ESTESO DELLA CORTE DI CASSAZIONE INVESTITA DELLA DISPOSIZIONE O MENO DELLA CUSTODIA CAUTELARE DEGLI IMPUTATI (OGGI ASSOLTI ) DEL CD. PROCESSO DI RIGNANO FLAMINIO.
RIGNANO FLAMINIO:SENTENZA CASSAZIONE DEL 18/9/2007 SULLA SCARCERAZIONE DEGLI INDAGATI
SENTENZA DEL 18 SETTEMBRE 2008
La Cassazione conferma l'ordinanza di scarcerazione degli
indagati per i presunti abusi sugli alunni dell'asilo di Rignano
Flaminio.REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANOLA CORTE SUPREMA DI
CASSAZIONESEZIONE TERZA PENALEComposta dagli Ill.mi Sigg.:Dott. LUPO ERNESTO
PRESIDENTE1.Dott.GRASSI ALDO - CONSIGLIERE2.Dott.SQUASSONI CLAUDIA -
CONSIGLIERE3.Dott.GENTILE MARIO - CONSIGLIERE4.Dott.FIALE ALDO - CONSIGLIEREha
pronunciato la seguenteSENTENZAsul ricorso proposto da :
PUBBLICO MINISTERO PRESSO CORTE D'APPELLO di ROMA
nei confronti di:1) S.G.2) D.M.P.3) M.S.C. N.4) P.M. N.5)
D.S.W.K.avverso ORDINANZA del 09/05/2007 TRIB. LIBERTA' di ROMA(omissis)
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di
Tivoli ha applicato la misura cautelare della custodia carceraria, per il reato
di violenza sessuale di gruppo, a S.G., D.M.P., M.S.C., P.M., L.C., D.S.W.K.,
avendo come riferimento le investigazioni espletate dalla Polizia e dal
Pubblico Ministero. Esse erano costituite dalle dichiarazioni plurime,
reiterate e tra loro coincidenti dei genitori dei bambini, che sono state
ritenute intrinsecamente credibili ed affidabili perché corroborate da
riscontri esterni (tra i quali i più significativi sono le riprese
audioregistrate effettuate dai genitori, l'esito della consulenza che aveva concluso
come i piccoli avessero una sindrome post- traumatica da abusi sessuali, i
certificati medici, la compatibilità dei luoghi ove,secondo i minori,
avvenivano le violenze con le abitazioni dei coniugi S.G.N. e della P.M.).In
base a tali indagini, il Giudice ha ritenuto che le fonti probatorie fossero di
tale gravità da sostenere la conclusione che vari alunni dello asilo di
Rignano, nel corso dell'anno 2005-2006,venivano condotti fuori dalla scuola
dalle insegnanti D.M.P., P.M., M.S.C. e dalla bidella L.C.; indi venivano
portati, con l'aiuto dello S.G.N. e di D.S.W.K., nelle case delle maestre ove
erano narcotizzati, sottoposti con minacce e violenze, anche crudeli, a
pratiche sessuali cruente ed invasive ed erano costretti a partecipare a riti
satanici; alcuni atti sessuali, secondo i bambini, avvenivano anche nell'
asilo.In esito a richiesta di riesame degli indagati, il Tribunale della
libertà di Roma, con ordinanza 10 maggio 2007, ha rilevato come i
piccoli, tramite i genitori, descrivessero, con abbondanza di particolari,
fatti atroci addebitabili a persone note; tuttavia, i Giudici hanno ritenuto
che il materiale indiziario agli atti fosse insufficiente ed anche
contraddittorio,sì da non integrare la soglia di gravità richiesta dall'art.273
cpp, per le seguenti ragioni.A) Le denunce degli abusi sono avvenute con
modalità temporali-espositive sicuramente “particolari”, se non “sospette”, dal
momento che i genitori si erano più volte riuniti scambiandosi informazioni sul
crescendo delle accuse;B) La consulenza psicologica è stata posta in essere
senza le cautele che la Carta di Noto consiglia al fine di assicurare la
genuinità delle dichiarazioni dei minori: inoltre, l'esperto nominato dal
Pubblico Ministero ha effettuato indagini che non gli competevano, ha usato un
metodo non controllabile, non ha considerato che i sintomi di disagio dei
minori potevano avere altre cause oltre l'abuso.C) Non è stato accertato (anche
