sono anche le parole che il ceto medio riflessivo non dovrebbe mai pronunciare perché fanno cafone: sbaglio o la parola marketta non c'era?
Condivido appieno.
Su Saviano si era concentrato il giorno prima Ferrara, e anche qui non posso che essere d'accordo:
I Moccia e i Fabio Volo hanno scritto anche loro libri di
successo. E’ un guaio che ti può capitare, una brutta malattia come il
premio Nobel e altre scemenze. Un giorno o l’altro qualcuno te le commina, se
sei veramente sfortunato, e c’è chi sbava nell’attesa. Ma nessuno li ha
trasformati in totem, non si prestavano, non erano all’altezza. Saviano invece
è all’altezza di questa mondializzazione del banale, di questa spaventosa
irriverenza verso l’allegria e l’eccentricità dell’intelletto come nutrimento
della società e della vita, di questa orgia del progressismo finto sexy, il
torello triste che combatte la sua corrida in compagnia di milioni di
consumatori culturali e di utenti dell’indicibilmente e sinistramente comune,
medio. Siamo il paese di Wilcock, di Flaiano, di Cesaretto, di Manganelli e a
parte lo spirito d’avanguardia e di letizia della scrittura, abbondano grandi
maestri, filologi, scrittori anche civili che qualcosa da dire ce l’hanno, in
trattoria e sui giornali e in tv, e siamo stati trasformati nel paese dei
balocchi dei festival e delle seriali conferenze culturali dedicate al libro,
al bestseller che ti cambia la vita come una nuova religione e ti immette nel
mainstream più compiacente e belinaro. Ma via. Qualcuno deve pur dirlo.
Facciamo un comitato, qualcosa di sapido e di cattivo, qualcosa di rivoltoso e
di ribaldo. Basta con Saviano.
Personalmente, tra Saviano e la sua imitazione, quella dello spassoso Checco Zalone, 100.000 volte meglio la seconda !
sto diventando di destra? condivido...
RispondiEliminaTu continua a guardare checchi e grandi fratelli,intanto il mondo va oltre...penoso
RispondiEliminaGordiano Lupi è un blogger che si occupa di diritti umani, particolarmente seguendo la loro negazione in quel di Cuba. Se condivide il mio post, che peraltro riporta le critiche a Saviano di gente non incolta, forse non è una questione di Grande Fratello, ma di non cedere alla spocchiosa demagogia che a "roby" sono sicuro non manchi. Anzi.
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