Buona Lettura
LA VISITA DEL CAPO DELLO STATO A PORZÛS
Il crollo
dell'ultimo muro della memoria
Come ha di recente scritto uno storico,
Raoul Pupo (nel volume «Porzûs», a cura di T. Piffer, Il Mulino), nel Friuli e
nella Venezia Giulia «accadde quel che successe non nel resto d'Italia, ma nel
resto della Jugoslavia»: vale a dire che quegli italiani che, come i partigiani
della Osoppo, combattevano i tedeschi ma cercavano anche di difendere
l'integrità territoriale del loro Paese vennero considerati da Tito come un
ostacolo per i propri obiettivi, dunque come «nemici del popolo» da eliminare.
L'eccidio di Porzûs non fu dunque il frutto di una generica rivalità tra
formazioni diverse, ma si legava appunto alla logica terribile di uno scontro
tra quanti accettavano la strategia jugoslava volta al controllo della Venezia
Giulia e del Friuli orientale e quanti vi si opponevano. Tra questi ultimi vi
furono anche dei militanti comunisti i quali non accettavano che, nella lotta
partigiana, la difesa dell'integrità nazionale italiana dovesse essere
sacrificata alla solidarietà ideologica con gli jugoslavi.
Ancora oggi, soprattutto a livello
locale, c'è chi non riesce a inquadrare nel suo vero contesto la matrice
dell'eccidio di Porzûs, restando abbarbicato a una memoria conservatrice e
nostalgica, troppo spesso caratteristica di un Paese che fatica a lasciarsi
alle spalle i conflitti del passato. Ma certamente le cose sono molto cambiate
rispetto a qualche tempo fa: nel 2001, ad esempio, l'ex commissario politico
garibaldino Giovanni Padoan, incontrandosi con il cappellano delle formazioni
Osoppo, don Redento Bello, definì l'eccidio «un crimine di guerra che esclude
ogni giustificazione». La visita del presidente Napolitano, che scoprirà una
lapide in ricordo delle vittime di Porzûs e del loro «sacrificio per la libertà
del Friuli e dell'Italia intera», sta a significare come anche quell'episodio
tragico faccia ormai parte pienamente della memoria dell'Italia democratica.
Giovanni Belardelli
Mia madre, che di politica non sapeva nulla , mi raccontava spesso di rese dei conti, di famiglie sparite nel nulla e le loro case passate di mano, di atroci vendette per motivi di denaro, o di corna, o per motivi addirittura più futili. a volte certa Storia va riscritta, sì. l'importante è riuscire a fermarsi in tempo. Cert'altro revisionismo è molto pericoloso.
RispondiElimina