perché mancano indagini sul punto) se fosse possibile che numerosi alunni si
allontanassero da scuola con le maestre e la bidella, per un lungo lasso
temporale, senza che alcuno si accorgesse della loro assenza e senza che alcuno
accudisse ai bambini lasciati in asilo.D) Non è stata spiegata la circostanza
che i genitori, prelevando da scuola i bambini (fino a poco tempo prima
sottoposti a sadiche pratiche sessuali che avrebbero dovuto lasciare anche
esiti fisici), non si siano accorti di nulla ed anche i pediatri, nelle normali
visite di controllo, non abbiano riscontrato esiti di violenza; i bambini non
presentavano sintomi nel corso dell'anno scolastico 2005/2006, ma
successivamente alla chiusura dello stesso.E) Le descrizioni, da parte dei
minori, delle case nelle quali avvenivano gli abusi sono generiche e non
provano che i piccoli siano stati condotti nelle abitazioni degli indagati; il
riconoscimento dei giocattoli, per il metodo con cui è avvenuto, non è
decisivo.Per l'annullamento della ordinanza, ha proposto ricorso per Cassazione
il Procuratore della Repubblica deducendo difetto di motivazione e sostenendo
che gli elementi probatori, se valutati complessivamente, assumono un univoco
significato dimostrativo della sussistenza dei requisiti richiesti dall'art.273
cpp. Nei motivi principali ed aggiunti il Pubblico Ministero ricorrente rileva
che:1) il Tribunale ha trascurato la diversità tra “prova” funzionale alla
affermazione di responsabilità ed “indizi” che permettono una misura
restrittiva;2) le dichiarazioni dei genitori delle persone offese sono
attendibili (in quanto riferiscono fatti e comportamenti direttamente appresi)
e non è evidenziabile una reciproca suggestione o “cospirazione dei denuncianti
a danno degli indagati” : l'arricchimento dei dettagli nella successione
temporale delle denunce discende dallo approfondimento dei racconti dei bambini
che, escussi con sempre maggiore attenzione, hanno fornito nuove
informazioni;3) la consulenza psicologica, affidata ad una esperta nel settore,
è stata condotta con le metodologie e le cautele suggerite dalla Carta di Noto
e la videoregistrazione non è stata sempre effettuata per la reazione negativa
dei bambini; il sopralluogo presso la scuola e la osservazione esterna delle
abitazioni degli indagati, effettuati dalla consulente, erano opportuni per
valutare l'attendibilità dei minori;4) i bambini presentano comportamenti
sessuali preoccupanti ed atipici per la loro età e segni di sofferenza : solo
l'apprezzamento ed il discernimento di quei sintomi da parte dei genitori si
colloca dopo la chiusura della scuola: sul punto, manca la valutazione delle
dichiarazioni dei sanitari e pediatri;5) sussistono riscontri esterni alle
accuse dei dichiaranti quali gli indicatori fisici degli abusi (irritazione dei
genitali, l'anite rossa di una piccola ed il setto all'imene di una altra, i
residui di benzodiazepine su due minori), l'individuazione dei giocattoli, la
videoregistrazione dei colloqui tra genitori e figli.Hanno presentato memorie
il prof. Coppi, per gli indagati D.M.P. e S.G.N., ed il prof. Taormina; questa
ultima memoria non è stata ritenuta ammissibile per il decisivo rilievo, che
assorbe ogni ulteriore considerazione, che il prof. Taormina tutela la
posizione di D.M.C. che non è tra le vittime dei reati oggetto della impugnata
ordinanza.La prima censura non trova conforto dalla lettura del testo del
provvedimento in esame.E' noto come la nozione di indizio assuma un significato
ed un valore diverso a seconda che si faccia riferimento alle prove c.d.
