Allora, lo scandalo che indigna tale Sciacca, cronista indignado del Corsera, è che una persona, rea di un omicidio colposo, abbia patteggiato la pena - vale a dire l'abbia concordata col PM e il Giudice abbia accettato l'accordo - di due anni, rientrando nei limiti per i quali la stessa può essere sospesa (e quindi non la sconti, a meno che non commetti un altro reato entro 5 anni, che allora sconti questo e quello).
Io comprendo che la morte sia una tragedia che chiede severità, però si deve anche ricordare che il reato colposo è un caso in cui è accertato che il soggetto colpevole NON voleva causare quanto poi invece accaduto. Ha tenuto un comportamento illegale dal quale è conseguito un fatto penalmente punito, ma la punizione tiene conto della involontarietà. Vi sembra così ingiusto? A me no.
In questo caso si tratta, come più spesso accade peraltro, di un incidente stradale. Una vettura non si ferma allo stop, e viene investita da un'altra che, pur col diritto di precedenza, all'incrocio non rallenta (in quanti lo fate ? io no, ma lo vedo tutti i giorni 10 volte al giorno). Si accerta che il conducente della seconda vettura andava ad una velocità non consentita in città (oltre 80 km orari) e aveva un tasso alcolico superiore (ancorché di poco) al tasso consentito (due birre e sei fuori , lo sappiamo tutti vero?).
Di qui la colpa del secondo automobilista, che infatti gli vale la condanna ma contenuta nei termini detti e con le conseguenze descritte.
Ora, che ai parenti delle vittime (cui comunque spetterà il risarcimento) non piaccia, lo capisco. La vendetta non è un buon sentimento ma provato dalle persone colpite da un dolore grande, è oserei dire naturale. Per questo si guarda a chi sa perdonare con ammirazione: sono persone eccezionali.
Però il cronista non è un parente, è solo uno che gli piace meritarsi un "giusto! ha proprio ragione" facile facile.
Un poraccio, direbbe un mio amico.
Signori, la Giustizia e la Vendetta, sono due cose diverse. Almeno quelli che non sono coinvolti, lo sforzo di capirlo lo potrebbero fare.
Molto criticato anche il Presidente del Tribunale che, probabilmente esasperato dai linciaggi mediatici dei forcaioli, è intervenuto spiegando i perché della sentenza. E questo francamente non credo sia da fare.
Ognuno stia al suo posto, che è meglio.
Questo comunque l'articolo di questo tristo giornalista del Corriere
DOPO LA SENTENZA
SULLA FAMIGLIA FALCIATA IN UN INCIDENTE
Una famiglia distrutta e le precisazioni del Presidente del tribunale di Marsala
Interviene sulla sentenza del Gip che ha permesso al
responsabile della tragedia di evitare il carcere
LA TESI DELLA DIFESA - A parte il fatto che è quanto meno
inusuale che un Presidente di Tribunale intervenga in difesa di una sentenza la
ricostruzione dell’iter processuale è contestata dai legali della famiglia
Quinci. «Non si comprende a questo punto -scrivono tra l'altro- cosa si debba
intendere per alta e/o folle velocità e cosa si debba intendere per limite del tasso
alcolemico. Il mezzo investitore al momento dell'impatto viaggiava ad una
velocità non inferiore agli 80-100
Km/h come confermato dalla disposta consulenza tecnica».
E aggiungono: «Tenuto conto che il mezzo investitore attraversava un incrocio
di un piccolo centro abitato, e che per la violenza dell'impatto il mezzo
investito veniva proiettato su un muro di una palazzina, si deve tener conto
che la velocità deve essere commisurata anche allo stato dei luoghi di
percorrenza ed alle condizioni di visibilità. Ed ancora, se la legge prevede un
limite del tasso alcolemico questo significa che anche il parziale superamento
di tale limite costituisce violazione di legge».
SI PUO' CRITICARE? - Ma non è tanto questo il punto. Il
comunicato del Presidente del tribunale di Marsala, che pure è un magistrato di
grande esperienza con un passato nel pool antimafia di Palermo e anche nel Csm,
solleva non pochi interrogativi. Può infatti un alto magistrato appigliarsi ai
20/30 chilometri in più o in meno, al tasso alcolemico solo di poco superiore
al limite, al fatto che Quinci non si è fermato allo stop? Anche non tenendo
conto della tesi discordante della difesa, in questa storia ci sono degli
elementi incontestabili. Quando Gulotta ha travolto la famiglia Quinci viaggiava
oltre i limiti di legge consentiti, era quanto meno brillo anche se non
barcollante e soprattutto ha falciato e ucciso tre persone. Si può di fronte a
tanto intervenire col bilancino senza, tra l'altro, nemmeno una parola di
compassione per le vittime? Si può pensare che i familiari e l'opinione
pubblica non abbiano il diritto di criticare la decisione (non automatica e
scontata) del Gup di accettare il patteggiamento della pena entro il limite dei
due anni che ha permesso a Gulotta di evitare il carcere? E infine: si può
ancora avere il diritto al dolore, alla rabbia, alla disperazione di fronte a
quella foto della famiglia Quinci cancellata per sempre?
Sciacca, e il diritto di pensare che sa di sciacallaggio scrivere articoli così?
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