venerdì 15 giugno 2012

LO SPIRITO DI VENDETTA E GLI SCIACALLI CHE CI CAMPANO


La storia è triste. però mi sembra confermare una voglia di "galera" che forse ci sarà sempre stata ma che io non avevo mai percepito così tanto nel nostro Paese. Certo, "Italia brava gente" non credo si possa dire più, e da tanto.
Allora, lo scandalo che indigna tale Sciacca, cronista indignado del Corsera, è che una persona, rea di un omicidio colposo, abbia patteggiato la pena - vale a dire l'abbia concordata col PM e il Giudice abbia accettato l'accordo - di due anni, rientrando nei limiti per i quali la stessa può essere sospesa (e quindi non la sconti, a meno che non commetti un altro reato entro 5 anni, che allora sconti questo e quello).
Io comprendo che la morte sia una tragedia che chiede severità, però si deve anche ricordare che il reato colposo è un caso in cui è accertato che il soggetto colpevole NON voleva causare quanto poi invece accaduto. Ha tenuto un comportamento illegale dal quale è conseguito un fatto penalmente punito, ma la punizione tiene conto della involontarietà. Vi sembra così ingiusto? A me no.
In questo caso si tratta, come più  spesso accade peraltro, di un incidente stradale. Una vettura non si ferma allo stop, e viene investita da un'altra che, pur col diritto di precedenza, all'incrocio non rallenta (in quanti lo fate ? io no, ma lo vedo tutti i giorni 10 volte al giorno). Si accerta che il conducente della seconda vettura andava ad una velocità non consentita in città (oltre 80 km orari) e aveva un tasso alcolico superiore (ancorché di poco) al tasso consentito (due birre e sei fuori , lo sappiamo tutti vero?).
Di qui la colpa del secondo automobilista, che infatti gli vale la condanna ma contenuta nei termini detti e con le conseguenze descritte.
Ora, che ai parenti delle vittime (cui comunque spetterà il risarcimento) non piaccia, lo capisco. La vendetta non è un buon sentimento ma provato dalle persone colpite da un dolore grande, è oserei dire naturale. Per questo si guarda a chi sa perdonare con ammirazione: sono persone eccezionali.
Però il cronista non è un parente, è solo uno che gli piace meritarsi un "giusto! ha proprio ragione" facile facile.
Un poraccio, direbbe un mio amico.
Signori, la Giustizia e la Vendetta, sono due cose diverse. Almeno quelli che non sono coinvolti, lo sforzo di capirlo lo potrebbero fare.
Molto criticato anche il Presidente del Tribunale che, probabilmente esasperato dai linciaggi mediatici dei forcaioli, è intervenuto spiegando i perché della sentenza. E questo francamente non credo sia da fare.
Ognuno stia al suo posto, che è meglio.
Questo comunque l'articolo di questo tristo giornalista del Corriere



 DOPO LA SENTENZA SULLA FAMIGLIA FALCIATA IN UN INCIDENTE
Una famiglia distrutta e le precisazioni del Presidente del tribunale di Marsala
Interviene sulla sentenza del Gip che ha permesso al responsabile della tragedia di evitare il carcere

Nella triste storia della famiglia Quinci ci mancava solo la coda di polemiche. Dopo la reazione dei familiari alla sentenza che ha condannato il responsabile dell'incidente ad appena due anni (pena sospesa) evitandogli dunque il carcere interviene il presidente del Tribunale di Marsala Gioacchino Natoli. Dice che lo fa «per ristabilire la oggettiva correttezza della pubblica informazione» e poi entra nel merito della vicenda processuale affermando che «lo stato di ebbrezza contestato all'investitore Gulotta era di poco superiore al limite consentito dalla legge (0,72 invece che 0,50), non costituisce illecito penale (bensì amministrativo) e non ha comunque impedito che reagisse, con sufficiente immediatezza, all’attraversamento dell’incrocio da parte dell’autovettura condotta dal Quinci, il quale peraltro non si è fermato al ben visibile segnale stradale di stop che avrebbe potuto consentire – a dire del consulente tecnico – di ridisegnare completamente l’evoluzione di quella tristissima serata». E ancora che l’autovettura di «Gulotta lungi dall’essere lanciata a 120 all’ora andava ad una velocità stimata dal consulente tecnico del Pm pari a km/h 75-80, in luogo del limite di 50 km/h imposto dalla segnaletica stradale». Infine lamenta che alcuni giornali «hanno addirittura menzionato il nome del Gip procedente come se si fosse trattato dell’imputato che ha patteggiato la pena».
LA TESI DELLA DIFESA - A parte il fatto che è quanto meno inusuale che un Presidente di Tribunale intervenga in difesa di una sentenza la ricostruzione dell’iter processuale è contestata dai legali della famiglia Quinci. «Non si comprende a questo punto -scrivono tra l'altro- cosa si debba intendere per alta e/o folle velocità e cosa si debba intendere per limite del tasso alcolemico. Il mezzo investitore al momento dell'impatto viaggiava ad una velocità non inferiore agli 80-100 Km/h come confermato dalla disposta consulenza tecnica». E aggiungono: «Tenuto conto che il mezzo investitore attraversava un incrocio di un piccolo centro abitato, e che per la violenza dell'impatto il mezzo investito veniva proiettato su un muro di una palazzina, si deve tener conto che la velocità deve essere commisurata anche allo stato dei luoghi di percorrenza ed alle condizioni di visibilità. Ed ancora, se la legge prevede un limite del tasso alcolemico questo significa che anche il parziale superamento di tale limite costituisce violazione di legge». 
SI PUO' CRITICARE? - Ma non è tanto questo il punto. Il comunicato del Presidente del tribunale di Marsala, che pure è un magistrato di grande esperienza con un passato nel pool antimafia di Palermo e anche nel Csm, solleva non pochi interrogativi. Può infatti un alto magistrato appigliarsi ai 20/30 chilometri in più o in meno, al tasso alcolemico solo di poco superiore al limite, al fatto che Quinci non si è fermato allo stop? Anche non tenendo conto della tesi discordante della difesa, in questa storia ci sono degli elementi incontestabili. Quando Gulotta ha travolto la famiglia Quinci viaggiava oltre i limiti di legge consentiti, era quanto meno brillo anche se non barcollante e soprattutto ha falciato e ucciso tre persone. Si può di fronte a tanto intervenire col bilancino senza, tra l'altro, nemmeno una parola di compassione per le vittime? Si può pensare che i familiari e l'opinione pubblica non abbiano il diritto di criticare la decisione (non automatica e scontata) del Gup di accettare il patteggiamento della pena entro il limite dei due anni che ha permesso a Gulotta di evitare il carcere? E infine: si può ancora avere il diritto al dolore, alla rabbia, alla disperazione di fronte a quella foto della famiglia Quinci cancellata per sempre?

Sciacca, e il diritto di pensare che sa di sciacallaggio scrivere articoli così? 

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