logiche o indirette (che, a determinate condizioni, sono sufficienti per
affermare la responsabilità di un imputato) ovvero a quegli elementi delle
indagini, che non assurgono tecnicamente al rango di prova, ma legittimano una
misura cautelare.In questo secondo caso, è necessario che il quadro indiziario
offerto dall'organo della accusa, considerato nel suo complesso, sia connotato
dal requisito della gravità consistente nella alta probabilità (non nella
certezza richiesta in sede di giudizio per l'affermazione della responsabilità)
capace di resistere ad ipotesi alternative, della esistenza del reato e della
attribuibilità dello stesso allo indagato. Pertanto, gli indizi richiesti
dall'art.273 cpp, valutati globalmente e collegati tra di loro in modo
organico, devono essere idonei a configurare un quadro di elementi probatori
(sia pure non definitivo e suscettibile di revisione critica) tale da fare
apparire consistente la tesi della accusa.Non si deve disconoscere la
differenza tra il giudizio preordinato alla sentenza di condanna e la
delibazione funzionale all'esercizio del potere cautelare; tuttavia, anche in
questa ipotesi, necessita che gli elementi a carico dello incolpato conducano
ad un giudizio prognostico di qualificata probabilità di colpevolezza, che solo
offre la garanzia che le misure restrittive della libertà abbiano carattere eccezionale.Tanto
premesso, si osserva come il Tribunale non abbia fatto una indebita confusione
tra indizi e prove e tra la nozione di gravità del compendio istruttorio
indispensabile per una declaratoria di responsabilità e quella che permette una
misura cautelare personale.Dei ricordati principi hanno fatto buon uso i
Giudici di merito i quali, pur rilevando qualche elemento a carico degli
indagati, non hanno ravvisato la necessaria,ragionevole probabilità di
colpevolezza a causa, soprattutto, della mancanza di riscontri alle asserzioni
delle persone informate sui fatti (questi elementi di controllo, secondo il
Tribunale, erano necessari in virtù della qualità degli accusati e della
giovanissima età degli accusatori) e della circostanza che alcune emergenze non
erano conciliabili con la ipotesi accusatoria.All'evidenza, la conclusione dei
Giudici, immune da vizi logici, è presa allo stato degli atti, cioè, con
riferimento al coacervo probatorio da loro conosciuto e conoscibile ed alle
investigazioni espletate, al momento della richiesta della misura, che sono
suscettibili di ulteriori sviluppi e possono accrescersi con l'apporto di nuove
acquisizioni.Prima di analizzare le residue censure del Ricorrente, si impone
una premessa sui limiti del giudizio di legittimità.Il controllo della
Cassazione, in presenza di un eccepito vizio motivazionale, ha un orizzonte
circoscritto e va confinato alla verifica della esistenza di un apparato
argomentativo non contraddittorio né manifestamente illogico del provvedimento
impugnato.La novazione legislativa, introdotta con la L.46/2006, permette alla
Cassazione di valutare la razionalità e coerenza della motivazione avendo come
referente anche gli atti processuali segnalati dal ricorrente; la possibilità
di una indagine extratestuale non ha alterato la funzione tipica della
Cassazione. La modifica ha attribuito solo alla Corte di legittimità la facoltà
di verificare la tenuta logica del provvedimento impugnato, oltre i limiti
dello stesso, avendo riguardo agli atti processuali che il ricorrente ritiene
arbitrariamente non considerati o male interpretati.Rimane fermo il divieto per
la Cassazione - in presenza di una motivazione non manifestamente illogica o
contraddittoria - di una diversa valutazione delle prove, anche se plausibile.Di
conseguenza, non è sufficiente, per invocare il nuovo vizio motivazionale, che
alcuni atti del procedimento siano astrattamente idonei a fornire una
ricostruzione diversa e più persuasiva di quella operata nel provvedimento
impugnato; occorre che le prove, che il ricorrente segnala a sostegno del suo
assunto, siano decisive e dotate di una forza esplicativa tale da vanificare
l'intero ragionamento svolto dal Giudice sì da rendere illogica o
contraddittoria la motivazione (conf. Cassazione sentenze 30402/06, 23781/06,
23528/06, 23524/06, 22256/06, 20245/06, 19855/06, 19848/06, 19584/06).Nel caso
concreto, il Tribunale ha preso in esame tutte le risultanze degli atti, ha
avuto cura di indicare le fonti probatorie dalle quali ha attinto il suo
convincimento ed ha sorretto le conclusioni con argomentazioni prive di vizi
giuridici ed immuni da manifesta illogicità; pertanto l'ordinanza non è
sindacabile in questa sede.In tale contesto, il Ricorrente non segnala alcun
atto da qualificarsi decisivo, nel senso precisato, ma propone una rinnovata
ponderazione delle emergenze processuali alternativa a quella correttamente
effettuata dai Giudici di merito; pertanto, introduce problematiche che esulano
dai limiti cognitivi del giudizio di legittimità.Inoltre, le censure ora al
vaglio della Cassazione erano già state sottoposte alla attenzione del
Tribunale e disattese con articolato iter motivazionale del quale il Ricorrente
non sempre tiene conto nella redazione delle sue censure che, sotto tale
profilo, sono spesso prive della necessaria concretezza perché non in sintonia
con le ragioni giustificative del provvedimento impugnato.L'esposto rilievo di
carattere generale può essere integrato con un esame delle censure specifiche
rivolte alla ordinanza dal Pubblico Ministero ricorrente.La particolare
difficoltà che il caso pone si incentra nella circostanza che l'accusa è
rappresentata dalla voce indiretta delle giovani vittime, che narrano di fatti
dei quali non dovrebbero avere esperienza e che non possono essere il frutto
della loro personale confabulazione; le parti lese, per la loro età e
conseguente limitata capacità cognitiva, non sono in grado di architettare un
falso ed elaborato racconto come quello enucleato nei capi di
imputazione.Tuttavia, l'assunto secondo il quale i bambini piccoli non mentono
consapevolmente e la loro fantasia attinge pur sempre ad un patrimonio
conoscitivo deve essere contemperato con la consapevolezza che gli stessi
possono essere dichiaranti attendibili se lasciati liberi di raccontare, ma
diventano altamente malleabili in presenza di suggestioni eteroindotte;
interrogati con domande inducenti, tendono a conformarsi alle aspettative dello
interlocutore.Necessita, quindi, che le dichiarazioni dei bambini siano
valutate dai Giudici con la necessaria neutralità ed il dovuto rigore e con
l'opportuno aiuto delle scienze che hanno rilievo in materia (pedagogia,
psicologia, sessuologia); l'esame critico deve essere particolarmente pregnante
in presenza di dichiarazioni de relato.Tale cautela non è mancata nel caso
concreto ove la questione centrale consiste nello stabilire se lo snodarsi dei
fatti (così come gli adulti con molteplici e convergenti dichiarazioni
sostengono di avere appreso dalle fonti dirette) corrisponda a quanto i bambini
hanno realmente vissuto.Sulla attendibilità dei genitori delle vittime deve
farsi una preliminare precisazione che supera ogni equivoco sul punto della
loro buona fede.Né il provvedimento impugnato né le difese degli indagati hanno
rilevato che i piccoli siano stati consapevolmente manipolati dai genitori o
che sia evidenziabile una loro “cospirazione” (come definita dal solo Pubblico
Ministero); è indiscusso che i genitori hanno agito con la intenzione di
tutelare al meglio e di proteggere i loro bambini, ed altri bambini, dal
pericolo di reati gravissimi che possono determinare danni irreversibili al
loro futuro, equilibrato sviluppo.Altra è la tematica introdotta dai difensori
i quali sostengono la tesi di un “contagio dichiarativo”, cioè, di un
sofisticato meccanismo psicologico che in teoria può verificarsi, come seri
studi nel settore hanno confermato.In estrema sintesi, tale contagio si
configura come uno scambio di informazioni e dati tra individui che porta a
modifiche anche radicali nelle convinzioni relative a quanto accaduto e, nella
sua forma estrema, determina il formarsi di convincimenti che non corrispondono
alla realtà dei fatti.Il meccanismo potrebbe essere stato innescato dalle
domande manipolatorie dei genitori, alle quali i bambini hanno fornito risposte
compiacenti, ed essersi incrementato con il passaggio tra gli adulti di
conoscenze, aspettative e preoccupazioni.I Giudici del Tribunale (pur dando
atto della possibilità che i parenti abbiano interrogato i bambini in modo
improprio ottenendo risposte non genuine) non hanno preso una decisa posizione
sul tema, né può prenderla questo Collegio al quale istituzionalmente non
spetta il compito di valutare le prove.In altra sede, la tesi difensiva potrà
essere confermata, o squalificata, solo dopo una accurata ricostruzione delle
modalità con le quali si sono svolti gli interrogatori dei piccoli e sono
veicolate le informazioni tra le famiglie.Di conseguenza, è apprezzabile la
cautela usata dal Tribunale, che non ha espressamente concluso sulla evidenza
di un meccanismo di suggestione a catena dei genitori, ma ha rilevato che le
loro denunce erano “se non sospette, sicuramente particolari” perché, prima di
avvisare l'autorità, si erano più volte riuniti, confrontandosi a vicenda e
scambiandosi informazioni, anche alla presenza dei figli. La possibilità che
gli adulti abbiano influito con domande suggestive sulla spontaneità del
racconto dei bambini ha avuto conferma almeno in due casi nei quali i Giudici
del Tribunale hanno rilevato atteggiamenti prevaricatori (precisamente nelle
videoregistrazioni) evidenziando una “forte e tenace pressione dei genitori sui
minori” ed “una forte opera di induzione e di suggerimento nelle risposte”. Per
superare questa impostazione, logica e plausibile, il Ricorrente insiste sulla
tesi del formale valore di prova documentale delle videoregistrazioni fatte in
un momento in cui i piccolo “non avevano ancora sviscerato i dettagli molto
cruenti”; in tale modo, sostiene che l'arrichimento dei primi narrati dei
bambini possa essere il frutto della capacità di ascolto dei genitori. La
impostazione ha una sua ragionevolezza, ma non affronta l'argomento decisivo
del metodo usato dai parenti per intervistare i minori e del possibile
condizionamento reciproco dei vari dichiaranti.Queste erano le problematiche,
ancorate a precisi dati fattuali, che hanno indotto il Tribunale a rilevare una
situazione di “sospetto” ed a ricercare conferme e “seri elementi” che
corroborassero l'impianto accusatorio. I Giudici hanno osservato come le emergenze
agli atti (in particolare, la consulenza psicologica ed i certificati dei
sanitari) non fornissero un valido conforto alle dichiarazioni dei genitori ed,
anzi, alcune risultanze fossero incompatibili con il racconto dei bambini.Ora,
è indiscusso che l'indagine sulla situazione dei minori richiedeva specifiche
cognizioni tecniche che esulavano dalla scienza privata dello inquirente e
dovevano essere affidate ad un esperto (cui competevano attività strumentali
allo espletamento dello incarico, ma non investigative in quanto l'accertamento
dei fatti è di esclusiva competenza della autorità giudiziaria).Il Pubblico
Ministero ha proceduto ex art.359 cpp (implicitamente, ma discutibilmente
ritenendo che la situazione psicologica dei bambini non fosse passibile di
mutazione nel tempo) per cui la consulenza effettuata ha valore solo
endoprocessuale, salvo l'eventuale utilizzo nei riti speciali o nel giudizio
ordinario previo accordo delle parti.Il Pubblico Ministero non aveva l'obbligo
di affidare la consulenza a sensi dell'art.360 cpp o sollecitando un incidente
probatorio. Tuttavia, la scelta di optare per la procedura non garantita, unita
a quella dello esperto di non videoregistrare i colloqui (a ragione criticata
nella ordinanza), ha privato gli indagati della facoltà di controllare, tramite
i difensori ed i propri consulenti tecnici, l'operato dello esperto.La
questione, così come focalizzata nel provvedimento impugnato, non si incentra
sulla correttezza dei protocolli e del metodo (che è oggetto dei motivi di
ricorso),ma sulla verificabilità degli stessi, che non può essere sostituita da
una acritica accettazione delle conclusioni del consulente.In coerenza con
questa impostazione, la fondamentale critica, che il Collegio reputa
pertinente, formulata dal Tribunale e dai difensori allo elaborato dello
esperto, riguarda la “fruibilità” dei risultati in sede processuale in quanto
la metodologia usata non è ostensibile alle altre parti processuali.Inoltre -
dando pure per scontato che il parere dello esperto sia esattola questione non
è risolta in quanto il vero problema consiste nello stabilire se i sintomi (che
attualmente i piccoli manifestano e di allarmante gravità come riferito dai
genitori) siano indice di validazione degli abusi sessuali.La ricerca del rapporto
eziologico tra i disturbi emotivi dei bambini ed i reati era necessaria in
quanto è noto che non esiste una sindrome da stress specificatamente riferibile
allo abuso sessuale.Sul tema, i Giudici non hanno mancato di rilevare come lo
stato delle attuali conoscenze in materia non permetta di individuare sicuri
nessi di compatibilità tra sintomi di disagio ed eventi traumatici specifici.Il
Tribunale, inoltre, ha ben sottolineato che i sintomi allarmanti dei minori si
sono manifestati non durante l'anno scolastico, ma in epoca successiva.In
realtà - e non in armonia con quanto avviene normalmente per il danno post
traumatic - gli indicatori, che il Ricorrente collega ad abuso sessuale, sono
tardivi e, per alcuni bambini, si sono manifestati dopo le prime denunce. Solo
in un secondo momento, i genitori hanno fatto una lettura retroattiva di
comportamenti già ritenuti nell'alveo della normalità, mentre alla uscita dalla
scuola non hanno, inspiegabilmente, riscontrato nei loro bambini (oggetto fino
a poco tempo prima di atrocità di ogni tipo) alcun segnale di sofferenza e di
disagio psichico.In tale situazione, i Giudici hanno concluso come la
circostanza che i minori ora presentano sintomi da stress (ed,anzi, che sempre
più bambini, oltre alle attuali parti lese, manifestano sintomi) non
rappresenti un elemento decisivo da cui dedurre l'abuso sessuale.Con il
rilevare lo scollamento temporale tra fatti e sintomi (che diventano più
consistenti con il procedere delle indagini), il Tribunale ha aperto alla
possibilità che il malessere dei bambini sia derivato, se non totalmente almeno
in parte, dagli effetti della c.d. vittimizzazionesecondaria (cioè, dallo
stress cui i piccoli sono sottoposti a causa delle reiterate e disturbanti
interviste e visite mediche e dallo stato di ansia dei loro genitori che si è
riverberato sulla serenità della famiglia ed ha inciso sul senso di sicurezza
dei bambini).La conclusione del Tribunale circa il non certo collegamento tra
la situazione dei bambini ed abusi sessuali ha una sua coerenza ed è
compatibile con le conoscenze scientifiche in materia; a tale convincimento, il
Ricorrente contrappone una sua alternativa interpretazione che, pur dotata di
una plausibile opinabilità, non è idonea a rendere illogico o inaccettabile il
ragionamento dei Giudici.Sussiste un altro elemento che, per il Pubblico
Ministero, costituisce una conferma dell'esistenza dei reati e, precisamente,
la circostanza che i minori manifestano conoscenze ed atteggiamenti erotici non
consoni alla loro età anagrafica.Come già osservato dal Tribunale, alcuni di
questi comportamenti rientrano nel novero della comune curiosità o esplorazione
dei piccoli nei confronti del loro corpo (e sono manifestazione di una normale
sessualità, esistente anche nella loro fase evolutiva); altri
comportamenti sono impropri ed atipici e dimostrano una conoscenza in materia
incompatibile con l'età infantile.In questo secondo caso, è lecito
concludere che qualche bambino (altri potrebbero avere riprodotto gli
atteggiamenti dei compagni per mimesi) ha avuto diretta percezione di atti
sessuali (ma ciò potrebbe essere avvenuto anche attraverso filmati o scene in
Televisione) o ne è stata vittima.Ora il Ricorrente segnala nei bambini una
attività autoerotica, giochi a sfondo sessuale e la simulazione di un coito,
cioè, atteggiamenti che sono un”campanello di allarme" e che, nel
contesto processuale in cui sono inseriti, possono fare ragionevolmente
ritenere come possibile che i piccoli abbiano avuto esperienze di abuso
sessuale.La lettura fornita dal Pubblico Ministero del comportamento dei
bambini potrebbe costituire un sugello del teorema accusatorio solo in presenza
della qualificata probabilità che i fatti si siano svolti secondo la
ricostruzione storica fissata nel capo di imputazione.Questa evenienza è stata
- e correttamente - messa in discussione nella impugnata ordinanza per i
seguenti motivi.Per il Ricorrente, a corroborare la tesi degli abusi, si
pongono riscontri oggettivi quali i certificati medici relativi ai
piccoli.Proprio tali documenti, secondo il parere dei Giudici di merito
(congruamente motivato e, pertanto, insindacabile in questa sede),
costituiscono un punto debole della accusa.I genitori hanno riferito che i
figli hanno subito violenze fisiche invasive (anche con percosse e introduzione
di vibratori o oggetti appuntiti nell'ano e nella vagina con fuoriuscita di
sangue) a fronte di tali sevizie, che avrebbero dovuto lasciare evidenti ed
immediati esiti fisici da trauma esistono solo due certificati medici, l'uno,
attestante un setto all'imene che può essere esistente dalla nascita e,
l'altro, una anite rossa che non è necessariamente riferibile ad atti di natura
sessuale.Da tali certificati, il Ricorrente trae argomento a sostegno del suo
assunto. Il ragionamento del Pubblico Ministero contiene una petizione di
principio perché trasforma l'oggetto da provare in criterio di inferenza: non è
possibile da un indizio sicuro in fatto, ma equivoco nella interpretazione
concludere per la certezza dell'evento che rappresenta il tema probatorio.Più
in generale, costituisce un ragionamento circolare e non corretto ritenere che
i sintomi siano la prova dell'abuso e che l'abuso sia la spiegazione dei
sintomi.E' vero che i bambini lamentavano arrossamento ai genitali e due minori
presentavano all'esame tricologico residui di un tranquillante, che non veniva
loro somministrato, ma questi elementi non sono sufficienti - come fatto
presente dal Tribunale - a confortare la tesi che i piccoli fossero abusati o
narcotizzati. Al disturbo nelle parti intime è frequente in età infantile
(tanto è vero che moltissimi allievi dell'asilo, oltre a quelli che si assumono
oggetto di abusi, lo presentavano) ed il test tricologico ha una valenza labile
perché effettuato a distanza di molti mesi dai fatti.Sostiene il Ricorrente che
i sintomi sono stati dai genitori riscontrati durante l'anno scolastico, ma
solo in un secondo momento sono stati ricondotti agli abusi sessuali; la
prospettazione potrebbe essere sostenibile, seppure a stento, per i disturbi
psicologici, ma non spiega come i parenti non si siano accorti subito dei segni
fisici necessariamente residuati sul corpo dei figli dalle sevizie che i
bambini - prima alcuni, poi, molti - lamentano.Pertanto, si deve concludere con
il Tribunale che l'esito degli accertamenti medici non è in armonia con le vere
e proprie atrocità fisiche patite dai piccoli secondo il racconto dei genitori;
allo stato delle investigazioni, è consentito rilevare che, se vi sono state
violenze sessuali (ipotesi non scartata dal Tribunale), esse sono state
perpetrate con modalità differenti da quelle riferite nelle denunce.Per quanto
concerne il riconoscimento da parte dei minori dei giocattoli esistenti nelle
case delle maestre, le considerazioni dei Giudici del Tribunale sulla non decisività
dello elemento probatoriosono condivisibili e logiche; trattasi di oggetti di
uso comune abitualmente esistenti nelle case e negli asili per cui il loro
riconoscimento pone ampi margini di incertezza e solo gli accertamenti in corso
potranno chiarire se sono stati a contatto con le attuali parti lese.La
descrizione fatta dai piccoli e relativa alle abitazioni delle insegnanti è, a
parere del Tribunale, generica e dalla stessa non si può desumere con certezza
che i bambini siano stati effettivamente ivi condotti in orario scolastico;
tale conclusione, in quanto implica un giudizio di fatto ed è sorretta da
congrua e completa motivazione, non è censurabile da questa Corte.Di contro, il
Ricorrente insiste sulla certezza del riconoscimento sia delle case degli
indagati sia dei giochi e chiede, in sostanza, a questa Corte una, non
fattibile, rivalutazione degli elementi probatori ponderati dai Giudici di
merito.Esiste un altro rilevante elemento che, secondo il Tribunale, rende
inconsistente l'accusa e non permette di ritenere che i fatti si siano svolti
secondo le modalità descritte dal Pubblico Ministero; non è stato accertato se
le maestre potessero uscire dallo asilo senza che la loro assenza fosse notata
dal personale scolastico ed a chi venivano affidati i piccoli rimasti senza
assistenza.A questo fondamentale, inquietante interrogativo, il Ricorrente non
fornisce una spiegazione e non precisa se siano state disposte le
investigazioni suggerite dal Tribunale per accertare la compatibilità del
narrato dei piccoli con l'andamento scolastico; il Ricorrente si limita a
ricordare che “le maestre si organizzavano come volevano” eludendo la
problematica inerente alla possibilità che sfuggisse al controllo la
sistematica (non sporadica, stante la pluralità degli abusi descritti dai
genitori) assenza dalla scuola di insegnanti ed alunni. Infine, deve rilevarsi
come le intercettazioni telefoniche, le perquisizioni nelle abitazioni degli
indagati e gli accertamenti effettuati sul loro personal computer hanno dato esito
negativo in quanto non è stato rinvenuto alcunché a conforto della accusa. Per
le esposte considerazioni, la Corte ritiene che siano condivisibili le
conclusioni del Tribunale circa la inadeguatezza delle investigazioni agli atti
a giustificare una misura cautelare personale.Il ricorso del Pubblico Ministero
deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile.PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.Roma, 18
settembre 2007
Ciao, sai se sono disponibili le motivazioni di primo grado?
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